11/12/2019 – TARSU – Riduzione per stagionalità dell’attività – Esenzione dall’imposta – Presupposti obiettivi – Necessità.

Sentenza del 03/12/2019 n. 31460 – Corte di Cassazione – Sezione/Collegio 5
TARSU – Riduzione per stagionalità dell’attività – Esenzione dall’imposta – Presupposti obiettivi – Necessità.
 
Massima:
E’ possibile ridurre la TARSU considerando stagionale l’attività svolta sulla base di elementi obiettivi e direttamente rilevabili. Infatti, l’esenzione dall’imposta non può basarsi sul presupposto di una prassi locale che ha mero carattere ipotetico e soggettivo ma va individuata nella oggettiva condizione di inutilizzabilità del bene. Nel caso di specie è da escludere che si possa riconoscere tale esenzione in ragione dell’utilizzabilità del bar-ristorante e stabilimento della spiaggia solo per il fatto che “a quelle latitudini, per clima e costume antropologico” non si fa il bagno dal 1° ottobre al 30 aprile.
Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.
 
 
Testo:
RILEVATO CHE:
Il Comune di Barano d’Ischia articola due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 2058/12/16 della CTR Campania, del 22.01.2016, che ha accolto solo in parte l’appello del Comune contro la sentenza della CTP di Napoli n. 24692/2014, che, in accoglimento del ricorso di M.V. e M.E., ha annullato l’avviso di pagamento TARSU 2007, riguardante l’esercizio Bar, Ristorante e Stabilimento di (——).
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo il ricorrente, in relazione all‘art. 360 c.p.c., n. 3) c.p.c., lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993art. 62, avuto riguardo al carattere di stagionalità riconosciuto in sentenza all’attività del contribuente, affermando che la Commissione, avendo riconosciuto carattere di presupposto dell’imposizione alla natura stagionale dell’attività di balneazione, ha male interpretato l’elemento essenziale della tassa e la deroga di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993art. 62, comma 2. Il presupposto dell’imposizione, infatti, va individuato nella oggettiva condizione di inutilizzabilità mentre la Commissione ha individuato il presupposto in una prassi locale che ha mero carattere ipotetico e soggettivo.;
con il secondo motivo, in relazione all‘art. 360 c.p.c., n. 3). lamenta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993art. 66, perchè la CTR non è legittimata a sostituirsi al Comune, nello stabilire l’entità della riduzione tariffaria, in mancanza di una delibera o regolamento che disciplini tale materia, potendo il giudice, solo disapplicare un atto amministrativo ove ritenuto non legittimo.
Premesso che i motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente perchè consequenziali, ritiene la Corte fondato il ricorso.
Il presupposto impositivo della Tarsu è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (D.Lgs. n. 507 del 1993art. 62, comma 1). Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perchè risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione (citato D.Lgs. art. 62, comma 2). L’art. 66, inoltre, prevede la facoltà per i Comuni di ridurre la tariffa fino ad un terzo per le aree scoperte, adibite ad uso stagionale o non continuativo, risultante da licenza od autorizzazione rilasciata dai competenti organi, ponendo a carico del contribuente l’onere di formale denuncia delle riduzioni delle superfici e quelle tariffarie e l’obbligo, a pena di sanzioni, della denuncia del venir meno delle condizioni per fruire della riduzione.
L’art. 62, pone quindi a carico dei possessori di immobili una presunzione legale relativa di produzione di rifiuti. Ne consegue che l’impossibilità dei locali o delle aree a produrre rifiuti per loro natura o per il particolare uso, prevista dall’art. 62, comma 2, non può essere ritenuta in modo presunto dal giudice tributario, essendo onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o di variazione le obiettive condizioni di inutilizzabilità, le quali devono essere “debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione”. Le esclusioni non sono, pertanto, automatiche, giacchè a tenore della norma su indicata, la presunzione iuris tantum di produttività è superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area e le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità debbono essere dedotte dal contribuente o nella denuncia originaria o in quella in variazione, ed essere debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi rilevabili direttamente, o a mezzo di idonea documentazione (Cass. 19459/03, 19173/04). La norma citata, come dianzi detto – indica come causa di esclusione dell’obbligo del tributo le condizioni di “obiettiva” impossibilità di utilizzo dell’immobile, che – di certo – non possono essere individuate nella mancata utilizzazione dello stesso legata alla volontà o alle esigenze del tutto soggettive dell’utente (Cass. 18316/04, 17524/09), e neppure al mancato utilizzo di fatto del locale o dell’area, non coincidendo – com’è evidente – le prime ed il secondo con l’obiettiva non utilizzabilità dell’immobile, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993art. 62, comma 2 (Cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9633 del 13/06/2012; Cass. 22770/09). Situazione regolamentata compiutamente, quanto al presupposto ed alla valenza, e affatto diversa da quella prevista dal citato art. 66,più comunemente conosciuta come stagionalità.
E’ di tutta evidenza che la normativa ha posto una chiara distinzione tra esclusione dell’obbligo del pagamento della tassa – connessa alla inutilizzabilità oggettiva dell’immobile (citato decreto, art. 62, comma 2)- e la riduzione dell’importo della tassa, come facoltà per i Comuni di prevedere, nei propri atti normativi, una riduzione dell’importo della tassa a favore del contribuente in conseguenza dell’uso stagionale o non continuativo dei locali diversi dalle abitazioni e delle aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma risultante da licenza o autorizzazione rilasciata dai competenti organi per l’esercizio dell’attività, regolando le fattispecie in modo peculiare e ponendo a carico del contribuente, come nel primo caso, un onere di dichiarazione e di prova delle situazioni fattuali.
Nel caso in esame, la CTR ha ritenuto sussistenti i presupposti dell’esenzione TARSU – per i mesi da ottobre ad aprile – sulla base delle seguenti testuali circostanze: a) l’obiettiva condizione di non utilizzabilità nel corso dell’anno” dell’area destinata ad attività di balneazione marittima” già denunciata dal contribuente; b) tale circostanza è riscontrabile, così come vuole la legge, “in base ad elementi obbiettivi direttamente rilevabili”, posto che per clima e per costume antropologico, alla latitudine di Barano d’Ischia, non è uso fare abitualmente bagni di mare dal 1 ottobre al 30 aprile, per cui in questo periodo dell’anno lo stabilimento non poteva che essere non attivo, e la relativa area impossibilitata a produrre rifiuti.
Tali uniche considerazioni sono state valorizzate dal giudice di appello e poste a fondamento esclusivo della decisione, senza peraltro che risulti comprovata la peculiare denuncia di riduzione delle superficie e tariffarie richiesta dal su citato, art. 66. In realtà lo stesso giudice, in altra parte della motivazione, afferma che la denuncia annuale D.Lgs n. 507 del 1993ex art. 70, non è idonea a comprovare la variazione denunciata perchè in contrasto con il dato oggettivo risultante dalla concessione demaniale, che conferma la concessione per l’intera volumetria senza eccezioni.
Ne consegue un deficit probatorio oggettivo circa la pretesa riduzione stagionale per il mancato adempimento dell’onere di comprovare la spettanza della riduzione di imposta, alla stregua degli elementi formali suindicati.
Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo.
La particolarità della questione costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese del giudizio di merito: le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo dei contribuenti. Compensa le spese del giudizio di merito. Condanna i contribuenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità,che liquida in Euro 1400,00,oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 09 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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