21/05/2016 – Sul prossimo obbligo per i dirigenti pubblici di pubblicare nella sezione trasparenza dei siti delle amministrazioni di appartenenza, la loro situazione patrimoniale.

Sul prossimo obbligo per i dirigenti pubblici di pubblicare nella sezione trasparenza dei siti delle amministrazioni di appartenenza, la loro situazione patrimoniale.

di Daniele Perotti

segretario generale del Comune di Bergamo

C’è una enorme differenza fra i cittadini e il volgo (declinando i due concetti in termini marxiani il paragone sarebbe quello fra arbeiterklasse e lumpenploretariat). La nostra Costituzione, nei suoi principi fondamentali, ha tracciato la strada per costruire i cittadini emancipando il popolo dalla condizione di volgo.

Quando però la classe politica smarrisce i principi fondamentali allora cerca un consenso plebeo e la legittimazione attraverso la demagogia facendo leva sui peggiori istinti delle parti culturalmente deprivate e più vulnerabili della società perdendo così ogni interesse a lavorare per la loro emancipazione.

Questo atteggiamento, può trasformare la ricerca della trasparenza, nell’azione amministrativa e politica, da valore di civiltà e democrazia in disvalore voyeuristico. Ma che può funzionare (forse) per conquistare qualche effimero consenso.

E’ quello che è successo con la nuova legge sulla trasparenza il cosiddetto Freedom of information act all’italiana, laddove viene esteso anche ai dirigenti pubblici l’obbligo di pubblicare nella sezione trasparenza dei siti delle amministrazioni di appartenenza, la loro situazione patrimoniale, obbligo già vigente per i pubblici amministratori.

Va ricordato che già oggi i dirigenti pubblici depositano  presso le rispettive amministrazioni, aggiornandole annualmente, se cambiate, le loro situazioni patrimoniali che però non sono pubblicate.

Diverso è per gli amministratori eletti perché è diverso è il loro status in quanto quello della classe politica è un “patto” con i cittadini elettori compatibile con l’esigenza di questi ultimi anche di conoscere la situazione patrimoniale dei candidati alle cariche pubbliche, sia eligendi che eletti. Da ciò infatti gli elettori possono ricavare quegli elementi, più o meno fiduciari, da cui far derivare il loro giudizio politico e personale sul candidato e per cui esprimere un voto ed un sostegno o una avversione consapevoli.

Mentre completamente diverso è il caso dei dirigenti pubblici i cui compensi, erogati dalla  amministrazione di appartenenza (ma vale anche per i compensi derivanti da rapporti professionali autorizzati e occasionali con altri soggetti) sono già  pubblici e presenti nella sezione trasparenza dei siti delle relative amministrazioni. I dirigenti pubblici non hanno “patti” con gli elettori ma contratti individuali di diritto privato stipulati con le relative amministrazioni  dopo il superamento di concorsi pubblici (art. 97 c. 3° Cost) ed entro la cornice dei rispettivi CCNL (art. 2 c.2 d.lgs. 165/2001).

Non risulta che normalmente nei CCNL o nei contratti individuali sia stato previsto che l’amministrazione datore di lavoro possa imporre, invadendo la sfera della vita privata del lavoratore, che questi pubblichi la propria situazione patrimoniale sul sito internet del datore di lavoro medesimo. E’ il caso di ricordare che l’art. 8 dello Statuto dei lavoratori vieta al datore di lavoro, sia ai fini dell’assunzione che nel corso dello svolgimento del rapporto, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore. A maggior ragione se si pretende di acquisire e divulgare tali fatti o condizioni tramite il sito internet dell’amministrazione datore di lavoro. E’ infatti pacifico che nulla ha a che fare con la natura della prestazione professionale del dirigente pubblico la sua situazione patrimoniale personale. Non si comprende quale attinenza possa esservi infatti fra l’esercizio della funzione dirigenziale e le eventuali  proprietà immobiliari o mobiliari del medesimo. Ma soprattutto, mentre si comprende benissimo che i titolari di cariche elettive possano e debbano essere sottoposti ad un “controllo sociale” anche molto penetrante nascente dal “patto” con gli elettori stipulato preventivamente, al quale gli eligendi hanno liberamente scelto di sottoporsi e che comprende anche la piena visibilità dei loro dati patrimoniali, non si comprende invece a quale controllo sociale debba esser sottoposto il dirigente pubblico che il “patto”, attraverso il contratto di lavoro, lo ha stipulato con la persona giuridica dell’amministrazione da cui è dipendente, patto che non include la messa a disposizione a fini di pubblicità dei suoi dati patrimoniali personali o peggio, di quelli dei famigliari.

Si badi bene, qui non si mette in discussione l’esigenza dei controlli anche sul patrimonio dei dirigenti al fine di evidenziare anomalie che possano indurre ad approfondimenti volti ad accertare comportamenti illeciti. Infatti per tale fine il mezzo è già previsto dall’ordinamento e consiste nella messa disposizione dell’amministrazione dei dati patrimoniali.

Essendo quindi già soddisfatta pienamente l’esigenza di controllo volta ad individuare, prevenire e scongiurare eventuali comportamenti illeciti qual è l’esigenza che si pretende di soddisfare dando luogo anche alla pubblicazione dei dati patrimoniali?

Se il fine del “controllo pubblico” è il medesimo di quello già posto in essere dalla amministrazione  esso non può certo ritenersi più efficace o comunque di qualche  utilità perché nulla aggiunge a quanto già necessario per il controllo sull’operato dirigenziale.

Perciò si deve pensare che il fine sia altro.

Quale?  Visto che il dirigente pubblico, come s’è detto, non è ne deve essere sottoposto a giudizio elettorale ma solo professionale da parte degli organi di valutazione a tal fine deputati e già ben presenti nell’ordinamento.

La risposta può essere solo una: un simile previsione è irragionevole, è demagogica e utile a vellicare curiosità e voyeurismi e forse qualche consenso per la classe politica che l’ha partorita,  non certo a soddisfare alcuna esigenza di trasparenza o di controllo sull’operato dei dirigenti.

 

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