tratto da diritto.it
Tutela dei dipendenti pubblici che segnalano condotte illecite
di Silvestro Pezzuto
3 marzo 2020
 
La corruzione e la scarsa trasparenza di chi gestisce la cosa pubblica hanno sempre rappresentato un male endemico che ha danneggiato e compromesso il buon funzionamento di una Nazione, causando la perdita della fiducia dei cittadini, che, quotidianamente, assistono  ad episodi di degenerazione morale che, piuttosto frequentemente, interessano alte sfere istituzionali chiamate a tutelare e ad amministrare la cosa pubblica.
Questo fenomeno, purtroppo, è molto diffuso nel mondo e l’Italia occupa posizioni   allarmanti nelle graduatorie che annualmente vengono redatte in occasione di studi  finalizzati alla  quantificazione dei corrotti e delle varie attività perverse che pongono in essere. Basti pensare che nel 2019, in una graduatoria che va dai Paesi meno corrotti ai più corrotti, l’Italia è collocata al 51° posto nel ranking mondiale e al 25° posto in Europa. Questo significa, ad esempio, che in Europa, su 30 Nazioni  esaminate, solo 5 sono più corrotte dell’Italia.
Di fronte  a dati così inquietanti e al disgusto manifestato dai cittadini che hanno consapevolezza di quanto sia grave tale fenomeno, i legislatori di varie nazionalità hanno ritenuto che, per poter combattere, o quantomeno mitigare, la corruzione, fosse utile chiedere la collaborazione di soggetti che, fortemente indignati di quanto accade nel proprio ambito lavorativo, potessero segnalare, secondo un percorso dettagliatamente predefinito, condotte illecite, reati o irregolarità di cui sono venuti a conoscenza.
Sin dai primi casi di  collaborazione, finalizzata  a  far emergere  fatti di corruzione e degenerazione, si è compreso che i soggetti autori di siffatte segnalazioni rischiavano  ritorsioni , demansionamento e quant’altro, sicchè si è reso necessario   introdurre una loro adeguata tutela nell’ordinamento di ciascuno Stato.
I primi interventi in tal senso si sono avuti nei Paesi Anglosassoni, che hanno anche     adottato il termine  “whistleblowing”, che tradotto in italiano significa “soffiare il fischietto” , richiamando la figura dell’arbitro che segnala un fallo.
 
Anche l’Italia ha introdotto il whistleblowing nel proprio ordinamento
Dopo sollecitazioni presenti in convenzioni internazionali  (ONU, OCSE, Consiglio d’Europa) anche l’Italia ha ritenuto di valutare positivamente  la possibilità di introdurre nel proprio ordinamento norme che potessero tutelare la singola persona fisica  che segnala condotte illecite.
L’effettivo recepimento del nuovo istituto del whistleblowing, limitatamente all’ambito della pubblica amministrazione, risale all’anno 2012, allorquando fu approvata la legge 6 novembre 2012, n. 190, (c.d. Legge Severino), intitolata “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” e fu aggiunto l’articolo 54-bis nel d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in base al quale “….il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia”.
Successivamente, il decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 (convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114), ha integrato la predetta norma aggiungendo, tra i soggetti destinatari della denuncia, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), che – istituita con la legge del 6 novembre 2012, n. 190 – è preposta a prevenire e contrastare  i fenomeni corruttivi nell’ambito delle amministrazioni pubbliche e a vigilare sui contratti pubblici.
 
Modifiche apportate all’art. 54-bis
Il legislatore, dopo qualche anno, ha ritenuto di modificare l’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001, riscrivendolo totalmente, con la legge 30 novembre 2017, e rendendo molto più pregnante la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti.
Con la stessa novella è stato anche precisato che per dipendente pubblico si intende “ il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. 165/2001, ivi compreso il dipendente di cui all’art. 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell’art. 2359 del codice civile.”
