tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
La valutazione delle congruità di un affidamento in house
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 8205, del 29 novembre 2019, sul ricorso presentato da una società nei confronti di una azienda sanitaria lo respinto affermando che è corretta la valutazione dell’offerta di una società in house se vengono rispettati l’insieme dei fattori dell’offerta.
Il caso
Con ricorso per l’ottemperanza, una SRL ha impugnato la sentenza del TAR del marzo 2018, resa per l’esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato del 17 dicembre 2015, che ha confermato la sentenza del TAR Puglia, del 9 dicembre 2014.
Tale ultima sentenza aveva annullato gli atti con i quali era stata revocata la procedura originariamente indetta da una azienda Sanitaria Locale per l’affidamento del servizio di pulizia e sanificazione delle proprie strutture, in accoglimento di due ricorsi (riuniti) proposti da due società che avevano partecipato alla gara.
La decisione del TAR era motivata sul duplice assunto che sarebbe stato stimato un costo del lavoro inferiore a quello minimo previsto negli atti della gara originaria e che mancava il presupposto della convenienza economica della gestione in house.
L’appello proposto dalla Azienda sanitaria locale avverso la sentenza del TAR del 2014 è stato rigettato dalla sez. III del Consiglio di Stato con sentenza del 17 dicembre 2015 per effettiva mancanza del presupposto dell’economicità dell’affidamento in house, requisito dichiaratamente posto a base della scelta di non mettere più a gara il servizio. Ha affermato il giudice di appello che “a fronte del corrispettivo offerto dalla (…..) s.r.l. (pari ad € 14.796.000), quello corrisposto alla società in house (…..) (pari a circa € 18.000.000) risulta superiore di oltre € 3.200.000 al costo che l’Azienda avrebbe sostenuto affidando il servizio in esito alla procedura concorrenziale inizialmente bandita, con conseguente, palese smentita del presupposto (logico e giuridico) dell’internalizzazione del servizio: la convenienza economica della gestione in house, rispetto all’assegnazione dell’appalto mediante una gara pubblica”.
Ha aggiunto la Sezione che “l’affidamento diretto del servizio alla (…..) risulta, peraltro, illegittimo (a conferma della fondatezza dell’argomentazione sopra svolta) anche in quanto disposto in violazione dei vincolanti prezzi di riferimento stabiliti, ai sensi dell’art. 17, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, dall’Osservatorio dei contratti pubblici presso l’AVCP (ora ANAC), applicando i quali il costo del servizio sarebbe stato molto più basso (perlomeno di € 1.500.000 circa) di quello corrisposto alla predetta società in house, come fondatamente dedotto dalla SRL (….) con la prima censura riproposta in appello ed esaminabile congiuntamente all’appello principale (in quanto afferente alla medesima questione dell’attendibilità della motivazione relativa alla convenienza economica dell’affidamento diretto in contestazione).”.
La SRL ha proposto dinanzi al Consiglio di Stato ricorso per l’ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato, passata in giudicato, assumendo la competenza del Consiglio di Stato sul rilievo che tale pronuncia avesse sì confermato la sentenza del TAR del 2014, ma con diversa motivazione.
L’analisi del Consiglio di Stato
La SRL ha impugnato la sentenza con la quale il TAR ha respinto il ricorso ritenendo legittima la nuova decisione della ASL, formalizzata con l’impugnata delibera del 2016, di revocare la gara per l’affidamento del servizio di pulizia presso le Strutture Sanitarie Territoriali e le aree comuni delle Strutture Ospedaliere della ASL ed affidarlo alla società in house, emergendo, ad avviso del giudice di primo grado, una serie di “profili tutti indirizzati nel senso di una situazione ormai significativamente modificata rispetto a quella in presenza della quale essa Azienda aveva bandito la gara, ormai quasi sei anni prima”.
La società appellante ha, in particolare, contestato la correttezza dei dati forniti dall’ASL in ordine alla determinazione dei costi del servizio in house, con particolare riferimento al costo del lavoro.
