tratto da Italia Oggi Sette - 03 Giugno 2019

 

P.a. in ritardo è evento ordinario – Il pagamento tardivo non è causa di forza maggiore

di LUCA LABANO – Italia Oggi Sette – 03 Giugno 2019
 
Un ritardato pagamento da parte della pubblica amministrazione non costituisce causa di forza maggiore che giustifica l’ omesso versamento delle imposte. Lo ha stabilito la Commissione tributaria regionale del Lazio, nella sentenza n. 2017 del 3/4/2019, secondo cui il ritardo non può configurare un evento imprevedibile tale da rientrare nella fattispecie di forza maggiore. Piuttosto, il ritardo lamentato dal contribuente è ricorrente e prevedibile. Il collegio ha affrontato questo tema in seguito a una eccezione sollevata da una srl che ha invocato l’ applicazione dell’ art. 6, comma 5, del dlgs n. 472/1997, dal titolo «Cause di non punibilità», secondo cui: «Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore».
Ciò al fine di non pagare le sanzioni e gli interessi conseguenti all’ omesso versamento di ritenute di acconto. La Ctr ha chiarito, confermando la decisione dei giudici di prime cure, che se un imprenditore non ha versato quanto dovuto per ritardo nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione deve comunque essere soggetto al pagamento delle imposte in quanto non si tratta di una giustificazione valida come causa di forza maggiore. Questa decisione si inserisce sulla scia della giurisprudenza unionale (Corte di giustizia Ce C/314/06) secondo la quale la nozione di forza maggiore, in materia tributaria e fiscale, comporta l’ esistenza di un elemento oggettivo (circostanze anormali ed estranee all’ operatore) e di un elemento soggettivo (obbligo dell’ interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’ evento anormale). Non solo.
I giudici di appello hanno rilevato che anche la Cassazione, in linea con la giurisprudenza costante del nostro paese e della Corte di giustizia europea appunto, afferma che non può considerarsi causa di forza maggiore il ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione in quanto prevedibile e considerato ordinario nella gestione dell’ attività di impresa, tale per cui non spinge il ricorrente a un comportamento straordinario al di fuori di quanto quotidianamente accade durante la programmazione della gestione aziendale. Inoltre la posizione espressa dalla Corte di giustizia europea nasce da principi formatisi in contesti diversi, come quello della regolamentazione agricola o delle regole relative ai termini per l’ impugnazione di cui all’ art. 45 dello Statuto della Corte di giustizia («Nessuna decadenza risultante dallo spirare dei termini può essere eccepita quando l’ interessato provi l’ esistenza di un caso fortuito o di forza maggiore»), la nozione di forza maggiore non si limita all’ impossibilità assoluta, ma deve essere intesa nel senso di circostanze anormali e imprevedibili, indipendenti dall’ operatore.
E ancora, elencando le definizioni di causa di forza maggiore, ai sensi dell’ art. 14, n. 1, prima frase, della direttiva 92/12, la nozione è legata al fatto che la sopravvenienza non abbia potuto essere prevista in alcun modo da parte del contribuente. Incombe ai giudici nazionali, tuttavia, verificare se tali condizioni sono soddisfatte nella fattispecie principale. Infatti, una diligenza sufficiente presuppone anche un comportamento attivo continuo, orientato verso l’ identificazione e la valutazione dei rischi potenziali, nonché la capacità di adottare misure adeguate ed efficaci per prevenire la realizzazione di tali rischi. Ne risulta che, come già precisato dalla Corte, la nozione di forza maggiore comporta, come già detto, un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’ operatore, e un elemento soggettivo, costituito dall’ obbligo dell’ interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’ evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi. Nel caso considerato il soggetto in questione non ha adottato tutte le precauzioni, dovute non avendo sopportato rischi eccessivi onde evitare il mancato pagamento delle imposte.
Per tale ragione la Commissione tributaria regionale ha respinto, adeguandosi alle decisioni dei giudici della Corte di giustizia europea e coerentemente con quanto stabilito dalla Corte di legittimità, le eccezioni sollevate dal contribuente. Di diverso tenore la sentenza della Cassazione, la n. 17727 del 29/04/2019, per la quale, a seguito di ricorso inoltrato per una società in fase di liquidazione, in caso di omesso versamento dell’ Iva, l’ imprenditore che si trova nell’ impossibilità per causa di forza maggiore, è assolto perché ha dovuto rispondere di debiti da soddisfare prioritariamente, come da art. 2777 c.c., rispetto ai tributi, come il versamento dei salari e stipendi e di contributi ai lavoratori; per cui trovandosi in periodi di difficoltà economica con scarsa liquidità non ha potuto agire diversamente, trovandosi in una situazione da lui non voluta per dolo o colpa grave e non essendo in grado di reperire altra liquidità tramite prestiti da banche o società finanziarie o accordi con fornitori o clienti.
Peraltro, l’ obbligo civilistico del pagamento dei tributi non versati si riferisce esclusivamente alle imposte sui redditi, per cui secondo il Collegio il principio è soddisfare i crediti secondo un ordine gerarchico come da già citato art. 2777 c.c. che in caso di omessi pagamenti dovuti all’ insufficienza di risorse tipico della fase liquidatoria di un’ attività o di un’ azienda in crisi comporta che nessuno specifico motivo di rimprovero può essere mosso all’ imprenditore o altri. Per dimostrare comunque che sono state adottate tutte le misure necessarie, si accantonano, per esempio, fondi sufficienti per fronteggiare future e prevedibili difficoltà in cui si può incorrere stante l’ attività dell’ impresa e il settore in cui opera. In effetti, anche nel caso di pagamenti in ritardo da parte della pubblica amministrazione, l’ imprenditore deve considerare i tempi che solitamente occorrono per pagare i fornitori. Ecco perché il mancato pagamento da parte di debitori pubblici o privati non integra di per sé la causa di forza maggiore, non essendo esimente il ritardo considerato se l’ imprenditore, come nel caso precedente, non ha provveduto a fronteggiare questi rischi con le dovute precauzioni del caso senza che queste mutassero in costi eccessivi per l’ attività.

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