tratto da Italia Oggi - 07 Dicembre 2019
P.a., due domande per la buonuscita
di DANIELE CIRIOLI – Italia Oggi – 07 Dicembre 2019
Doppia domanda e un massimo di 145 giorni di attesa per ricevere in anticipo (e in prestito) la buonuscita (Tfr, Tfs ecc.). La prima è la «domanda di certificazione del diritto» al Tfr, Tfs o altra prestazione di fine servizio: è presentata all’ Inps e l’ Inps potrà rispondere entro 90 giorni. Una volta ottenuta tale certificazione, va presentata una seconda domanda, quella di anticipo vera a propria, a una banca: la banca la trasmette all’ Inps per il nulla osta che l’ Inps avrà 30 giorni di tempo per il rilascio.
Avuto l’ ok dall’ Inps, la banca procederà infine a liquidare l’ anticipo-prestito di buonuscita nei successivi 15 giorni. A stabilirlo è lo schema di dpcm che il ministero della Funzione pubblica guidato da Fabiana Dadone ha trasmesso al Consiglio di stato per il parere. Il testo dà attuazione alla misura dell’ anticipazione della buonuscita ai dipendenti pubblici (altrimenti l’ attesa può arrivare anche a otto anni), mediante un prestito al consumo d’ importo fino a 45 mila euro, prevista dal dl n. 4/2019, convertito dalla legge n. 26/2019. Il provvedimento è al consiglio di stato per il previsto parere.
Un anticipo in prestito. La misura, introdotta con l’ operazione «quota 100» a inizio anno, consentirà di ricevere prima la buonuscita con il ricorso a un prestito garantito dallo stato. L’ importo massimo del prestito è fissato alla misura massima della buonuscita cui si ha diritto, comunque non oltre 45 mila euro. Il prestito sarà rimborsato, comprensivo di interessi e di una «commissione» di garanzia (cioè un secondo interesse pari allo 0,01% del finanziamento) al momento dell’ effettiva percezione della buonuscita. Quindi chi ha diritto a una buonuscita non superiore a 45 mila può al massimo ottenere un prestito pari all’ importo cui ha diritto; chi ha diritto a buonuscita di misura superiore, può al massimo ottenere 45.000 euro.
Come funziona. Il dpcm, innanzitutto, stabilisce che il finanziamento (cosiddetto Anticipo Tfs/Tfr) si rivolge a tutti i dipendenti pubblici (cioè ai dipendenti di amministrazione di cui all’ art. 1, comma 2, del dlgs n. 165/2001) con diritto a pensione, sia che abbiano già cessato dal servizio, anche prima dell’ entrata in vigore del dpcm, sia che lo faranno in futuro. Quindi fissa la procedura: il lavoratore deve prima di tutto chiedere all’ ente erogatore del Tfr/Tfs (in genere l’ Inps) la certificazione del diritto all’ anticipazione. La relativa domanda va presentata in via telematica, autonomamente (se in possesso di Pin o Spid o altre credenziali pubbliche) o per il tramite di patronati e intermediari dell’ Inps (quindi anche i consulenti del lavoro).
Ricevuta la domanda, l’ Inps ha 90 giorni di tempo per rilasciare (o negare) la certificazione. Ottenuta la certificazione, il lavoratore può presentare la domanda vera e propria di prestito rivolgendosi a uno degli istituti di credito aderenti all’ iniziativa, tramite adesione all’ accordo quadro Abi. La banca prescelta, ricevuta la domanda, la trasmette all’ Inps per un nulla osta, che potrà arrivare entro 30 giorni. Il nulla osta dell’ Inps decreta la validità ed efficacia della domanda di prestito, cui farà seguito, nei successivi 15 giorni, la liquidazione del prestito. «È uno step importante per i tanti dipendenti pubblici che contano di incassare subito con un tasso agevolato una parte della loro liquidazione grazie al sistema bancario», ha dichiarato il ministro Dadone. «Stiamo cercando di accelerare il più possibile perché chi ha lavorato tanti anni ha ora il diritto di godere del frutto dei sacrifici fatti».
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