Il nuovo testo dell’art. 54-bis ha esteso la disciplina di tutela dei lavoratori che segnalano irregolarità  ai dipendenti e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi che prestano la propria opera in favore dell’amministrazione pubblica.
Il legislatore con la stessa novella è anche intervenuto sulla segretezza del nominativo del segnalante prevedendo, con norme molto puntuali, integrative delle precedenti piuttosto scarne, che non ne venga rilevata l’identità e distinguendo le tipologie di procedimento.
Cosicchè è stato precisato che, quando trattasi di procedimento penale, l’identità del segnalante è coperta nei modi e nei limiti prescritti dall’art. 329 del codice di procedura penale e, quindi, fino a quando gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria non possono essere  portati a conoscenza dell’imputato e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.
Nei casi di procedimento dinanzi alla Corte dei conti , l’identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria.
Quando, infine, trattasi di un procedimento disciplinare, non può essere palesato il nominativo del segnalante se la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Nel caso in cui, però, la contestazione sia fondata,  in tutto o in parte, sul contenuto della segnalazione e la conoscenza dell’identità del whistleblower sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.
 
L’accesso agli atti della segnalazione non è consentito
Sempre al fine di tutelare  la segretezza del segnalante  il legislatore ha considerato che le disposizioni di cui innanzi sarebbero risultate in antitesi con il consueto diritto di accesso agli atti normalmente riconosciuto e ha disposto che la segnalazione sia sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge  7 agosto 1990, n. 241.
Le condotte illecite, di cui il dipendente sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, possono  essere inviate,  così come stabilito dall’art. 54-bis, 1°comma :
-al Responsabile della prevenzione  della  corruzione e della trasparenza (RPCT) ove si è verificata la condotta illecita;
-all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC);
-all’Autorità giudiziaria ordinaria o contabile (sotto forma di denuncia).
Allorquando, invece, il dipendente debba far conoscere l’adozione – da parte dell’Amministrazione di appartenenza – nei suoi confronti  di misure ritorsive conseguenti ad una sua segnalazione di condotte illecite, l’invio può essere fatto solo all’ANAC, in quanto unica competente ad accertare, mediante specifica istruttoria, l’esistenza di misure discriminatorie ed eventualmente applicare una  sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti dell’Amministrazione o Ente di appartenenza del dipendente vittima di ritorsioni.
Linee Guida dell’ANAC adottate nel 2015
Al fine di garantire una puntuale disciplina delle modalità di presentazione e gestione delle segnalazioni, il legislatore, nel comma 5° dell’articolo 54-bis, del d. lgs. 165/2001, ha disposto che l’ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotti apposite Linee Guida che prevedano l’utilizzo di modalità anche informatiche e nel contempo, attraverso strumenti di crittografia, garantiscano la segretezza dell’identità del segnalante.
In esecuzione  a quanto disposto dal legislatore, l’ANAC, con Determina n. 6 del 28 aprile 2015, ha approvato le “Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti  (c.d. Whistleblowing)” e con esse, in modo  puntuale e meticoloso, ha fornito utili e preziose indicazioni, in particolare, sui dipendenti pubblici e amministrazioni pubbliche destinatari delle norme; sulle modalità di comunicazione e gestione delle segnalazioni; sulla  riservatezza dell’identità e tutela del dipendente che segnala condotte illecite.
Molta attenzione, nelle Linee Guida, è stata destinata  all’oggetto della segnalazione, che può essere considerato meritevole di tutela allorquando trattasi di ipotesi di corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio e corruzione in atti giudiziari. Parimenti possono essere segnalate le situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso, da parte di un soggetto, del potere a lui affidato per ottenere vantaggi privati, ovvero allorquando si verifichi un mal funzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite (false dichiarazioni, irregolarità contabili, assunzioni non trasparenti, nepotismo, demansionamento, ecc.).
