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Diritti di rogito: si consolida la posizione dei giudici ordinari

V. Giannotti (La Gazzetta degli Enti Locali 4/10/2016)

Da un lato la magistratura contabile e dall’altro quella civile stanno confermando strade diverse in sede di interpretazione delle norme, ampliando le difficoltà da parte dei Comuni nella gestione delle risorse economiche dei propri bilanci. Si è già avuto modo di recente (lagazzettadeglientilocali.it 21 settembre 2016) di stigmatizzare la linea interpretativa dei giudici contabili, iniziata dalla Sezione Autonomie (deliberazione 4 giugno 2015, n. 21) e confermata dalla Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna (deliberazione 15 settembre 2016 n. 74), sulla non debenza dei diritti di rogito ai segretari di fascia A e B nei comuni privi di dirigenza. Inoltre, la sezione emiliano-romagnola evidenziava, senza entrare nel dettaglio, come le conclusioni della Sentenza del Tribunale di Milano (sentenza 18 maggio 2016, n. 1539) non apparissero convincenti da un punto di vista sostanziale, considerata la qualifica dirigenziale rivestita dai citati segretari di fascia A e B. Di parere diverso i giudici ordinari che, con la recente sentenza 29 settembre 2016 n. 2516, sempre del Tribunale di Milano, ma ad opera di altro giudice, confermano le condivisibili conclusioni a cui è pervenuto il giudice di prime cure nella precedente sentenza, precisando come anche ai segretari di fascia A o B spettino i diritti di rogito in assenza di figure dirigenziali nell’ente.

Le motivazioni dei giudici ordinari

Così come i giudici contabili emiliano-romagnoli hanno precisato le motivazioni non convincenti del tribunale ordinario di prime cure, anche nella nuova sentenza del giudice del lavoro viene precisato che “non ignora il giudicante che, anche di recente, la Corte dei conti – da ultimo con la sentenza del 15 settembre 2016 depositata in data odierna dalla parte convenuta (ndr trattasi della deliberazione dell’Emilia-Romagna) – ha espresso un orientamento difforme, nondimeno, non si condividono le argomentazioni ivi esposte”. Continua il giudice del lavoro, dando continuità alla precedente sentenza sempre del Tribunale di Milano, come “deve osservarsi che la stesa interpretazione letterale della normativa in commento (che riconosce i diritti di rogito ai segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale) lascia chiaramente intendere che il legislatore non ha avuto riguardo al trattamento stipendiale (pacificamente parificato tra i segretari di fascia B e quelli di fascia A con qualifica dirigenziale) ma ha inteso introdurre un criterio strettamente limitato alla formale qualifica di appartenenza (giacché, diversamente, non vi sarebbe stato riferimento alla qualifica bensì al trattamento stipendiale”.  

Rispetto ai magistrati contabili, i quali avevano tratto la loro convinzione sulla base del diritto sostanziale, i giudici del lavoro entrano nel diritto formale, verificando in modo particolare l’esatto tenore letterale della normativa emanata dal legislatore. Poiché la normativa esaminata non risulta ostativa all’accoglimento del ricorso, confermano il diritto dei segretari di Fascia A e B che operi in entri privi di dirigenza a percepire i citati diritti di rogito, condannando l’amministrazione al pagamento. Solo le spese di giudizio possono essere considerate compensate, a fronte di una normativa interpretata non certo in modo univoco su tale argomento.

Considerazione finali

Si apre sempre di più una battaglia tra interpretazione normativa diversa da parte dei giudici contabili e di quelli del lavoro, dove solo questi ultimi sono demandanti a conoscere della normativa concernente i diritti dei lavoratori. In questo caso non può non apparire, quanto meno, difficile da parte degli organi decisori stabilire ciò che debba essere effettuato, in quanto tale situazione espone sia gli enti a sopportare i propri oneri di difesa (in presenza di una compensazione delle spese disposte) così come per i lavoratori dipendenti, i quali a fronte delle a volte modeste somme da richiedere, si fanno carico anch’essi degli oneri della propria difesa in giudizio (a fronte delle compensazioni disposte dal giudice), lasciando impoverire sia l’ente che i lavoratori a vantaggio dei professionisti esterni che ne curino la difesa legale.

In tale conflitto tra poteri giurisdizionali, appare fondamentale un intervento del legislatore al fine di chiarire, con una propria interpretazione autentica, la normativa che si presta sempre di più ad interpretazioni difformi.

 

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