Dei cittadini extracomunitari, hanno sostenuto di aver deciso di trasferirsi con la propria famiglia in un piccolo ente locale spinti dal bisogno economico e dallo stato di disoccupazione. Nel gennaio del 2013 avevano chiesto l’iscrizione anagrafica nel predetto Comune.
Uno dei ricorrenti aveva riferito di essere stato contattato personalmente dal sindaco che gli aveva detto di considerare «inammissibile» la presenza nel suo Comune di una numerosa famiglia in precarie condizioni economiche e bisognosa di prestazioni di assistenza da parte dei servizi sociali.
Il Comune privo di possibili risorse economiche per il welfare, pur di agevolare il ritorno al luogo di provenienza del loro nucleo familiare, si era dichiarato disposto a offrire un contributo alle spese sino a quel momento sostenute dai cittadini extracomunitari, che veniva anticipato nella somma di 1.600 euro dal parroco.
I cittadini extracomunitari sono ricorsi, contro le due sentenza sfavorevoli dei giudici del merito, in Cassazione per la condotta discriminatoria del Comune.
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