La sentenza del Tar Toscana, Sezione II, 18.11.2020, n. 1441 teorizza l’opportunità che le amministrazioni prevedano criteri di rotazione dei commissari delle gare d’appalto.
E’ una pronuncia che rappresenta esattamente gli ostacoli normativi e giurisprudenziali frapposti alla gestione ed allo spazio discrezionale organizzativo che essa richiede. La sentenza è l’ennesima ingerenza nell’organizzazione, in nome di principi, come quello della “rotazione” impugnati come anfore per le libagioni in onore degli dei da parte delle vestali: qualcosa di sacrale, rituale. Come tale, imposto, irreale, lontano dalla realtà.
La rotazione dei commissari è prevista solo ed esclusivamente nell’ambito del funzionamento del sistema di scelta dall’albo, previsto dall’articolo 77, comma 2, del codice dei contratti.
Un sistema farraginoso e bizantino, che determina ulteriori inciampi operativi nella già complicatissima sequenza per gestire i contratti, influenzato dalla pressione delle lobby dei professionisti, che hanno sgomitato in tutti i modi per ottenere spazio per incarichi dalle PA nelle commissioni, estromettendo le professionalità interne.
Strano che si parli sempre della valorizzazione delle professionalità dei dipendenti pubblici, ma poi prevalgono o sospetti preconcetti sulla carenza di terzietà ed imparzialità o necessità di valorizzare il mercato esterno.
Il caso della disciplina delle commissioni di gara è emblematico: il codice ha introdotto un sistema che si basa sulla presunzione, appunto, o di incompetenza o di conflitto di interesse dei dipendenti pubblici, per introdurre un albo di gestione impossibile, con una procedura di estrazione complessa all’inverosimile, corredata da compensi stratosferici.
Una follia normativa, che per fortuna non è ancora entrata in vigore, visto che l’operatività di queste norme è sospesa fino al 31.12.2021.
Che un Tar pensi di poter estendere anche il solo principio di rotazione, proprio solo dell’estrazione da un albo professionale, mentre ancora la norma non è operante è ad un tempo assurdo e imbarazzante.
La giurisprudenza continua ad esprimere interpretazioni volte a creare superfetazioni normative, quasi alla ricerca di un ruolo legislativo, più che di applicazione delle norme.
Ma, così facendo, si contribuisce solo all’ulteriore complicazione della gestione, creando ulteriori ostacoli.
Nelle analisi di chi esprime pensosi “paper” o proposte per dare efficienza all’amministrazione pubblica, manca costantemente un minimo pensavo siero sia alla necessità di mettere un freno alle tante torri di Babele normative, delle quali la regola per la nomina delle commissioni di gara è l’archetipo, sia per porre un freno all’esondazione continua della giurisprudenza (ma anche delle troppe Autorità). Le gride manzoniane sono ancora troppe e crescono sempre di più. Non se lo può permettere un Paese che intende approfittare dell’occasione del Next Generation UE.
Nessun tag inserito.