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I PNA invecchiano … Ma non invecchiano loro. Invecchiano te!

5 novembre 2018

di Massimo Di Rienzo & Andrea Ferrarini

I PNA invecchiano. Ma non invecchiano loro. Invecchiano te.

I PNA ti invecchiano perché passi le giornate curvo su di loro. E la colonna prende per buona quella postura. Perché li leggi lentamente per capire quello che c’è scritto. E alla fine capisci che chi li ha scritti era di certo un esperto in prevenzione della corruzione… Solo che non è la stessa corruzione che intendevi tu!

I PNA ti invecchiano anche perché quando arrivano mettono fine, con violenza inaudita, a quella stagione di speranze, in cui credevi veramente che l’etica pubblica, la trasparenza e la buona amministrazione potessero qualcosa contro la corruzione!  

Chiuso in casa, adesso pubblichi le tabelle dell’Amministrazione Trasparente e poi ti mandi le istanze di Accesso Civico da solo. Tanto per essere sicuro che qualcuno le legga. Ed hai un vago ricordo di ciò che eri e di ciò che avresti ancora potuto esprimere, ma non sai più dire con precisione. Hai solo molto sonno.

I PNA si insinuano nella tua mente in modo subdolo e perverso. Se li applichi, ti soffocano; se non li applichi, ti mancano.

Parliamo di PNA al plurale perché quando c’era solo il primo, l’impresa ci sembrava ancora fattibile. Il PNA 2013 era gentile, dormiva, e sebbene la normativa fosse nuova, avevamo ancora l’illusione di essere noi stessi. Poi ne sono arrivati altri quattro ed è cominciato il casino… 2015, 2016, 2017, 2018 … “

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Abbiamo deciso di iniziare questo post parafrasando un bellissimo dialogo, scritto da Mattia Torre e interpretato da Valerio Mastrandrea, dedicato ai figli.   Ma in questo post non parleremo di figli ma del nuovo Piano Nazionale Anticorruzione, pubblicato sul sito di ANAC il 25 ottobre 2018 e in consultazione pubblica fino al 15 di novembre.  

In effetti, noi tutti invecchiamo, ma il PNA no… A sei anni dall’approvazione della Legge n. 190/2012 ci saremmo aspettati un documento che affrontasse una serie di nodi problematici che, a nostro parere, devono essere trattati per garantire l’efficacia delle strategie di prevenzione:

  • I PTPC delle pubbliche amministrazioni riescono veramente a prevenire la corruzione?
  • in che modo è possibile testare l’efficacia delle misure previste nei PTPC?
  • i comportamenti a rischio di corruzione possono essere sistematicamente rilevati dalle amministrazioni?

Anche noi di @spazioetico abbiamo cercato di dare una risposta a queste domande, proponendo alcuni strumenti: lo stress test e le indagini interne. E ci saremmo aspettati una presa di posizione di ANAC su questi temi. Anche  per supportare quelle amministrazioni che, negli ultimi anni, hanno investito nella prevenzione, mappando i processi, valutando il rischio è monitorando l’attuazione delle misure generali e specifiche.

E invece no! Nella prima parte del PNA (la Parte Generale) ANAC  ritorna su temi che dovrebbero essere già chiariti: ruolo, poteri e tutela dei RPCT, funzione dell’autorità, prevenzione della corruzione nelle società e negli enti in controllo pubblico. E, come vedremo, affronta il tema “privacy e trasparenza” senza andare al cuore del problema.

Chiaramente, non è colpa di ANAC se dopo sei anni non è ancora chiaro ai più quale sia il ruolo dei responsabili della prevenzione della corruzione. Questa situazione un po’ imbarazzante dipende in parte dai limiti culturali della pubblica amministrazione Italiana (incapace di vedere il  rischio corruttivo andando oltre il piano angusto della legittimità amministrativa)  e in parte dalla scarsa qualità della normativa. La L. 190/2012, infatti, è una “legge quadro” sulla prevenzione della corruzione che non contiene nemmeno una definizione di cosa sia la corruzione e che trasforma la prevenzione in un adempimento formale. E i suoi decreti attuativi sono di chiara e facile lettura tanto quanto i geroglifici dell’antico Egitto.

La seconda parte del PNA (denominata Parte Speciale) affronta invece in modo approfondito il profilo di rischio presente in tre  attività che hanno un forte impatto sulla vita dei cittadini: la gestione dei rifiuti, l’impiego dei fondi europei e le attività delle agenzie fiscali. Proprio lo scorso anno, in occasione dell’uscita dell’aggiornamento del 2017, avevamo caldeggiato, in un articolo,l’avvio di una seria riflessione sul rischio corruttivo nell’ambito della programmazione, gestione e valutazione dei fondi europei di sviluppo; pertanto abbiamo accolto con una certa soddisfazione la presenza di un Capitolo speciale dedicato a questa importante tematica.