Le segnalazioni devono riguardare casi o fatti  di cui il dipendente abbia avuto diretta conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, ma possono concernere anche notizie acquisite casualmente nel corso dello svolgimento delle mansioni lavorative.
Casi di segnalazione si possono avere anche qualora il dipendente sia stato trasferito, distaccato o comandato in altra amministrazione e ritenga di dover riferire di fatti accaduti nell’amministrazione di provenienza. In tale ipotesi l’amministrazione che riceve la segnalazione la trasmette, per quanto di competenza, all’amministrazione cui i fatti si riferiscono, oppure la invia direttamente all’ANAC.
Le segnalazioni devono essere circostanziate
Le segnalazioni devono essere, nella massima misura possibile, circostanziate e contenere notizie relative al  tempo e al luogo in cui si sia verificato il fatto, nonché fornire elementi utili all’identificazione del soggetto autore dei fatti segnalati. Eventuale documentazione che possa dare più attendibilità alla segnalazione risulterà sicuramente utile a rendere la comunicazione meritevole di  maggiore attenzione.
E’ evidente che nessuna rilevanza sarà destinata alle segnalazioni fondate su meri sospetti o voci, perchè trattasi di situazioni poco attendibili e non certo sufficienti ad attivare il percorso di tutela del whistleblower .
Parimenti non sarà data importanza  alle segnalazioni con le quali alcuni pubblici dipendenti si rivolgono all’ANAC, non per far conoscere questioni relative a condotte illecite, ovvero disfunzioni in danno dell’interesse pubblico, ma unicamente per rappresentare situazioni personali che nulla hanno a che fare con la ratio della legge.
Quanto appena detto è stato opportunamente fatto rilevare nel “ 4° Rapporto annuale sull’applicazione del whistleblowing” , presentato dall’ANAC il 16 luglio 2019, ove, con una definizione abbastanza colorita e pregnante, viene detto che “l’Autorità non ha ancora perduto il proprio ruolo di sfogatoio per molti pubblici dipendenti”.
Riservatezza dell’identità del segnalante
Molta attenzione, come già anticipato innanzi, viene destinata dal legislatore  alla riservatezza dell’identità  di colui che effettua la segnalazione, al fine di tutelarlo sin dal  momento in cui compie la prima azione e in tutte le successive fasi che eventualmente potranno seguire.
Riguardo ad eventuali difficoltà che posso sorgere nei casi di segnalazioni anonime, è opportuna  una breve riflessione, in quanto nelle Linee Guida dell’ANAC, di cui alla Determina n. 6 del 28 aprile 2015 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 110, del 14 maggio 2015), è detto che “l’Autorità prende in considerazione anche le segnalazioni anonime, ove queste siano adeguatamente circostanziate  e rese con dovizia di particolari, ove cioè siano in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati”.
Nelle stesse Linee Guida viene, però, anche fatto rilevare che il legislatore all’art. 54-bis del d. lgs. 165/2001, si occupa unicamente dei dipendenti pubblici che si espongono in prima persona e non considera proprio coloro che vogliono far scoprire condotte illecite, ma non far conoscere la loro identità.
In ogni caso l’ANAC, pur consapevole che tali segnalazioni non rientrano tra quelle contemplate dalla norma e pur sapendo che non possono essere trattate nelle forme ordinarie, ritiene, comunque, dibprenderle in considerazione, attraverso un canale distinto, purchè “ adeguatamente circostanziate e rese con dovizia di particolari”.
Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti
Il dipendente che, al fine di far emergere irregolarità nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, segnali condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altre misure organizzative aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro conseguenti alla segnalazione.
Così come anche previsto dal 1° comma dell’articolo 54-bis, del d. lgs. 165/2001, l’adozione di misure ritorsive nei confronti dell’autore della segnalazione viene comunicata all’ANAC dall’interessato, ovvero dalle Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative presenti nell’amministrazione di appartenenza del dipendente.
Di quanto innanzi l’ANAC deve informare il Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.
