TAR Ancona, 02.03.2021 n. 177

6.1. E’ certamente vero che negli ultimi tempi si sta formando un orientamento giurisprudenziale – al momento minoritario – secondo il quale l’art. 93, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i. si applica solo al concorrente individuato quale aggiudicatario, il che discenderebbe sia dalla diversa formulazione della norma rispetto a quella recata dal previgente art. 75, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006, sia dal fatto che l’attuale Codice dei Contratti pubblici, a differenza di quello del 2006 (art. 48), non prevede più la verifica a campione circa il possesso da parte dei concorrenti dei requisiti di ammissione alla gara.

6.2. Premesso che questo secondo presupposto trova effettivamente conferma nel D.Lgs. n. 50/2016, quanto al primo profilo si deve rilevare che la formulazione dell’art. 75, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006 (il quale recitava “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo”) è del tutto simile a quella dell’art. 93, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016 (il quale prevede che “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto”). Non può infatti essere attribuita soverchia rilevanza all’inciso “…dopo l’aggiudicazione…”, visto che in assenza di aggiudicazione non si potrebbe porre il problema della mancata stipula del contratto.

6.3. E, peraltro, il D.Lgs. n. 50/2016 contiene una norma – specificamente dettata per l’avvalimento, ma che obbedisce alla stessa ratio su cui fonda l’orientamento giurisprudenziale compendiato nella sentenza n. 34 del 2014 dell’Adunanza Plenaria – la quale prevede l’escussione della cauzione provvisoria a danno anche dei concorrenti non risultati aggiudicatari: si tratta, come è noto, dell’art. 89, comma 1, terzultimo periodo (secondo cui “Nel caso di dichiarazioni mendaci, ferma restando l’applicazione dell’articolo 80, comma 12, nei confronti dei sottoscrittori, la stazione appaltante esclude il concorrente e escute la garanzia”).

6.4. E’ vero che la sciatteria redazionale che attualmente connota, salvo rare eccezioni, la produzione normativa non consente di escludere a priori la presenza all’interno di un corpus normativo unitario di norme extravagantes, ma nella specie la norma dettata per l’avvalimento non può essere qualificata tale, visto che essa, come detto, corrisponde ad un orientamento giurisprudenziale assolutamente consolidato sino a pochissimi anni fa (e confermato anche da recentissime sentenze – ex multis, TAR Lazio, 11 febbraio 2021 n. 1740).

6.5. Il Tribunale, pur prendendo atto dell’orientamento minoritario di cui si dà ampio conto in ricorso, ritiene di dover aderire a quello che aveva trovato compiuta espressione nella più volte citata sentenza n. 34 del 2014 dell’Adunanza Plenaria (alla cui esaustiva motivazione si rimanda per ragioni di brevità), aggiungendo che:

– a ben vedere, non si può sostenere che l’orientamento minoritario fatto proprio da alcuni TT.AA.RR. abbia trovato espressa conferma in secondo grado. In effetti, la sentenza del Consiglio di Stato n. 1603/2020 richiamata in ricorso non può assolutamente essere letta nel senso patrocinato da -Omissis-, visto che in quel caso la decisione della stazione appaltante di escutere la cauzione provvisoria non è stata ritenuta illegittima in quanto assunta a danno di un concorrente non risultato aggiudicatario, bensì perché in esecuzione della sentenza n. 1603/2020 la stazione appaltante era chiamata a rivalutare la posizione del concorrente (in parte qua la sentenza n. 1603 recita testualmente “Va invece accolto il motivo di censura indirizzato nei confronti del provvedimento di incameramento della cauzione provvisoria, in quanto, nella tratteggiata fase di rivalutazione che consegue all’accoglimento del terzo motivo incidentale…”), il quale è stato dunque “riammesso in gara” dal Consiglio di Stato e, per tale motivo, non poteva al momento subire la “sanzione accessoria” che consegue all’esclusione;

– a identica conclusione deve pervenirsi con riguardo alla successiva sentenza n. 6620/2020, richiamata da -Omissis- nella memoria difensiva del 23 gennaio 2021, in quanto in quel caso il Consiglio di Stato era chiamato a dirimere una controversia fra la stazione appaltante e l’aggiudicatario (ed in particolare a stabilire se la mancata stipula del contratto fosse stata dovuta a “fatto” addebitabile a quest’ultimo). Ne consegue che in questo caso il richiamo alla formulazione dell’art. 93, comma 6, era del tutto neutro rispetto alla questione qui controversa. E neanche la sentenza del Consiglio di Stato n. 8546/2020, richiamata dalla società ricorrente nelle note di udienza conclusionali, è utilmente invocabile, visto che anch’essa riguarda una controversia fra stazione appaltante e aggiudicatario.

6.6. In ragione di quanto precede, e poiché l’escussione della cauzione costituisce un atto vincolato, non rileva l’erroneità del rilievo svolto dal RUP nel provvedimento impugnato circa il fatto che -Omissis- sarebbe stata virtualmente aggiudicataria (sia pure per un breve attimo) della presente gara. L’assunto, come correttamente evidenziato da -Omissis-, è certamente infondato dal punto di vista giuridico, ma ciò non rileva ai fini della presente decisione, anche perché, a ben guardare, lo stesso RUP ha indicato anzitutto nella definitiva esclusione dalla gara di -Omissis- il presupposto che giustifica l’incameramento della cauzione (tale circostanza è infatti riportata in grassetto sottolineato).

