C’erano una volta i ministri della Funzione Pubblica Brunetta e Bongiorno. C’era una volta la narrazione secondo la quale l’organizzazione pubblica è fatta di tornelli e sistemi di vigilanza sugli ingressi molto rigorosi, così tanto da imporre sistemi biometrici di riconoscimento, nonostante il Garante della privacy più volte avesse indicato l’insostenibilità di simile idea. C’era una volta l’idea che il lavoro sia di fatto null’altro che la timbratura mediante riconoscimento biometrico in entrata e quella in uscita, senza curarsi troppo, in fondo, di cosa fare, come determinarne i risultati, tra una timbratura e l’altra.
Poi, è arrivato il Covid-19. Con esso, il lavoro agile. Con esso la dematerializzazione del luogo e del tempo di lavoro. Con esso, la necessità di affidare ai dipendenti compiti precisi, misurabili e verificabili.
Si è scoperto che il re dei tornelli e dei controlli biometrici era nudo. La legge di bilancio 2021, come il bambino della favola, adesso lo urla.
L’articolo 1, comma 957, della legge 178/2020, infatti, dispone: “Per le finalità di cui ai commi 955 e 956 del presente articolo, le risorse disponibili in conto residui di cui all’articolo 2, comma 5, della legge 19 giugno 2019, n. 56, previa ricognizione dei fabbisogni, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono attribuite, per l’anno 2021, alla Presidenza del Consiglio dei ministri“.
Le risorse previste dal comma 5 dell’articolo 2 della legge 56/2019 erano destinate a finanziare (per altro solo in minima parte) le spese che le PA avrebbero dovuto affrontare per estendere la rilevazione biometrica delle presenze.
E il comma 958 della legge 178/2020 completa l’opera: “I commi da 1 a 4 dell’articolo 2 della legge 19 giugno 2019, n. 56, sono abrogati“.
Era una legge, la 59/2019, definita “concretezza”. Mai denominazione risultò più ironica.
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