16/05/2018 – I vincoli di finanza pubblica per gli enti locali in materia di personale (seconda parte)

I vincoli di finanza pubblica per gli enti locali in materia di personale (seconda parte)

In ordine all’elencazione dei vincoli assunzionali generali cui sono soggette tutte le amministrazioni e agli ulteriori specifici previsti dal legislatore per gli enti locali, appare preliminarmente necessario evidenziare che l’articolo 6 del d.lgs 30 marzo 2001 n. 165  recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (di seguito d.lgs 165/2001), all’attuale comma 2 terzo periodo dispone “ …..le amministrazioni pubbliche curano l’ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale, anche con riferimento alle unità di cui all’articolo 35, comma 2”.

Giova, altresì sinteticamente elencare di seguito, le varie tipologie di mobilità previste dalla normativa vigente:

  • mobilità (imposta) per ricollocazione (ai sensi degli artt. 34 e 34 bis del d.lgs 165/2001 e 2 comma 13 del D.L. 95/2012).
  • mobilità obbligatoria (necessario presupposto delle procedure  concorsuali di reclutamento) ex art. 30 comma 2 bis del d.lgs 165/2001.
  • mobilità volontaria concordata o reciproca ex art. 6 e  30 comma 1, del d.lgs 165/2001 (sulla  possibilità di attivare una procedura di mobilità per interscambio – per compensazione – tra Enti dello stesso comparto pur in costanza di abrogazione. con decorrenza 05/06/2012 ex art. 62 del D.L. 9/2/2012, n. 5, convertito con modificazioni nella L. 35/2012, dell’art. 6 comma 20 del D.P.R. 268/87 che prevedeva il ricorso a detta procedura. sul mantenimento del ricorso a tale tipologia di mobilità pur  a seguito dell’abrogazione del che recepiva il CCNL ove veniva prevista specificatamente si veda  la deliberazione della Sezione regionale di controllo per il Veneto n. 65/2013/PAR ).
  • mobilità  interna di cui all’art. 30 comma 2 d.lgs 165/2001 ed ex art. 1, comma 29  della legge 148/2011 (seppur ora abrogato dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90) (prodromica alla mobilità imposta).
  • mobilità collettiva (art. 6, comma 2, secondo periodo e riscritto art. 33 del d.lgs 165/2001).
  • mobilità (imposta) per ricollocazione del personale delle Province (ex art. 1 commi da 422 a 428 della legge 190/2014).

Vanno poi richiamate alcune disposizioni attualmente vigenti che favoriscono per le amministrazioni locali il ricorso all’istituto della mobilità quali:

  • l’art. 39, comma 3 ultimo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (collegato alla legge finanziaria per il 1998) Le assunzioni restano comunque subordinate all’indisponibilità di personale da trasferire secondo le vigenti procedure di mobilità e possono essere disposte esclusivamente presso le sedi che presentino le maggiori carenze di personale. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle assunzioni previste da norme speciali o derogatorie”.
  • l’art. 1, comma 557, della Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria per il 2005) ove si prevede che “i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a  rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell’attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre Amministrazioni locali purché  autorizzati  dall’Amministrazione di provenienza” (circa i caratteri e l’applicabilità di detta disposizione cfr. Corte dei conti Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 17/Par/2008/Cons.);
  • l’articolo 1, comma 47 della legge 30 dicembre 2004 n. 311  che dispone In vigenza di disposizioni che stabiliscono un regime di limitazione delle assunzioni di personale a tempo indeterminato, sono consentiti trasferimenti per mobilità, anche intercompartimentale, tra amministrazioni sottoposte al regime di limitazione, nel rispetto delle disposizioni sulle dotazioni organiche e, per gli enti locali, purché abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l’anno precedente”.

L’articolo 30, del richiamato d.lgs 165/2001, al primo e secondo periodo del comma 1, poi dispone “Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza. Le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere”.

La medesima norma, al comma 2 bis stabilisce, altresì che “Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all’immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza; il trasferimento può essere disposto anche se la vacanza sia presente in area diversa da quella di inquadramento assicurando la necessaria neutralità finanziaria”.

In pratica, la norma coerentemente con l’ordine fissato dal richiamato articolo 6 del d.lgs 165/2001 impone alle amministrazioni, in ordine ai propri fabbisogni di personale, di ricoprire i “…posti vacanti in organico necessariamente e prioritariamente mediante passaggio diretto di dipendenti …”  con ricorso alla procedura di mobilità volontaria di cui al comma 1 del medesimo articolo 30 e solo poi, ove questa non vada a buon fine, al reclutamento.

Il principio che sta alla base della necessaria priorità della procedura di mobilità rispetto al reclutamento è noto e sullo stesso vi sono state approdi interpretativi ormai consolidati anche da parte delle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti.