In questo articolo vogliamo commentare brevemente ed esclusivamente il contenuto della parte generale (destinata a tutte le amministrazioni).

 

superman1. Poteri del RPCT

Il paragrafo 4 del PNA 2018 chiarisce quali sono i poteri del RPCT e fa con un rimando a due delibere dell’Autorità: 

  1. La Delibera ANAC n. 840/2018: indicazioni interpretative ed operative con particolare riferimento ai poteri di verifica, controllo e istruttori del RPCT nel caso rilevi o siano segnalati casi di presunta corruzione.
  2. La Delibera ANAC 833/2016: poteri conferiti al RPCT per l’accertamento delle inconferibilità ed incompatibilità di incarichi

In pratica, i poteri del RPCT cambiano in base alla situazione rilevata. Tecnicamente (cioè nel gergo dell’analisi dei processi) l’azione del RPCT è “orientata dagli eventi”:

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Se arriva una segnalazione di presunta corruzione, il RPCT si gioca la carta 840/2016. Se si concretizza un caso di inconferibilità, invece, può giocarsi la carta 883/2016 …  Sembra di giocare a briscola. O ai Pokémon… 

Scherzi a parte, crediamo che l’analisi del PNA sia di sicuro corretta. Per capire quali sono i poteri dei responsabili della prevenzione, bisogna coordinare tra loro le diverse norme che assegnano ai RPCT specifici poteri e specifiche responsabilità:

  • La L. 190/2012 (prevenzione della corruzione)
  • il D.lgs. 33/2013 (obblighi di pubblicazione e accessi civici)
  • il D.lgs. 39/2013 (incompatibilità e inconferibilità)
  • il DPR 62/2013 (codice di comportamento dei dipendenti pubblici)
  • la L. 179/2017 (tutela del whistleblowing)

Ma coordinare le normative non basta: bisognerebbe anche chiedersi se i poteri del RPCT sono adeguati alla prevenzione della corruzione. E la risposta non è così scontata.

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In primo luogo, se i poteri del RPCT sono “orientati dagli eventi”, si rischia di ingabbiare e ingessare l’azione dei responsabili della prevenzione con “regole di ingaggio” che potrebbero avvantaggiare i corrotti. La corruzione corre veloce da una parte all’altra dell’Italia, agendo fuori da ogni regola … e la coorte invincibile degli RPCT dovrebbe inseguirla indossando pesanti corazze di regole e di procedure. Come strategia non sembra vincente!

 

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In secondo luogo, come spesso accade in Italia, le singole normative, se lette da sole, sembrano efficaci e sensate, ma se le metti insieme sembrano un quadro di Pablo Picasso. In particolare, la delibera 240/2018 di ANAC (richiamata nel PNA) chiarisce che i poteri del RPCT in materia di prevenzione della corruzione “sono funzionali al ruolo che il legislatore assegna al RPCT: predisporre adeguati strumenti interni all’amministrazione per contrastare l’insorgenza di fenomeni corruttivi (PTPC). Tali poteri si inseriscono e vanno coordinati con quelli di altri organi di controllo interno al fine di ottimizzare, senza sovrapposizioni o duplicazioni, l’intero sistema di controlli previsti nelle amministrazioni anche al fine di contenere fenomeni di maladministration. E’ escluso che al RPCT spetti accertare responsabilità e svolgere direttamente controlli di legittimità e di regolarità amministrativa e contabile“.

Invece, in materia di inconferibilità (d.lgs. 39/2013) la delibera ANAC 833/2013 chiarisce che il RPCT “è il soggetto cui la legge, secondo l’interpretazione dell’ANAC e della stessa giurisprudenza amministrativa, riconosce il potere di avvio del procedimento, di accertamento e di verifica della sussistenza della situazione di inconferibilità, di dichiarazione della nullità dell’incarico, nonché il successivo potere sanzionatorio nei confronti degli autori della nomina dichiarata nulla perché inconferibile.”

Insomma,  se il RPCT deve contestare una situazione di inconferibilità ha addirittura il potere di sanzionare il proprio organo di indirizzo … invece, per prevenire la corruzione, può solo adottare il PTPC e verificare che venga applicato. 

