tratto da Italia Oggi - 10 Maggio 2019

Il comune in rosso non può applicare l’avanzo  

di MATTEO BARBERO – Italia Oggi – 10 Maggio 2019

La Consulta torna a mettere in discussione la possibilità per gli enti in rosso di applicare avanzo di amministrazione. Con la sentenza n. 105/2019, infatti, i giudici delle leggi hanno lanciato un messaggio molto chiaro sull’ unicità di tale posta contabile, il cui utilizzo non è compatibile con la presenza di passività scaglionate nel tempo. Per comprendere la questione, occorre premettere che il risultato della gestione contabile di regioni, città metropolitane, province e comuni è frutto di un calcolo articolato. In pratica, occorre sommare alle giacenze di cassa i residui attivi (assimilabili ai crediti) e sottrarre i residui passivi (ossia in pratica i debiti scaduti) e il fondo pluriennale vincolato (i debiti futuri).

Se la somma è negativa, l’ ente è in disavanzo e deve recuperarlo, di norma, entro i tre anni successivi. In alcuni casi, però, norme specifiche hanno consentito un periodo di rientro, fino ai 30 anni previsti per riassorbire il c.d. riaccostamento straordinario previsto dal dlgs 118/2011. Per chi rientra in una di queste fattispecie, la pronuncia della Corte rappresenta, come minimo, un segnale d’ allarme. Ma non basta: il risultato di amministrazione deve essere, poi, scomposto ulteriormente individuando le quote accantonata, quelle vincolata e destinata agli investimenti. Ciò serve ad evidenziare qual è la componente libera, al netto delle somme che sono già «ipotecate« in base alla legge o alle regole di prudenza.

Si pensi al caso del contenzioso: se un ente ha un avanzo di 100, ma è di fronte ad un rischio di soccombenza di 200, il suo risultato disponibile è in realtà di -100. Quid iuris in questi casi? Il tema è già stato affrontato dalla Corte dei conti, che ha affermato che quello che conta è il risultato finale al netto di accantonamento, vincoli e destinazioni. Per cui, nell’ esempio di poco fa, l’ ente non avrebbe avanzo applicabile. Ma la l 145/2018 ci ha messo una toppa, consentendo comunque di applicare una parte dell’ avanzo, anche nel caso in cui esso sia negativo. Questa soluzione pare ora messa in bilico dalla sentenza n. 105 e con il suo portato dell’ incompatibilità dell’ avanzo con la presenza di disavanzi spalmati nel tempo.

Pare evidente che sul tema occorra un nuovo intervento legislativo che faccia finalmente chiarezza. Il tema, peraltro, si intreccia con quello attualmente all’ esame della Commissione Arconet e riguardante i nuovi meccanismi di verifica degli equilibri, che dopo la cancellazione del pareggio di bilancio saranno imperniati sulla disciplina del dlgs 118/2011, con piena rilevanza di avanzo, debito e fondo pluriennale vincolato.

È però allo studio un correttivo per inserire, tra le componenti rilevanti, anche lo stanziamento del fondo crediti di dubbia esigibilità, nonché gli altri stanziamenti non impegnati ma destinati a confluire nelle quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione, che già vanno conteggiati nel risultato di amministrazione. A questo punto, verrebbe forse la pena di ripensare in modo organico alla questione, definendo una regola comune per evidenziare la reale situazione finanziaria degli enti in una prospettiva pluriennale.

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