tratto da luigioliveri.blogspot.com
Contributi: quel buco nero di spese opache e spesso in conflitto di interesse
Funziona più o meno così: il capo di un partito fa sì che nelle liste elettorali siano candidati quelli a lui più vicino, anche nelle elezioni locali. Il presidente di una regione, quindi, a sua volta leader territoriale, incide molto anche per le elezioni dei comuni, specie il capoluogo, ove sostiene il sindaco, che a sua volta, sulla base di accordi politici individua l’assessore.
Un insieme di relazioni strette, nell’ambito del quale la fedeltà è il collante. Fin qui tutto bene, è evidente che un partito non può che affidarsi a persone unite dalla condivisione di idee, ma anche interessi, auspicabilmente rappresentativi di quelli pubblici e dell’elettorato, ma giustificabilmente anche interessi alla rielezione e all’affermazione politica.
Succede, poi, che oltre alla fedeltà si chieda la riconoscenza, specie se gli incarichi politici non sono esattamente il frutto di una spiccata ed evidente leadership o di una capacità di raccogliere autonomamente voti di una propria base elettorale. E la riconoscenza implica la collaborazione alla tessitura del “ritorno” all’investimento in carriera politica che l’entourage politico, per solito molto più ampio di quello occupante posti in presidenze, giunte e consigli, intende recuperare.
Un assessore, specie se giovane, specie se non dotato di proprio elettorato, specie se alle prime armi ed incaricato per la prima volta è il viatico ideale.
L’apparato per fare della politica anche un sistema di interessi non solo pubblici e, come tali in conflitto, è cercare anche la cooptazione di dirigenti e funzionari mediante lo spoil system.
Preparato tutto questo, uno tra gli strumenti principali è l’erogazione di contributi, molto spesso “telecomandati” verso soggetti ben precisi, non di rado accompagnati dalla “consulenza” finalizzata alla produzione o comunque alla gestione dell’iniziativa destinataria.
Mettendo insieme tutti questi ingredienti, il risultato è più o meno quello che si è verificato nel comune di Genova, dove l’ex assessore Elisa Serafini si è dimessa per le pressioni ricevute allo scopo di sostenere finanziariamente una manifestazione, volta con ogni evidenza anche a compensare con una consulenza una candidata al comune non rientrata tra gli eletti.
I trasferimenti correnti nei bilanci dei comuni sono una cifra molto rilevante. Secondo i dati Istat riferiti ai consuntivi del 2017 si tratta di una spesa complessiva di euro 6.008.280.677, l’11,19% della spesa complessiva.
In particolare, i contributi connessi al “sociale” sono circa 2,383 miliardi, quelli per il turismo oltre 137 milioni, per lo sport quasi 139 milioni, per le attività culturali oltre 332 milioni, per l’istruzione quasi 640 milioni.
Un fiume in piena di denaro, che fluisce continuamente dai bilanci dei comuni verso scuole pubbliche e private, associazioni di ogni genere, comitati, fondazioni, associazioni imprenditoriali o produttive, case editrici, compagnie, impresari dello spettacolo, artisti e consulenti di ogni genere.
I trasferimenti a terzi dovrebbero essere gestiti con estrema attenzione. L’articolo 1, comma 16, della legge “anticorruzione”, la legge 190/2012 alla lettera c) qualifica i contributi come procedimento ex lege a particolare rischio di corruzione e conflitto di interessi.
Le erogazioni a questo titolo dovrebbero seguire rigorose procedure “ad evidenza pubblica”. Lo prevede l’articolo 12, comma 1, della legge 241/1990: “La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi“.
Sarebbe necessario, quindi, predeterminare ambiti e materie considerate dal comune di interesse generale ed invitare con bandi o avvisi pubblici i soggetti interessati a presentare progetti, predeterminando criteri molto analitici per considerarli di interesse comune e valorizzare l’apporto finanziario da erogare, indicando modi e condizioni.
Nonostante diffusi e lodevoli sforzi prodotti da molte amministrazioni comunali per giungere ad una maggiore trasparenza, sotto la spinta anche degli estesi obblighi di pubblicità imposti dal d.lgs 33/2013, tuttavia l’erogazione dei contributi resta ancora in gran parte un buco nero.
Come dimostrano i fatti, le procedure pubbliche di selezione molto frequentemente non sono attivate per nulla o sono “cucite” addosso al destinatario preliminarmente gradito.
Non sono per nulla infrequenti, poi, i casi si vera e propria simulazione: si fanno passare per contributi veri e propri appalti o incarichi professionali, visto che le procedure selettive per l’erogazione dei contributi sono molto sfumate e nella gran parte dei casi disciplinate dai regolamenti locali come semplice scelta “discrezionale”.
Il fiume di denaro, quindi, ha molti spazi per muoversi al di fuori delle finalità di interesse pubblico e coltivare reti partitiche o lobbistiche, influenzando carriere.
Il caso del comune di Genova, quindi, non è certamente unico, se non nel suo epilogo, le dimissioni di un assessore.
E tale caso è l’ennesima prova che il sistema di lotta alla corruzione ed ai conflitti di interesse, per come congegnato in Italia, non funziona e non può funzionare. Le norme volte ad imporre adempimenti burocratici quali diffuse pubblicazioni, certo, in qualche misura contribuiscono alla trasparenza, ma la loro efficacia di contrasto a sviamenti nell’utilizzo delle risorse e dei poteri pubblici rispetto a fini di interesse generale è bassissima.
Le rivelazioni dell’ex assessore del comune di Genova hanno indotto, adesso, ad anni di distanza dai fatti, la magistratura ad aprire un’inchiesta.
La domanda da porsi è sempre la stessa: considerando che i contributi, i concorsi, gli appalti, i provvedimenti di concessione, sono necessariamente aree di intervento a rischio, vale la pena aspettare sempre anni ed anni che sia la magistratura ad intervenire?
Non è possibile ridurre la gestione della cosa pubblica alla sola fattispecie penale, anche perchè moltissime volte illegittimità nella gestione non corrispondono ad illeciti penali. Tuttavia, il dispendio inutile di denaro pubblico ed il reticolo di interessi non generali dietro a questo dispendio esistono. Ed andrebbero combattuti efficacemente.
L’unico sistema è introdurre sistemi di controllo non a campione ma estesi a tutti. Nel caso di contributi ed appalti, non può che trattarsi di controlli preventivi di legittimità. In tutti gli altri casi, specie per procedure di avviamento di impresa, i controlli debbono seguire l’autoformazione dei titoli da parte dei privati, ma non debbono incontrare limiti temporali e debbono essere puntuali e riguardare tutti.
Infine, occorre eliminare lo spoil system e sanzionare con la nullità piena la violazione della ripartizione delle competenze.
Controlli esterni di legittimità rafforzano l’apparato tecnico amministrativo e anche gli stessi organi di governo; l’eliminazione dello spoil system scongiura la creazione di conventicole.
Sono riforme irrinunciabili ed indispensabili ormai da anni, ma purtroppo di esse non si trova mai cenno nelle proposte di intervento che pure si susseguono senza sosta.

Nessun tag inserito.

Torna in alto