E’ evidente che il legislatore con tali norme si è preoccupato di assicurare un riconoscimento, che si identifica con una sorta di protezione, al dipendente che, a seguito della segnalazione, corre il rischio di compromettere le proprie condizioni lavorative.
A tal riguardo un esempio emblematico, spesso richiamato negli scritti inerenti al whistleblowing, lo ritroviamo nel caso di Andrea Franzoso, un dipendente di “Ferrovie Nord Milano”, che denunciò nel 2015 alcune irregolarità riscontrate nell’Azienda ove prestava servizio e, a seguito della sua segnalazione, la Procura della Repubblica di Milano avviò un’indagine che portò all’accertamento di  illeciti  e alle dimissioni dell’allora Presidente della Società .
Per tale comportamento il Franzoso fu inizialmente esautorato dai suoi incarichi e successivamente trasferito ad altro ufficio, con un ruolo marginale, ma le norme di cui ci stiamo occupando hanno reso possibile tutelare la sua figura da tali azioni ritorsive, sicchè, dopo qualche anno, è stato considerato difensore della legalità e riassunto in servizio con i riconoscimenti dovuti e incarichi di rilievo.
L’ANAC deve attivare un percorso istruttorio approfondito
Ritornando ora alle azioni di protezione di competenza dell’ANAC, va detto che quest’ultima, dopo aver ricevuto le segnalazioni, dovrà attivare un percorso istruttorio molto accurato al fine di accertare se l’amministrazione di titolarità del dipendente  abbia adottato, nei confronti del proprio subordinato autore della segnalazione, misure discriminatorie conseguenti alla segnalazione di illeciti.
In caso positivo il legislatore, al comma 6 dell’articolo 54-bis, del d.lgs. 165/2001 , ha stabilito che, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l’ANAC deve applicare a colui che ha adottato la misura considerata discriminatoria una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro.
Tale sanzione sarà maggiorata in misura da 10.000 a 50.000 euro nei casi ritenuti più gravi, qualora si accerti l’assenza di procedure per l’inoltro e la gestione della segnalazione, ovvero il mancato ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante, nonchè del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
Il legislatore, nello stesso comma 6 dell’art. 54-bis, affida, comunque, all’ANAC la possibilità di determinare l’entità della sanzione in considerazione delle dimensioni dell’amministrazione o dell’ente cui si riferisce la segnalazione.
Va anche detto che è a carico dell’amministrazione l’onere di provare che le misure discriminatorie  o ritorsive, adottate nei confronti del segnalante, siano motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa.
Le tutele, riconosciute per espressa previsione normativa (art. 54-bis), cessano qualora sia accertata, anche con sentenza non definitiva di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per i reati connessi alla denuncia, ovvero la sua responsabilità civile, per aver riferito informazioni false riportate intenzionalmente con dolo o colpa grave.
Di conseguenza si perdono le tutele e la segnalazione non beneficia più della sottrazione all’accesso, sicchè possono emergere anche nei confronti del dipendente condotte che determinano l’attivazione di percorsi sanzionatori per illeciti disciplinari.
Come si è detto innanzi, per effetto del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 (convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114), l’Autorità Nazionale Anticorruzione è diventata destinataria di segnalazioni di whistleblowing provenienti dalle amministrazioni pubbliche.
L’ANAC elabora un rapporto annuale sull’applicazione del whistleblowing
Per rendere noto quanto posto in essere in materia  di condotte illecite e farne conoscere  le criticità, nonché l’efficacia del whistleblowing come strumento di prevenzione della corruzione, il Consiglio dell’Autorità Anticorruzione , ad aprile del 2016, ha deciso di avviare una valutazione periodica, con cadenza annuale, inerente sia alle segnalazioni ricevute direttamente dai pubblici dipendenti, sia a quelle pervenute da un campione di quaranta soggetti pubblici (amministrazioni ed enti alle stesse equiparati).