[…]

8. Il terzo e il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente, visto che in parte qua la ricorrente introduce argomenti di natura civilistica fra loro collegati.

8.1. Partendo dalla qualificazione normativa della cauzione provvisoria, si osserva quanto segue.

8.1.1. Nell’economia della sentenza n. 34 del 2014 dell’Adunanza Plenaria l’inciso relativo all’assimilazione della cauzione provvisoria alla caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) ha una rilevanza del tutto secondaria, visto che l’Adunanza era chiamata a pronunciarsi su un quesito specifico che prescindeva dalla natura giuridica dell’istituto che viene in rilievo nel presente giudizio.

Ad ogni buon conto, l’assimilazione, oltre ad essere inutile, non appare giuridicamente corretta, visto che la caparra confirmatoria presuppone la consegna anticipata da parte di uno dei contraenti all’altro contraente di una “porzione” della prestazione contrattuale (tanto è vero che, laddove l’esecuzione del contratto non faccia registrare eventi patologici, la caparra viene restituita oppure, ed è il caso più frequente, imputata alla prestazione). Nulla di tutto questo è osservabile con riguardo alla cauzione provvisoria, visto che essa non può in alcun modo essere intesa come un “anticipo” della prestazione che sarà dovuta dal contraente privato.

8.1.2. Né, nei rapporti fra i privati, sussistono le medesime ulteriori e specifiche esigenze che l’Adunanza Plenaria ha valorizzato nella sentenza n. 34 del 2014 (ossia la necessità di “…responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese, di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, nonché di escludere da subito i soggetti privi delle richieste qualità volute dal bando…”). Nei rapporti fra privati, infatti, la fase delle trattative precontrattuali trova compiuta disciplina nell’art. 1337 c.c., il quale non impone affatto la prestazione di cauzioni a garanzia della serietà dell’impegno a contrarre, essendo ciò rimesso alla libera volontà dei potenziali contraenti.

E’ invece vero che, al pari di ciò che accade sia nel caso della clausola penale che della caparra confirmatoria, la cauzione provvisoria ha la funzione di liquidare ex ante il danno subito dalla parte fedele (ossia, nel caso delle gare ad evidenza pubblica, dalla stazione appaltante) per effetto del comportamento omissivo, negligente, etc., del concorrente escluso, ma questo non implica la necessità di ricondurre la cauzione provvisoria ad un istituto civilistico in qualche modo assimilabile.

8.1.3. Il diritto amministrativo, infatti, ad onta di quanto sembra emergere dalla continua opera di “tentata civilizzazione” in atto da alcuni lustri (si pensi, al riguardo, ai continui rimaneggiamenti dei pertinenti articoli della L. n. 241/1990), continua a possedere delle peculiarità che corrispondono ai principi generali sanciti dall’art. 97 Cost. E, in questo senso, è sufficiente rimarcare che, come già accennato, le stazioni appaltanti sono obbligate, salvo eventuali deroghe previste dalla legge, a pretendere la costituzione della cauzione provvisoria da parte di coloro che intendono partecipare alle procedure ad evidenza pubblica, e questo perché la garanzia della regolarità e della celerità di tali procedure è un valore la cui tutela non è rimessa alla libera scelta dell’amministrazione aggiudicatrice, ma è imposta a monte dal legislatore.

La cauzione provvisoria, dunque, è un istituto specifico del diritto pubblico, che denota certamente analogie con alcuni istituti privatistici ma che obbedisce a logiche sue proprie e che va ricostruito ed applicato in base alle norme pubblicistiche che lo disciplinano.

8.1.4. E, in questo senso, per giurisprudenza assolutamente granitica la decisione circa l’escussione della cauzione nei casi previsti dalla legge non richiede il previo accertamento della “colpa” in capo al concorrente che è incorso nell’esclusione (in tal senso, ex plurimis, Cons. Stato, n. 2531/2016 e TAR Lazio, n. 1740/2021, già citata), mentre tale accertamento è previsto solo nei riguardi dell’aggiudicatario che non stipula il contratto (art. 93, comma 6: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario…”. Per la verità anche il comma 6 prevede una fattispecie di “responsabilità oggettiva”, nel caso di mancata stipula dovuta “…all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”).

Ma in questo non è ravvisabile alcuna disparità di trattamento, visto che:

– le ragioni che possono portare alla mancata stipula del contratto sono molteplici e non tutte afferenti alla sfera di disponibilità dell’aggiudicatario (si pensi al caso, statisticamente più frequente, del ritardo nella predisposizione del contratto dovuto in parte a lungaggini burocratiche e in parte a inerzia dell’aggiudicatario). Ne consegue che, ai fini dell’escussione della cauzione, è necessario accertare l’imputabilità della mancata stipula;

– i casi di esclusione dalla gara che sono sanzionati anche con l’escussione della cauzione attengono invece a fatti e circostanze che sono nella piena disponibilità del concorrente (si tratta, infatti, di dichiarazioni omesse, false o ingannevoli relative al possesso dei requisiti di moralità, tecnici e finanziari previsti dal bando quali requisiti di ammissione), di talché la conferma (per inoppugnabilità dell’atto di esclusione o per decisione del giudice), dell’esclusione implica ex se l’imputabilità della condotta che ha determinato il provvedimento espulsivo.

Nella specie, dunque, l’escussione della cauzione non richiedeva alcun accertamento circa la imputabilità dell’esclusione alla società ricorrente.

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