09/05/2018 – I vincoli di finanza pubblica per gli enti locali in materia di personale (prima parte)

I vincoli di finanza pubblica per gli enti locali in materia di personale (prima parte)

 

 

Le politiche concernenti il personale delle pubbliche amministrazioni adottate nel corso degli ultimi decenni hanno avuto quale elemento caratterizzante il contenimento della spesa per il personale, in particolare quella conseguente all’immissione di nuovo personale, che aveva raggiunto livelli rilevanti nel corso degli anni ’90. Come si dirà di seguito, ed in base ad un concetto oramai affermato, il legislatore ha individuato nel settore del personale uno dei principali ambiti di intervento al fine del controllo e della razionalizzazione della spesa pubblica.

Tutto ciò ha generato, nel corso delle leggi finanziarie, prima, in quelle di stabilità poi e in quelle di bilancio ora, una serie di disposizioni non solo finalizzate al contenimento del livello di spesa del personale ma, anche, alla limitazione del turn over anche se di volta in volta sono state modificate le modalità con le quali si è cercato di raggiungere questo obiettivo.

Proprio per effetto dei sopravvenuti rigidi vincoli normativi, le pubbliche amministrazioni per poter assicurare una continuità allo svolgimento dei propri compiti molto spesso hanno fatto ricorso al lavoro a termine e alle altre forme di lavoro flessibile come forma di “aggiramento” del divieto di effettuare assunzioni di personale di ruolo tralasciando, trascurandolo, il principio di efficiente gestione del personale. Ciò ha determinato, anche a causa delle reiterate proroghe dei rapporti di lavoro temporanei, nel corso di decenni, alla formazione nel settore pubblico di un elevato contingente di personale definito “precario”.

Volendo riassumere le modalità di intervento poste in essere dal legislatore per centrare l’obiettivo di riduzione della spesa corrente del personale delle amministrazioni possiamo di seguito elencare le misure  adottate:

  • blocco della contrattazione collettiva per il periodo 2010-2015 con sterilizzazione dell’indennità di vacanza contrattuale, IVC, ai valori riconosciuti nel 2010;
  • introduzione di un limite alla retribuzione individuale pari a quanto percepito nel 2010 fino al 2014;
  • rigorosi vincoli alle facoltà assunzionali;
  • ridefinizione delle dotazioni organiche del comparto scuola;
  • limite alla crescita dei fondi per la contrattazione integrativa e riduzione degli stessi in base al numero del personale cessato;
  • riconoscimento solo ai fini giuridici delle progressioni di carriera comunque denominate dal 2011 al 2014.

Volendo individuare un punto di partenza di dette politiche di contenimento degli oneri di personale delle amministrazioni dello Stato  anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, delle università e degli enti di ricerca (sostanzialmente tutto il personale pubblico atteso che successivamente il principio di cui si dirà a breve è stato esteso  anche a regioni ed enti locali), lo stesso non può che individuarsi  nell’articolo 39 del provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998 (legge 449/1997) che ha introdotto un nuovo sistema di programmazione triennale delle assunzioni, cui è assegnato un obiettivo di riduzione complessiva e progressiva del personale in servizio. Tale sistema, è divenuto poi ordinamentale atteso che lo stesso è stato recepito  anche nel d.lgs. 165/2001 (T.U. del pubblico impiego) che, agli attuali articoli 6 e 35, condiziona l’avvio delle procedure di reclutamento da parte delle pubbliche amministrazioni al rispetto della citata procedura di programmazione (che a seguito della riscrittura dell’articolo 6 da parte del d.lgs 75/2017 assume ora la denominazione di Piano triennale dei fabbisogni di personale).

Nell’ambito delle misure tese alla riduzione della spesa corrente mediante la compressione di quella di personale in questa sede appare opportuno introdurre i due diversi concetti che hanno qualificato gli interventi che si sono basati:

  • sul principio di CONTENIMENTO DELLA SPESA: il legislatore individua la spesa sostenuta (in genere impegnata) in un dato anno quale tetto massimo non superabile da parte delle amministrazioni destinatarie del vincolo;
  • sul principio di RIDUZIONE DELLA SPESA: il legislatore individua la spesa sostenuta (in genere impegnata) nell’esercizio precedente dalla quale partire per ridurla di almeno un euro nell’esercizio finanziario considerato.

In relazione al concetto di spesa del personale appare necessario evidenziare che lo stesso assume un contenuto per così dire a “geometria variabile”, infatti la spesa di personale è un aggregato che può assumere diverse definizioni a seconda del fine e di seguito si indicano diversi voci che possono contemplarla:

  • Bilancio (macroaggregato 01).
  • Tendenziale riduzione della spesa.
  • Conto annuale.
  • Salario accessorio.
  • Monte salari.
  • Enti strutturalmente deficitari.
  • Rapporto spese del Personale su spese correnti.
  • Conto economico.