Si richiamano sinteticamente i seguenti principi interpretativi di volta in volta affermati:

  • “La mobilità si configura, dunque, come strumento per una più razionale distribuzione del personale tra le diverse amministrazioni preliminare alla decisione di bandire procedure concorsuali in ossequio al principio che, prima di procedere alla immissione, nei limiti consentiti dall’ordinamento, di nuovo personale, appare opportuno sperimentare iniziative volte ad una migliore e più razionale collocazione dei dipendenti già in servizio presso amministrazioni diverse (SS.RR. in sede di controllo Deliberazione n. 53/2010)”;
  • “……….relativamente agli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno, nei confronti dei quali operano i vincoli in materia di assunzione previsti dall’articolo 1, comma 562 della legge n. 296 del 2006, le cessioni per mobilità volontaria possono essere considerate come equiparabili a quelle intervenute per collocamento a riposo nella sola ipotesi in cui l’ente ricevente non sia a sua volta sottoposto a vincoli assunzionali” (SS.RR. in sede di controllo Deliberazione n. 53/2010)”;
  • “…….Diverso il caso in cui un ente sottoposto a limitazioni dia l’assenso al trasferimento di un proprio dipendente presso amministrazioni non soggette a vincoli assunzionali. In tal caso per l’ente ricevente la mobilità in entrata si configura a tutti gli effetti come ingresso di una nuova unità di personale, risultato che potrebbe essere alternativamente ottenuto attraverso il ricorso alle normali procedure di reclutamento, non ponendosi il problema dell’imputazione del trasferimento ad un non previsto contingente di nuove assunzioni. In tale ipotesi non osterebbe alla neutralità finanziaria dell’operazione considerare la cessione per mobilità come utile ai fini del calcolo delle nuove assunzioni consentite all’ente di provenienza del dipendente….. (SS.RR. in sede di controllo Deliberazione n. 59/2010)”;
  • “………né la normativa sulla mobilità disciplinata dal d. lgs. n. 165 del 2001, né la disciplina sulla finanza pubblica che ha introdotto particolari limitazioni alla spesa di personale hanno limitato la possibilità di ricorrere a mobilità all’interno di categorie di enti che debbono applicare le stesse regole di finanza pubblica. La mobilità può essere attuata anche fra enti che debbono rispondere a limiti differenziati purché a conclusione dell’operazione non vi sia stata alcuna variazione nella consistenza numerica e nell’ammontare della spesa di personale, fatte salve le specifiche possibilità di incremento accordate dalla disciplina di settore a ciascun ente…..» (Sezione Lombardia deliberazione n.521/2010/PAR)”;
  • “………la mobilità di personale in uscita, comporta che, a seguito del trasferimento, il rapporto di lavoro prosegue con un altro datore di lavoro per cui l’amministrazione cedente può solo beneficiare, in termini di risparmio di spesa, dell’avvenuta cessazione del contratto (…), spesa che rimane inalterata in termini globali nell’ambito dell’intero settore pubblico” ………………….“corrisponde ad un principio di carattere generale che per effettiva cessazione debba intendersi il collocamento di un soggetto al di fuori del circuito di lavoro, con conseguente venire meno della remunerazione, caratteristica che non si attaglia al fenomeno della mobilità” (Sezione delle Autonomie deliberazione n. 21 del 9 novembre 2009).

Da quanto sopra rilevato emergono alcuni caratteri che contraddistinguono la mobilità ex articolo 30.

Essa, infatti, è su base volontaria ed è finalizzata ad una migliore distribuzione del personale delle pubbliche amministrazioni in base ai principi di cui all’articolo 6 del d.lgs. n. 165/2001 più volte richiamato. In pratica la stessa è uno “…strumento che non risponde solo all’interesse dell’amministrazione che vi ricorre, ma garantisce una più razionale distribuzione delle risorse tra le Amministrazioni Pub­bliche di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, nonché economie di spesa di personale complessivamente intesa, dal momento che con­sente una stabilità dei livelli occupazionali nel settore pubblico” (Parere UPPA, Dipartimento della Funzione Pubblica DFP 0013731 P-1. 2. 3. 4 del 19 marzo 2010 citato). Inoltre, la procedura prevista al comma 2 bis, si pone come necessariamente prodromica all’espletamento delle procedure di reclutamento mediante concorsi e riguarda, analogamente a quella del comma 1, il personale delle amministrazioni cedenti non collocato in disponibilità” (Vedasi sul punto anche Corte di conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 162/2013/PAR relativa ad una richiesta di parere da parte del comune di Villaverla).