L’ultimo rapporto annuale è stato presentato dall’ANAC il 16 luglio 2019 : è molto dettagliato  e offre numerose notizie che stimolano la curiosità e favoriscono  valutazioni qualitative sulle segnalazioni pervenute.
Vi sono dati analitici e aggregati che lasciano ben comprendere il fenomeno del whistleblowing nelle sue varie articolazioni territoriali, che evidenziano l’area geografica di provenienza delle segnalazione e la loro tipologia.
Un primo dato, che lascia ben comprendere la diffusione graduale e costante dell’istituto del whistleblowing, riguarda il numero di segnalazioni pervenute da cui si rileva che negli ultimi cinque anni (dal 2015 al 2019) sono cresciute costantemente: infatti, nel 2015 erano 125; nel 2016,  183; nel 2017,  364; nel 2018,  783 e nel 2019, fino al 30 giugno, 439.
Riguardo all’erea geografica di provenienza delle segnalazioni, va detto che esse sono arrivate da tutta l’Italia, ma prevalentemente dal “Sud e Isole” . Nell’anno 2019,  fino al 30 giugno, le  percentuali erano così distribuite. Nord  26%; Centro 20,1% ; Sud e Isole 51,7% ; Non indicata 2,2%.
Per quanto concerne i soggetti che hanno effettuato le segnalazioni, si rileva che la grande maggioranza è rappresentata dai dipendenti pubblici intesi genericamente, e tra essi figurano i docenti, i ricercatori universitari, il personale sanitario, ecc.
Dal 2018,  a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 30 novembre 2017, n. 179, si sono aggiunti, tra i soggetti segnalanti, i dipendenti degli Enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, i lavoratori e i collaboratori delle imprese fornitrici di beni e servizi, nonché i lavoratori delle imprese che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica .
Per quanto concerne l’amministrazione di appartenenza del segnalante, sia nell’intero anno 2018, che nel 2019 (fino al 30 giugno), il maggior numero di segnalazioni è pervenuto dai dipendenti delle Regioni ed Enti Locali; seguono nell’ordine i dipendenti di altre Amministrazioni ed Enti Pubblici (Ministeri, Enti previdenziali, Autorità indipendenti, Agenzie pubbliche, ecc.); i dipendenti di Aziende Sanitarie ed Ospedaliere; i dipendenti di Istituzioni scolastiche, di Formazione e ricerca; i dipendenti di Società pubbliche e private.
Riguardo, infine, alle tipologie delle condotte illecite segnalate, sempre riferite all’intero anno 2018 e fino al 30 giugno del 2019, il maggior numero interessa  gli appalti illegittimi; cui seguono, nell’ordine, casi di corruzione, cattiva amministrazione, abuso di potere;  concorsi illegittimi ; cattiva gestione delle risorse pubbliche e danno erariale; conflitto di interesse; adozione di misure discriminatorie; incarichi e nomine illegittime ; mancata attuazione della disciplina anticorruzione.
 
Nuove Linee Guida dell’ANAC adottate nel 2019 e in corso di definizione
A distanza di qualche anno dal varo delle Linee Guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, approvata con Determinazione n. 6 del 28 aprile 2015, l’ANAC ha ritenuto di rivedere le precedenti disposizioni modificandole laddove necessario, ma soprattutto integrandole con specifiche disposizioni  molto puntuali e meticolose, sia nella parte relativa  all’ambito di applicazione dell’istituto del whistleblowing, sia nella gestione delle segnalazioni, prevedendo anche una implementazione della piattaforma informatica al fine di semplificare e accelerare, attraverso specifici canali dedicati, le segnalazioni delle condotte illecite e delle misure ritorsive.
Cosicchè, con documento in consultazione del 24 luglio 2019, l’ANAC ha pubblicato lo schema di “Linee guida in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza in ragione di un rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 54-bis, del d. lgs 165/2001 (c.d. Whistleblowing)” , approvato, in via preliminare, dal Consiglio dell’Autorità nell’adunanza del 23 luglio 2019.