Non so a voi, ma a noi qualcosa non torna … 

 

2. I rapporti tra ANAC e RPCT.

Ego_networkIl punto 4.2. si occupa di approfondire le interconnessioni tra ANAC e i responsabili anticorruzione. Materia che scotta. Recentemente i RPCT sono stai messi sotto speciale osservazione in quanto non avrebbero comunicato (segnalato) ad ANAC casi di corruzione nelle loro relazioni. Ci sarebbe molto da discutere su questo presunto obbligo dei RPCT di segnalare ad ANAC eventi corruttivi (a noi risulta che se un RPCT viene a conoscenza di un evento corruttivo denuncia al’Autorità Giudiziaria, non ad ANAC), fatto sta che a causa di questo clima che si è venuto a creare e che abbiamo provato a descrivere nell’articolo “L’autunno caldo dei responsabili anticorruzione“, forse ANAC ha deciso di chiarire i propri rapporti con i RPCT. E lo fa dedicando un intero paragrafo a questo tema. Nel PNA, quindi si legge che “per l’Autorità è di estremo rilievo valorizzare i rapporti con i RPCT. Si tratta di figure chiave nelle amministrazioni e negli enti per assicurare effettività al sistema di prevenzione della corruzione come declinato nella l. 190/2012. Da qui il particolare rilievo che ANAC attribuisce alla scelta del RPCT nelle Amministrazioni e negli altri enti tenuti a nominarlo. Con tale soggetto ANAC interagisce nello svolgimento della propria attività di vigilanza per verificare sia l’efficacia delle misure di prevenzione della corruzione di cui alla l. 190/2012, sia il corretto adempimento degli obblighi di pubblicazione di cui al d.lgs.33/2013 negli enti”.

Quello che emerge è un rapporto che si instaura effettivamente solo in occasione dell’attività di vigilanza di ANAC, sia essa volta a verificare l’efficacia delle misure di prevenzione, sia essa volta a favorire la corretta attuazione della disciplina sulla trasparenza.

Non si ravvisa alcuna attività di supporto da parte di ANAC nei confronti dei RPCT, né, tanto meno, alcuna azione di ANAC volta ad acquisire, dagli RPCT, informazioni, punti di vista, buone pratiche, azioni innovative tali da far ritenere che i RPCT non siano solo degli esecutori materiali della regolamentazione (aggiornamento del PNA, Determine, Delibere, ecc…), ma ne siano anche gli ispiratori. Il rapporto tra ANAC e RPCT, insomma, al di là di scambi informali che dipendono dalla sensibilità personale, non sembra uscire da uno schema fortemente formalistico. 

Tralasciando l’incontro annuale con i RPCT che, evidentemente è assolutamente insufficiente a costruire una rete e a farla lavorare, una delle perplessità più forti che abbiamo sempre avuto sul ruolo o sull’effettiva interpretazione del ruolo dell’Autorità è proprio il non aver mai provato a costituire e alimentare una rete di RPCT. Sembra davvero la più grande delle occasioni mancate. Emergono tutti i limiti di un’organizzazione che all’interno non trova o non può trovare competenze diverse da quelle giuridiche, mentre in questo campo, in un campo così complesso come la prevenzione della corruzione, si avverte la necessità di coinvolgere competenze di altra natura, come, ad esempio, promuovere ed alimentare reti e piattaforme di innovatori, facilitare scambi di esperienze, incorporare approcci sociologici, antropologici, economici, ecc…

Nel Decalogo che abbiamo presentato il 6 giugno 2017 abbiamo dedicato il terzo punto allo sviluppo di comunità di RPCT a livello regionale. Si tratta di recepire questa raccomandazione a livello nazionale e sviluppare un network che abbia la doppia finalità di sviluppare da basso metodologie, strumenti, approcci e di far sentire i RPCT realmente al centro della strategia nazionale anticorruzione.

 

3. Rapporti tra Privacy e Trasparenza

wersm-twitter-privacy-transparencyQuando abbiamo letto l’indice, non abbiamo potuto fare a meno di incuriosirci nel trovare un argomento controverso e attuale come il rapporto tra Privacy e Trasparenza soprattutto a seguito dell’introduzione del nuovo Regolamento europeo (GDPR). E invece … NULLA DI FATTO!  Quando siamo andati a leggere lo specifico paragrafo (n. 7), ci siamo accorti che ANAC si limita a dire che il RPCT non può essere anche DPO e che il RPCT in caso di riesame di stanze di ACG deve rivolgersi al Garante Privacy. Il supporto del DPO alla gestione delle istanze non è caldeggiata da ANAC, quando invece, a nostro parere, un coordinamento tra RPCT e DPO è sicuramente necessario, per evitare che privacy e trasparenza continuino a non parlarsi e a entrare in conflitto nella PA italiana. In particolare, ANAC non propone strategie per integrare e coordinare tutela della privacy e trasparenza, che sono,secondo noi, due aspetti, due facce di una stessa medaglia che ormai prende il nome di data governance”

 

4. Codici di comportamento

codici di comportamento 1Altrettante aspettative erano riposte nel paragrafo “Codici di comportamento” (n. 8). Qui ci sono punti di vista davvero diversi con ANAC. L’Autorità: “constatata la scarsa innovatività dei codici di amministrazione che potremmo chiamare di prima generazione, in quanto adottati a valle dell’entrata in vigore del d.P.R. 63/2013 e delle prime Linee Guida ANAC dell’ottobre del 2013. Tali codici, infatti, si sono, nella stragrande maggioranza dei casi, limitati a riprodurre le previsioni del codice nazionale, nonostante il richiamo delle Linee guida ANAC sulla inutilità e non opportunità di una simile scelta”. 

