Come ben noto la scelta del contraente in ambito pubblico avviene attraverso procedure dirette ad assicurare l’individuazione della migliore offerta.
La procedura di scelta deve ispirarsi ad alcuni principi elencati in via generale dal codice dei contratti ed in parte comuni a quelli relativi all’esercizio di qualsiasi attività amministrativa (art. 30, d.lgs. 50/2016, art. 1 l. 241/1990).
Il principio di economicità riguarda l’ottimizzazione dell’uso delle risorse da impiegare nello svolgimento della selezione e nell’esecuzione del contratto. Una delle declinazioni del principio di economicità consiste nel divieto di aggravare il procedimento amministrativo con oneri inutili per i cittadini e le imprese. Esso può essere subordinato a criteri ispirati a esigenze sociali, alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e dello sviluppo sostenibile. Altri importanti principi riguardano l’efficacia, la congruità degli atti dell’amministrazione rispetto al conseguimento dello scopo pubblico cui sono preordinati, di pari passo alla tempestività ed alla libera concorrenza,
I principi di non discriminazione e di parità di trattamento mirano alla valutazione equa e imparziale dei concorrenti, nonché all’eliminazione di ostacoli o restrizioni nella predisposizione delle offerte e nella loro valutazione. Il principio di trasparenza e di pubblicità impone la conoscibilità delle procedure di gara e l’uso di strumenti che consentano il legittimo accesso alle informazioni relative alle procedure, in modo semplice. Occorre sottolineare che proprio il principio di proporzionalità focalizza l’attenzione sull’adeguatezza e l’idoneità dell’azione rispetto alle finalità e all’importo dell’affidamento, quindi impone che la richiesta di requisiti per la partecipazione alle gare sia congrua rispetto alla procedura e all’importo del contratto da affidare.
La fase di selezione si conclude con la proposta di aggiudicazione, ma tale atto non ha effetti esterni, è infatti soggetto ad approvazione dell’organo dell’amministrazione competente, il quale deve controllare la regolarità degli atti di gara. Intervenuta l’approvazione, è possibile procedere con l’aggiudicazione del contratto. L’efficacia dell’aggiudicazione rimane però sospesa fino al positivo controllo da parte della Stazione appaltante, circa il possesso dei requisiti dell’impresa aggiudicataria. Soltanto successivamente all’adozione di tale atto è possibile stipulare il contratto.
La Sentenza n. 867 dell’8 aprile 2021 del Tar Campania e la Sentenza n. 1083 del 29 aprile 2021 del Tar Campania, Salerno, Sez. II, hanno recentemente affrontato l’importante tema della verifica in concreto della congruità del costo della manodopera dichiarato.
L’articolo 23 del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, rubricato “Livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi”, al comma 16, stabilisce che “Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione. Per i contratti relativi a lavori il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato sulla base dei prezzari regionali aggiornati annualmente. Tali prezzari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati fino al 30 giugno dell’anno successivo, per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data. In caso di inadempienza da parte delle Regioni, i prezzari sono aggiornati, entro i successivi trenta giorni, dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sentite le Regioni interessate. Fino all’adozione delle tabelle di cui al presente comma, si applica l’articolo 216, comma 4. Nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, al fine di determinare l’importo posto a base di gara, individua nei documenti posti a base di gara i costi della manodopera sulla base di quanto previsto nel presente comma. I costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell’importo assoggettato al ribasso”.
Il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 26 del 22 maggio 2020, contiene le tabelle provinciali del costo della manodopera in edilizia, che rilevano, distintamente, il costo del lavoro per gli operai e per gli impiegati.
Ciò considerato, gli articoli 95, co. 10, 97, co.5, lett. d), 23, co. 16, del D.lgs. n. 50/2016 impongono alla Stazione appaltante una verifica in concreto della congruità del costo della manodopera dichiarato.