Queste nuove disposizioni, molto più dettagliate  delle precedenti, sono suddivise sostanzialmente in tre parti e vengono proposte con vari sottotitoli che ne rendono agevole la ricerca e la consultazione.
La prima parte è destinata all’ambito di applicazione della disciplina sulla tutela  del dipendente che segnala condotte illecite e introduce significative innovazioni che tengono conto anche delle modifiche apportate all’art. 54-bis dalla legge 179/2017 (ancora non esistente al momento delle precedenti Linee Guida), ampliando la platea dei soggetti destinatari rispetto al previgente art. 54-bis che si riferiva genericamente ai “dipendenti pubblici”.
A tal riguardo l’ANAC precisa che, a proprio avviso,  la disciplina sul whistleblowing si applica  a tutte le amministrazioni pubbliche destinatarie della normativa sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza, ai sensi dell’art. 1, comma 2-bis, della legge 190/2012.
Riguardo, poi, ai soggetti tutelati, l’ANAC ritiene che l’istituto del whistleblowing è finalizzato alla tutela della singola persona fisica e le segnalazioni di condotte illecite  devono essere effettuate da parte di pubblici dipendenti, escludendo quelle di altri soggetti, ivi comprese le organizzazioni sindacali, che non rientrano nella previsione normativa dell’art. 54-bis .
Viceversa i collaboratori e consulenti della pubblica amministrazione, con qualsiasi tipologia di incarico o contratto (anche stagisti o tirocinanti), rientrano nella disciplina sul whistleblowing per effetto dell’estensione – operata dall’art. 2, comma 3 , del D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 – degli obblighi di condotta previsti dal codice di comportamento dei dipendenti pubblici a tutti i collaboratori o consulenti.
Le nuove Linee Guida, con estrema chiarezza, fissano i presupposti per riconoscere al segnalante la tutela dell’art. 54-bis e, pertanto, la segnalazione deve essere effettuata “nell’interesse all’integrità della pubblica amministrazione” ; deve avere ad oggetto “condotte illecite”  di cui il dipendente sia venuto a conoscenza “in ragione del proprio rapporto di lavoro”  e deve essere inviata ad almeno uno dei quattro destinatari indicati nell’art. 54-bis, comma 1.
La seconda parte delle nuove Linee Guida disciplina la gestione delle segnalazioni nelle amministrazioni e negli enti, destinando molta attenzione al RPCT (Responsabile Prevenzione Corruzione Trasparenza),  cui riconosce un ruolo fondamentale nella gestione delle segnalazioni in quanto , oltre a ricevere e prendere in carico le segnalazioni, deve porre in essere gli atti necessari ad una prima attività di verifica e di analisi delle comunicazioni ricevute. Tale attività è obbligatoria e, in caso di inosservanza, l’ANAC è tenuta ad applicare, per espressa previsione normativa (art. 54-bis , commi 1 e 6),  specifiche sanzioni pecuniarie da irrogare ai sensi del “Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio” , adottato dall’ANAC con Delibera n. 1033, del 30 ottobre 2018.
La figura del RPCT assume particolare rilevanza nelle nuove Linee Guida perchè la vecchia formulazione dell’art. 45-bis, che, come detto, è stato modificato dalla legge 179/2017, non contemplava, tra i soggetti destinatari delle segnalazione, il RPCT , ma si riferiva al “superiore gerarchico” che veniva investito di tale competenza solo per effetto di una organizzazione interna dell”ufficio.
Molta attenzione viene anche destinata alla tutela del dipendente che segnala illeciti, garantendo, oltre alla riservatezza dell’identità, anche la segretezza del  contenuto della segnalazione e la relativa documentazione eventualmente ad essa allegata.