Al fine del decidere “la Sezione, con ordinanza n. 3295 del 22 maggio 2019, ha disposto una verificazione ai sensi dell’art. 66 c.p.a., incaricando il Presidente dell’I.N.P.S. o un suo delegato”.
Ha posto al Verificatore il seguente quesito: “Dica il Verificatore se il costo dell’affidamento in house del servizio di pulizia presso le Strutture Sanitarie Territoriali e le aree comuni delle Strutture Ospedaliere della Asl (…..), disposto con deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria Locale di (……), sia incongruo ai sensi dell’art. 192, comma 2, D.Lgs. n. 50 del 2016 e se il costo del servizio derivante dall’affidamento al mercato mediante gara sarebbe stato pari o inferiore a quello in house”.
Il Verificatore ha rilevato che i prezzi di riferimento individuati da Anac non sono un dato fisso posto una volta per tutte e valido per tutte la gare ma sono il frutto di indagini statistiche svolte dall’Autorità sui prezzi di aggiudicazione di gare simili da parte di Stazioni appaltanti prese a campione. Individuano prezzi medi che servono come linea guida per le Amministrazioni sia nell’elaborazione della base d’asta sia per valutare se i prezzi ottenuti in sede di gara sono coerenti con l’andamento del mercato.
Per verificare ciò, l’ANAC ha messo a disposizione un algoritmo di calcolo grazie al quale, inserendo nelle varie maschere i dati richiesti (metri quadri suddivisi per aree di rischio, numero addetti e costo presunto/offerto a metro quadro), viene sviluppata una eventuale base d’asta con indicazione dei prezzi di riferimento €/mq per ciascuna area di rischio e viene indicata la congruità del prezzo inserito con quello Anac nonché il risparmio ottenuto rispetto allo stesso.
Il Verificatore ha quindi concluso nel senso che “andando a valutare l’incidenza dell’utile d’impresa sulle offerte del libero mercato (che di solito è pari circa al 5% dell’offerta, ma che costituendo il fattore su cui le imprese hanno più possibilità di incidere può anche essere più basso) – che, si ricorda, in quanto società in house non ha – si arriverebbe ad una percentuale media di ribasso pari ad 22,70%. Il costo del servizio in house è tendenzialmente pari a quello ottenibile sul mercato con una gara, soprattutto tenendo presente che la percentuale di ribasso del 23% rispetto ai prezzi di riferimento Anac presumibilmente sarebbe più alta lì dove si inserissero i dati relativi alle aree ad altissimo, alto e medio rischio”.
Nel caso in esame il Consiglio di Stato ritiene che le argomentazioni del Verificatore – che, a differenza di quanto affermato da controparte, si fondano su una approfondita istruttoria – non siano superabili, neanche alla luce delle ragioni addotte dalla SRL nelle ultime due memorie presentate.
Come è noto, l’offerta presentata per l’affidamento di un appalto, per risultare congrua e conveniente, va letta sempre nel suo complesso e non con riferimento ai singoli elementi che la compongono.
Dalla documentazione versata in atti e dagli elementi forniti dal Verificatore il Consiglio di Stato è in grado di decidere la controversia, senza che sia necessario un supplemento istruttorio, traendo dalla relazione dello stesso Verificatore nel suo complesso gli elementi necessari; il Consiglio di Stato ritiene l’appello infondato, proprio in considerazione della analitica motivazione che ha condotto il Verificatore a concludere che l’offerta della in house s.r.l. è congrua e che, considerando l’insieme dei fattori (quale, ad esempio, gli spazi oggetto del servizio, la differenza tra ore effettive e ore retribuite a consultivo e il mutamento dei metri quadri da pulire, con conseguente necessario cambiamento delle ore di lavoro effettive all’anno), l’affidamento sul libero mercato non si sarebbe discostato dal risultato ottenuto facendo ricorso all’istituto dell’in house.
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