La verifica condotta dalla Stazione appaltante deve pertanto basarsi sul rispetto dei seguenti parametri: numero di lavoratori impiegati e relativo inquadramento, monte ore complessivamente previsto per l’esecuzione delle lavorazioni e specifico per ciascuna categoria. Questo al fine di ricostruire la struttura del costo da manodopera indicato e, all’esito, verificare il rispetto dei trattamenti minimi salariali previsti. La verifica del costo della manodopera mira, infatti, ad accettare la congruità dello stesso sulla base non dell’affermato rispetto delle garanzie retributive dei lavoratori, ma delle caratteristiche specifiche dell’impresa e dell’offerta. Questo è quanto emerge nella Sentenza n. 867 dell’8 aprile 2021 del Tar Campania.
Al fine di ricostruire il percorso logico che ha indotto l’Amministrazione a ritenere giustificato il costo da manodopera indicato in sede di offerta, questi dati devono essere resi noti, con tanto di analisi dei prezzi relativi alle singole lavorazioni, e dell’incidenza della manodopera.
La valutazione condotta sulla base di una relazione che non fornisca tutte le informazioni necessarie a consentire la verifica concreta del costo da manodopera dichiarato si rivelerebbe puramente apparente, mentre gli artt. 95, comma 10, 97, comma 5, lett. d), 23, comma 16, del d.lgs. n. 50/2016 impongono alla Stazione appaltante una verifica in concreto della congruità del costo della manodopera dichiarato, pena difetto di istruttoria e di motivazione nell’attività di valutazione del costo della manodopera relativa all’offerta dell’aggiudicataria.
La verifica deve consentire di apprezzare in concreto il costo da manodopera indicato, al fine di controllare, come previsto dall’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, il rispetto dei parametri retributivi minimi indicati dall’art. 23, comma 16, del medesimo decreto.
Dalla lettura della Sentenza in esame emerge che la verifica del costo della manodopera mira ad accertare la congruità dello stesso sulla base non dell’affermato rispetto delle garanzie retributive dei lavoratori, ma delle caratteristiche specifiche dell’impresa e dell’offerta.
“Non può pertanto assumere rilevanza il parametro ANCE che, se può costituire un utile riferimento per corroborare le valutazioni di congruità del costo del lavoro, quale canone riferito a dati generali e aggregati (percentuale generale del costo del lavoro per singola tipologia di lavorazione) non può costituire unico fondamento dell’analisi condotta dalla Stazione appaltante. Tale analisi deve riguardare non la congruità complessiva del costo da manodopera e quindi della percentuale di incidenza di tale costo rispetto all’importo delle opere da eseguire ma, più nel dettaglio, il rispetto dei minimi retributivi nei confronti dei lavoratori impiegati”. La Sentenza continua sostenendo che il documento ANCE è legato alla finalità di contrastare il lavoro sommerso e irregolare e reca indici meramente convenzionali per una verifica ex post della incidenza del costo del lavoro sul valore dell’opera, indici che non possono essere “utilizzati ad altri fini o comunque quali indicatori per i prezzi degli appalti”.
(Il durc di congruità) Poco tempo dopo, la Sentenza del Tar Campania, Salerno, Sez. II, 29 aprile 2021, n. 1083 è tornata ad affrontare il tema dell’obbligatorietà di verifica dell’anomalia ogni qual volta il costo del personale sia inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 16, D.lgs. n. 50/2016.
L’art. 97, rubricato “Offerte anormalmente basse”, al comma 5, lett. d), del D.lgs. n. 50/2016 prevede quanto segue:
“La stazione appaltante richiede per iscritto, assegnando al concorrente un termine non inferiore a quindici giorni, la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni. Essa esclude l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 4 o se ha accertato, con le modalità di cui al primo periodo, che l’offerta è anormalmente bassa in quanto:
(…)
d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16”.
Il medesimo articolo, al successivo comma 6, così prosegue: “Non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge. Non sono, altresì, ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza di cui al piano di sicurezza e coordinamento previsto dall’articolo 100 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.
La Sentenza del Tar Campania, Salerno, Sez. II, 29 aprile 2021, n. 1083 rileva che il combinato disposto di queste norme rende obbligatoria la verifica di anomalia, ogni qual volta “il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle, di cui all’art. 23, comma 16”.
Nessun tag inserito.