Noi riteniamo che l’integrazione del codice di comportamento dell’Ente sia importante, ma non fondamentale. Lo avevamo già sottolineato in sede di Consultazione delle Linee Guida per i Codici di comportamento del comparto sanitario. Esiste una pericolosa tendenza (peraltro in atto da sempre nel nostro Paese): si tratta dell’illusoria quanto ingenua idea che quante più regole possono essere inserite in un Codice, tanto più efficace sarà la misura. E’ stato ampiamente dimostrato da vari studi internazionali (su tutti, citiamo gli esperimenti di KATZ-NAVON T., “Safety climate in health care organizations. A multidimensional approach” (2005), in ambito sanitario) che le persone hanno un limite di tollerabilità alle regole e che introdurre nuove disposizione finisce per immobilizzare la capacità decisionale delle persone (ipengiofobia). E’ un processo difficilmente arrestabile perché auto-rinforzante. Per le amministrazioni, la sfida è trovare il giusto equilibrio tra regole e responsabilità personale. La nostra idea, pertanto, è di semplificare codici e regole, adottarne solo se strettamente necessarie e coinvolgere le persone in attività formative che permettano loro di applicare le regole di fronte a degli eventi critici, come nel caso dei “dilemmi etici”.

 

5. Il pantouflage

pantouflesSu questo argomento, dopo una serie di puntualizzazioni di carattere giuridico, l’ANAC afferma: “L’Autorità, in una recente istruttoria che ha portato ad accertare la violazione del divieto di cui all’art. 53, co. 16-ter, del d.lgs. 165/200113, ha messo in luce la criticità connessa alla lacuna normativa che non consente di stabilire quale sia l’organo deputato a svolgere il procedimento per l’applicazione delle sanzioni. Una volta accertata l’effettiva violazione, nei sensi esposti dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 126/2018, cit., l’ANAC non ha ulteriori poteri in merito al compimento degli atti conseguenti“.

Non crediamo ci sia molto altro da dire, se non che le leggi dovrebbero essere scritte meglio.

 

6. La rotazione del personale

chain-carousel-1689985_960_720Questo paragrafo si limita a prendere atto della sostanziale mancata attuazione di questa misura, sia quella ordinaria sia quella straordinaria, raccomandando le amministrazioni a provvedere nel corso del 2019.  La rotazione del personale è un “tormentone” che ormai caratterizza tutti i Piani Nazionali Anticorruzione. Se ne parla da anni (a volte presentandola come la panacea di tutti i mali) ma poi quasi nessuna amministrazione sembra applicarla. La scelta di far ruotare i dirigenti e il personale degli uffici di una pubblica amministrazione mette in conflitto due interessi primari: l’equidistanza dagli interessi secondari (che sarebbe favorita dalla rotazione) e l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, cioè il “buon andamento” (che invece sembra essere messa a rischio dalla rotazione). Per passare “dal dire al fare” non è necessario attraversare il mare. Basterebbero forse solo due cose:

  • una incisiva azione di ANAC, per contestare agli Enti la mancata rotazione straordinaria (quella da applicare nel caso in cui in un ufficio si verifichino casi di corruzione);
  • indicazioni chiare agli RPCT, per aiutarli a capire quando (sulla base del profilo di rischio corruttivo presente in un processo)  la rotazione ordinaria è necessaria. 

La rotazione, insomma, deve essere applicata con attenzione. Così come devono essere introdotte con attenzione le misure alternative alla rotazione. Inoltre, andrebbe approfondito il rischio di “perdita di buona andamento” che una cattiva rotazione genera nei processi. Se ci pensate, se si vuole artificialmente elevare il rischio di corruzione in un processo, allora una delle strade più promettenti è operare una rotazione di incarichi.

 

7. Conclusioni

Ci fermiamo qui, per non annoiarvi e per non togliervi il gusto di leggere la bozza di PNA e partecipare alla consultazione pubblica.

Secondo noi di @spazioetico il Piano Nazionale Anticorruzione 2018 è un buon documento nella Parte Speciale, mentre la Parte Generale incide poco o nulla sulle reali problematiche dell’intero sistema di prevenzione italiano.

D’altronde, per sentire ciò che ANAC ha veramente da dire di interessante, per sconfiggere la corruzione, non bisogna leggere le delibere, le linee guida o i documenti di programmazione dell’Autorità. Piuttosto, bisognerebbe leggere la varia letteratura che i Commissari hanno prodotto in questi anni.

Buona lettura (del PNA)!

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