Nella  terza parte delle Linee Guida vengono disciplinate le modalità di presentazione delle segnalazioni e delle comunicazioni delle misure ritorsive mediante specifica modulistica, resa disponibile dall’ANAC, da inviare su un’apposita piattaforma informatica, utilizzando il link: “Whistleblowing – Segnalazione di illeciti”.
 
Parere del garante per la protezione dei dati personali
Lo schema delle Linee Guida, di cui si è detto finora, è stato sottoposto in consultazione, da parte dell’ANAC, per il periodo dal 24 luglio al 15 settembre 2019 e successivamente, il 6 novembre 2019, è stato trasmesso al Garante per la protezione dei dati personali affinchè venisse acquisito il prescritto parere.
In data 4 dicembre 2019, il Garante ha espresso  parere favorevole, ponendo,  però, alcune condizioni e osservazioni finalizzate a preservare l’identità di chi segnala riservatamente condotte illecite  e facilita l’individuazione di fenomeni corruttivi.
E’ stato, tra l’altro, fatto rilevare che la tabella, riportata nelle Linee Guida, ove è presente una elencazione minuziosa  delle attività che potrebbero configurare le condotte illecite suscettibili di denuncia, rischia di indurre gli enti tenuti a garantire la tutela dei segnalanti ad effettuare un trattamento dei dati personali eccedenti rispetto a quelli previsti dalla normativa e si chiede, pertanto, di rivedere siffatta  tabella ricomprendendo ipotesi di carattere più generale.
Altra richiesta del Garante è riferita alla necessità di modificare le Linee Guida prevedendo che, qualora le esigenze istruttorie richiedano che altri uffici, all’interno dell’amministrazione , debbano essere messi a conoscenza del contenuto della segnalazione o della documentazione ad essa allegata , non debba essere rilevata l’identità del segnalante, provvedendo ad espungerne i dati identificativi e ogni altro elemento che ne possa indirettamente consentire l’identificazione.
Al momento di  ultimazione del presente scritto le nuove Linee Guida poste in consultazione il 24 luglio 2019 non risultano ancora definitivamente approvate con specifica Determina dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, anche se il percorso istruttorio (consultazione, acquisizione di pareri, ecc.) è prossimo al traguardo.
Per una più completa conoscenza delle norme che disciplinano l’istituto del whistleblowing, si riporta, di seguito, una elencazione cronologica di leggi, regolamenti, determinazioni, direttive, linee guida, ecc. che hanno riguardato tale materia.
 
Riferimenti normativi
Art. 54-bis d. lgs. 30 marzo 2001, n.165 (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti);
D. lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300);
Legge 28 giugno 2012, n. 112 (Ratifica ed esecuzione della convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999);
Legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione);
D. L. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari) – Convertito in Legge 11 agosto 2014, n. 114;
Determinazione dell’ANAC n. 6 del 28 aprile 2015 (Linee giuda in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti – c.d. Whistleblowing );
Legge 30 novembre 2017, n. 179 (Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato);
Delibera dell’ANAC n. 840 del 2 ottobre 2018 (Parere sulla corretta interpretazione dei compiti del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT);
Regolamento dell’ANAC del 30 ottobre 2018 (Esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro di cui all’art. 54-bis d. lgs. 165/2001 – c.d. Whistleblowing);
Delibera ANAC n. 312 del 10 aprile 2019 (Modifiche all’art. 13 del Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro, precedentemente approvato dall’ANAC con delibera n. 1033 del 30 ottobre 2018);
Quarto Rapporto annuale dell’ANAC sull’applicazione del Whistleblowing, datato 16 luglio 2019;
Linee guida in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza in ragione di un rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 54-bis, del d. lgs. 165/2001 – c.d. Whistleblowing – approvate, in via preliminare, dal Consiglio dell’ANAC nell’adunanza del 23 luglio 2019 e poste in consultazione il 24 luglio 2019;
Direttiva Unione Europea n.1937/2019 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 26 novembre 2019).

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