tratto da Il Sole 24 Ore - 06 Aprile 2020
Triplo meccanismo per l’Iva della solidarietà alimentare
di Marco Magrini, Paolo Parodi, Benedetto Santacroce
Il Sole 24 Ore – 06 Aprile 2020
L’ attività di gestione dell’ emergenza alimentare da parte dei Comuni, iniziata dopo l’ Ordinanza della protezione Civile n. 658 del 29 marzo, deve fare i conti anche con i profili Iva dei buoni spesa distribuiti ai cittadini e con la disciplina dei voucher contenuta negli articoli da 6-bis) a 6-quater) del Dpr 633/72. Gli interventi dei Comuni si concretizzano in tre distinte modalità operative: 1. acquisto di buoni spesa emessi da terzi, normalmente dalle catene della grande distribuzione e consegna ai cittadini; 2. emissione diretta di buoni cartacei con consegna alle famiglie e possibilità di spesa presso piccoli esercenti; 3. acquisto diretto di beni da parte del Comune per la successiva consegna alle persone bisognose. A ciascuna di queste modalità di erogazione dell’ aiuto corrispondono diverse implicazioni ai fini Iva.
Buoni spesa emessi da terzi (esempio, negozi convenzionati): si tratta di buoni che non indicano esattamente il bene cui danno diritto, ma sono spendibili su un paniere di beni, magari soggetti ad aliquote Iva diverse. Si applica la disciplina dei cosiddetti “buoni multiuso” indicata dall’ articolo 6-quater) del Dpr 633/72; conseguentemente, il soggetto emittente il buono emetterà nei confronti del Comune una nota debito fuori campo Iva per incassare il controvalore dei buoni; il documento rilevante ai fini Iva (documento commerciale o fattura intestata alla persona fisica) sarà formato dall’ esercente convenzionato quando materialmente sarà effettuato l’ acquisto da parte del beneficiario.
Buoni emessi dal Comune: anche in questo caso si tratta di buoni che consentono l’ acquisto di un paniere di beni (voucher multiuso) e per i quali, comunque, il movimento di denaro a favore del negoziante si ha successivamente all’ acquisto da parte del beneficiario persona fisica (e relativa rendicontazione al Comune). Il negoziante, in sede di cessione del bene, non dovrà emettere alcuna fattura nei confronti del Comune, ma un documento commerciale con rilevazione dell’ Iva (da rilasciare al cliente) con la dicitura “corrispettivo non riscosso”; sulla base di questi documenti commerciali, il negoziante dovrà poi emettere una nota di debito fuori campo Iva nei confronti del Comune (con allegati i buoni ritirati), per incassare le somme relative.
Acquisto diretto di generi alimentari: in questo caso il Comune acquista i beni direttamente dal negoziante e li distribuisce alle persone. Per quanto riguarda la fiscalizzazione dell’ operazione il negoziante dovrà emettere una fattura intestata al Comune con Iva. Trattandosi di una cessione realizzata nei confronti di un ente pubblico la fattura verrà emessa in regime di split payment con obbligo di versamento dell’ imposta direttamente da parte del Comune. I Comuni, in relazione alla propria situazione organizzativa e territoriale, potrebbero comunque affrontare l’ emergenza attribuendo voucher che consentano di fruire di servizi mensa e erogazione pasti. In questo caso dal punto di vista fiscale nulla muta rispetto al caso dei beni se il buono è emesso dal Comune. Se invece il voucher è emesso dal ristoratore o da terzi, siamo in presenza di «voucher monouso» (articolo 6-ter), con conseguente tassazione ai fini Iva al momento dell’ acquisto degli stessi da parte del Comune e necessità di emissione di fattura (con Iva in regime di split payment) da parte del soggetto emittente nei confronti del Comune. Poi al momento della fruizione del servizio, il soggetto che effettua la somministrazione non dovrà fiscalizzare l’ operazione e, quindi, non emetterà né una fattura né un documento commerciale.
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