Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Molise, sentenza n. 79 del 30 dicembre 2021
Si può ritenere che la volontà del legislatore sia sicuramente quella di continuare a consentire alle Procure contabili di agire per le ipotesi di danno all’immagine unicamente derivanti da sentenze irrevocabili di condanna per uno dei delitti contro la pubblica amministrazione previsto nel capo I, titolo II, libro II del codice penale.
Ne deriva che possono considerarsi delitti commessi “in danno” dell’amministrazione pubblica, ai fini dell’applicazione della normativa in tema di risarcimento del danno all’immagine della P.A., necessariamente e unicamente i delitti di cui al capo I, titolo II, libro II del codice penale, rubricato “Dei delitti contro la Pubblica amministrazione”, restando limitata o circoscritta la risarcibilità ai soli casi contemplati in una ristretta serie di reati, cioè quelli “propri” poiché commessi da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio o di servizio di pubblica necessità (individuati dagli artt. 357 e 358 c.p.) la cui consumazione realizzi una lesione dell’agere amministrativo, così da incrinare la fiducia dei cittadini verso la stessa P.A
Difatti solo tali delitti postulano, per evidente scelta legislativa, la lesione dei valori primari e dei diritti fondamentali della P.A. (bene-interesse, tutelato ex artt. 97 e 98 Cost. al suo buon andamento ispirato a principi di legalità e di imparzialità), che definiscono l’identità stessa della Repubblica Italiana e dell’Unione Europea, in relazione ai quali, per giurisprudenza consolidata, va ammesso il risarcimento anche del danno non patrimoniale (Sez. I d’App., sent.n.63 del 2016). Inoltre, siffatta volontà del legislatore risulta già autorevolmente e approfonditamente vagliata e ricostruita tanto dalla Corte Costituzionale (sent. n. 355 del 2010; nn. 219 e 286 del 2011), quanto dalle Sezioni Riunite di questa Corte (n. 8/QM/2015 e n. 10/QM/2003), con ampi riferimenti alla precedente giurisprudenza di legittimità, civile e penale, versata in materia.
Orbene, alla stregua delle suesposte considerazioni, il Collegio deve rilevare che la fattispecie di penale responsabilità accertata, irrevocabilmente, a carico della Sig.ra OMISSIS OMISSIS trovi la sua qualificazione giuridica in termini di truffa aggravata, come previsto dagli artt. 81 e 640, comma 2, del c.p., rientrante, contrariamente, nel novero dei “delitti contro il patrimonio” contemplati nel titolo XIII, capo II, libro II del c.p
Ebbene, il Collegio reputa che nel caso di specie l’ipotesi delittuosa commessa dalla convenuta, ossia il reato di truffa, non possa consentire di procedere per il risarcimento del danno all’immagine, proprio perché esula dal ristretto alveo dei delitti contro la pubblica amministrazione tipizzati dal legislatore al capo I, titolo II, libro II del codice penale, a nulla valendo che sussista l’aggravante di cui al comma 2 dell’ art. 640 c.p., che postula la commissione del fatto reato nei confronti dello Stato o di un ente pubblico
In conclusione, nella fattispecie esaminata va dichiarata la nullità dell’atto di citazione, per violazione delle norme sui presupposti di proponibilità dell’azione di responsabilità per danno all’immagine, come proposta dalla Procura, nullità rilevabile d’ufficio incidendo, essa, sulla configurabilità stessa di tale tipologia di danno, per la carenza di una sentenza penale di condanna irrevocabile per uno dei delitti tassativamente previsti dall’ordinamento giuridico, di cui al capo I, titolo II, libro II del codice penale, rubricato “Dei delitti contro la Pubblica amministrazione” (arg., in diritto, ex art. 51, co. 3 e 6, D. Lgs. n. 174/2016 e s.m. e i. e, in giurisprudenza, ex C. Cost. n. 355/2010; Cdc., SS.RR. n. 12 e 13/QM/2011, n. 8/QM/2015 e Ord. n. 6/2018/RCS).
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