Pertanto, in pratica, mediante l’espletamento della mobilità tra amministrazioni oltre all’ottimale distribuzione del personale, in base alle coordinate interpretative fornite nelle richiamate deliberazioni delle Sezioni riunite della Corte dei conti, si otterrebbe anche una neutralità finanziaria della spesa di personale (sul punto si veda anche parere reso dal Dipartimento della Funzione Pubblica UPPA Ufficio Personale delle Pubbliche Amministrazioni – di seguito UPPA – della Presidenza del Consiglio dei ministri 19 marzo 2010, secondo cui “La mobilità non è neutrale e va considerata come un’assunzione quando l’amministrazione cedente non è sottoposta a vincoli assunzionali ed invece lo è l’amministrazione ricevente. In tal caso, infatti, considerare la mobilità come assunzione garantisce il governo dei livelli occupazionali, e quindi della spesa pubblica, evitando che le amministrazioni senza limiti sulle assunzioni operino da serbatoio da cui attingere nuovo personale da parte delle altre amministrazioni con limitazione”.

Lo scopo delle richiamate disposizioni è chiaro: una migliore distribuzione del personale già in servizio in luogo dell’assunzione dei nuovo personale “al fine di limitare il turn over del personale e nel contempo reiterando le disposizioni atte a regolare al meglio l’ottimale distribuzione del personale già in servizio i cui oneri non determinano incrementi della relativa spesa a livello di comparto” (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 162/2013/PAR citata). Tuttavia, vi possono essere ulteriori ragioni per l’attivazione di procedure di mobilità volontaria quali “il soddisfacimento del fabbisogno professionale delle amministrazioni mediante acquisizione di adeguate risorse umane, una più razionale distribuzione del personale tra le amministrazioni o all’interno della stessa amministrazione, il contenimento dei costi per le spese di personale, evitando l’assunzione di nuove unità lì dove il fabbisogno può essere soddisfatto mediante l’attuazione della mobilità, il desiderio del dipendente di trovare una collocazione lavorativa più consona alle proprie necessità professionali o personali”. (Cfr. Circolare Funzione Pubblica – UPPA – dell’11 aprile 2005).

Inoltre, è dato rilevare che “…la mobilità ex articolo 30 non determina l’immissione di nuove unità di personale nel pubblico impiego come invece avviene qualora, a seguito dell’espletamento delle procedure concorsuali, venga assunta una nuova unità di personale. Trattasi in sostanza di un passaggio volontario a domanda del dipendente, che può essere anche preceduto da un apposita procedura selettiva (art. 30 comma 2 bis), tanto all’interno dello stesso comparto quanto tra comparti diversi. E che non riguarda, dunque, dipendenti collocati in situazioni di disponibilità” (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 162/2013/PAR citata).

Solo ove la prodromica procedura di mobilità di cui all’articolo 30 del d.lgs 165/2001 non vada a buon fine, l’amministrazione può procedere al reclutamento di nuove unità di personale facendo, di conseguenza, venir meno la richiamata neutralità finanziaria atteso che, a livello di comparto, la nuova assunzione determinerà un effettivo incremento della spesa corrente di personale.

Da ciò se ne deduce che ove si ricorra comunque a procedure di passaggio di dipendenti di ruolo da un amministrazione all’altra vuoi applicando la mobilità volontaria di cui al richiamato art. 30 vuoi con il ricorso alle mobilità collettive di cui agli articoli 34 e 34 bis del d.lgs 165/2001 (della quali si dirà in seguito), l’effetto sulla componente della spesa appare sostanzialmente neutro a differenza del reclutamento che spiega, come visto effetti incrementali degli oneri di personale.

Quando, dunque, si voglia ricorrere per soddisfare esigenze di vacanze di organico a procedure di reclutamento, vanno attentamente valutati i richiamati vincoli assunzionali. Tra questi, che si possono definire generali  dovendo essere osservati indistintamente da tutte le amministrazioni pubbliche, si annoverano:

  • l’adozione del Piano triennale dei fabbisogni del personale nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica ed in osservanza delle linee di indirizzo (per gli enti territoriali concertate in sede di Conferenza Unificata), ed eventuale rimodulazione della dotazione organica ai sensi del combinato disposto dei rimodulati commi 2, 3 e 6 ter dell’art. 6 del d. lgs 165/2001 (a seguito della riscrittura dell’articolo da parte dell’art. 4 del d.lgs 75/2017);
  • la dichiarazione annuale da parte dell’ente, con apposito atto ricognitivo da comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, dalla quale emerga l’assenza di personale in sovrannumero o in eccedenza (art. 33 del d.lgs 165/2001 come riscritto dall’articolo 16 della legge 183/2011)
  • l’approvazione del Piano triennale di azioni positive in materia di pari opportunità di cui all’articolo 48, comma 1, del d.lgs 11 aprile 2006 n. 198 recante “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246″;
  • l’adozione entro il 31 gennaio di ogni anno di “un documento programmatico triennale, denominato Piano della performance (art.. 10 comma 5 del dlgs 150/2009), che per gli Enti locali è unificato nel PEG (art. 169, comma 3-bis, del TUEL);
  • l’obbligo di certificazione o il diniego non motivato di certificazione, di un credito anche parziale verso la P.A. (comma 3 bis, art. 9, D.L. 185/2008 come aggiunto dall’art. 27, comma 2 lettera c) del D.L. 66/2014);
  • la verifica dell’impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell’apposito elenco per avviare procedure concorsuali e nuove assunzioni a tempo indeterminato o determinato per un periodo superiore a dodici mesi (art 34, comma 6 d-lgs 165/2001);
  • l’utilizzo dei lavoratori collocati in mobilità ai sensi dell’art. 2 del d.lgs 95/2012 e dell’art. 3 del D.L. 101/2013, che a domanda hanno chiesto la ricollocazione (art. 2, comma 13 D.L. 95/2012 applicabile a tutte le amministrazioni ai sensi del comma 14 del citato articolo 2 in caso di “..eccedenza dichiarata per ragioni funzionali o finanziarie dell’amministrazione).

Va poi ricondotta ai suddetti vincoli assunzionali l’ipotesi prevista dall’articolo 3, comma 101 delle legge 24 dicembre 2007, n. 244 recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)” che al secondo periodo dispone “In caso di assunzione di personale a tempo pieno è data precedenza alla trasformazione del rapporto di lavoro per i dipendenti assunti a tempo parziale che ne abbiano fatto richiesta”. Ciò in considerazione del fatto che, al pari degli altri vincoli assunzionali, la norma impone all’amministrazione un obbligo comportamentale che, di fatto, si sostanzia in una limitazione della propria capacità nell’agire (pubblico) ove prevede un diritto di precedenza al personale comandato nelle ipotesi nelle quali vengano in evidenza per l’ente esigenze di reclutamento di nuovo personale.

Accanto ai vincoli di carattere generale, è necessario evidenziare gli ulteriori vincoli ai quali possono essere soggette le amministrazioni dei vari comparti in relazione alla specifica disciplina all’uopo prevista dal legislatore.

Per quel che riguarda le amministrazioni territoriali (con l’avvertenza, tuttavia che ne sono escluse alcune soggette ad autonomia differenziata quali ad esempio quelle ricadenti nella Regione Trentino Alto Adige e, di conseguenza nelle Province autonome di Trento o Bolzano) tali vincoli assunzionali specifici sono identificati come segue:

  • rispetto dei termini per l’approvazione di bilanci di previsione, rendiconti, bilancio consolidato e del termine per l’invio alla Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche  ex art. 13, legge n.196/2009), dei relativi dati, nei trenta giorni dalla loro approvazione, D.L. n. 113/2016, art. 9, comma 1 quinquies;
  • trasmissione delle informazioni richieste da parte degli Enti beneficiari di spazi finanziari concessi in attuazione delle intese e dei patti di solidarietà ai sensi del DPCM 243/2012 (art. 1, comma 508, Legge n. 232/2016);
  • obbligo di contenimento della spesa di personale con riferimento al triennio 2011-2013 (enti ex soggetti al patto) ai sensi del combinato disposto dell’art. 1 commi 557  e 557 quater della legge 296/2006 aggiunto, quest’ultimo,  dall’art. 3, comma 5 del D.L. 90/2014);
  • conseguimento di almeno il 3 per cento degli accertamenti delle entrate finali nell’esercizio: determinano in quello successivo a quello dell’inadempienza la sanzione solo per assunzioni di personale a tempo indeterminato); (art. 1, comma 466 e 475, Legge n. 232/2016);
  • invio sulla piattaforma «http://pareggiobilancio.mef.gov.it», entro il 31 marzo – o comunque entro il 30 aprile – della certificazione attestante i risultati conseguiti ai fini del saldo tra entrate e spese finali firmata digitalmente, dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria, ove previsto (mentre, nel caso del rispetto del termine del 30 aprile, la sanzione va applicata solo per le assunzioni di personale a tempo indeterminato per i 12 mesi successivi: cioè fino al 31 marzo dell’anno dopo); (art. 1, comma 470, Legge n. 232/2016);
  • assenza della condizione di deficitarietà strutturale e di dissesto (art. 243 comma 1 del TUEL).

 

Dott. Giampiero Pizziconi, Consigliere della Corte dei conti. Sezione regionale di controllo per il Veneto, Sezione delle Autonomie

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