Peraltro, la Corte dei conti nel corso degli anni ha consolidato un criterio interpretativo di tipo restrittivo ritenendo che vadano da considerare incluse nel calcolo della spesa del personale tutte le voci non espressamente escluse dalla legge (deroga espressa) affermando che “i vincoli imposti dal legislatore all’incremento dell’aggregato spese di personale devono considerarsi cogenti e non estensibili in assenza di specifica previsione normativa (Corte dei conti Sezione autonomie  n.21 e 25/14  e n. 14/16/2016). In tal senso, dunque, si è posto il problema di omogeneità nel calcolo dell’aggregato  atteso che in caso di «comparazione tra i risultati raggiunti in  diversi esercizi» la base di computo deve essere omogenea. Tuttavia, al contrario delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, che in talune circostanze avevano introdotto meccanismi di omogeneizzazione, la Sezione delle Autonomie in assenza di espressa previsione di legge, non ha ammesso modifiche alla spesa:

  • nel caso in cui la disomogeneità sia conseguenza di scelte dell’ente assunte in passato (ad esempio con l’esternalizzazione dei servizi);
  • quando, nella serie storica, la disomogeneità è da ricondursi all’operatività di diversi sistemi di contabilizzazione. 

Seppur la stessa Sezione abbia affermato “…. non possa ignorarsi l’eventuale sussistenza di possibili discrasie, ma tali fattispecie dovrebbero essere espressamente regolate dal legislatore o almeno da esso contemplate..” (Sezione Autonomie deliberazione n.16/2016).

Va poi ulteriormente rilevato come i limiti di finanza pubblica, nella maggior parte dei casi hanno come parametro un aggregato più ampio, che include, oltre alla spesa per il lavoro subordinato, anche le consulenze, le collaborazioni coordinate e continuative, il lavoro interinale e le forme di tassazione e contribuzione legate al lavoro stesso, quale l’Irap e gli oneri previdenziali.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, appare necessario, dunque, sintetizzare in via preliminare, l’evoluzione normativa relativa ai vincoli direttamente collegati alla spesa del personale, che rappresentano la concretizzazione del principio di contenimento della spesa perseguito dal legislatore, come visto, da oltre un decennio individuando, per quel che in questa sede interessa, quelli destinati agli enti locali.

Come detto, infatti, il settore del personale, è stato considerato uno dei principali ambiti sui quali intervenire, ai fini di controllo e di razionalizzazione della spesa pubblica.

In primo luogo, si rappresenta che i vincoli di finanza pubblica tra i quali si annoverano quelli relativi al controllo e riduzione degli oneri del personale derivano – o per meglio dire discendono – direttamente dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, e sono stati trasfusi, con le recenti riforme costituzionali, nella Carta fondamentale dei diritti, ovvero nella Costituzione repubblicana. Ad oggi, invero, non si può non concordare con l’affermazione che l’agire della PA è conforme ai dettami della Costituzione esclusivamente quando è finanziariamente sostenibile salvo ovviamente le circostanze nelle quali, il rapporto tra principi o diritti tutelati e sostenibilità finanziaria deve essere ricondotto ad unità in applicazione del principio di bilanciamento (sul tema del rapporto tra vincoli di finanza pubblica, sostenibilità finanziaria e diritti costituzionalmente garantiti si vedano ad esempio tra le altre le deliberazioni della Corte dei conti, Sezione di controllo per il Veneto, n. 377/2011/PAR e 191/2014/PAR).

Proprio in relazione a dette modifiche costituzionali, è opportuno menzionare l’attuale formulazione di tre articoli della Carta, ovvero, l’art. 81, l’art 97 e l’art. 119, il cui contenuto richiama espressamente i principi summenzionati, e non necessita di chiarimenti di sorta.

L’art. 97 prevede che “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.”; l’art. 119 comma 1 Cost. statuisce che “Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e al comma 6 che “i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio (…). Infine, ma non meno importante, l’art. 81, primo comma, secondo cui “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.”

In quest’ottica, dunque, si inquadrano e si giustificano i ripetuti interventi del legislatore ordinario sul piano della spesa pubblica, atti a conformare l’agire degli enti territoriali (e, più in generale, di tutte PP.AA.) secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica (con rif. all’art. 117 Cost.).

Ne consegue che i principi espressi a livello sovranazionale e costituzionale, come detto, non solo giustificano, anzi sollecitano, l’adozione da parte dello Stato di misure di contenimento della spesa pubblica (in primis del personale), che non possono che essere considerate, dunque, quali principi generali di coordinamento della finanza pubblica.

La stessa Corte Costituzionale ha statuito, in maniera granitica, che le misure riguardanti la spesa personale sono inderogabili, in quanto il loro rispetto concorre ad assicurare (sotto forma di riduzione della componente corrente della spesa) il conseguimento degli equilibri complessivi di finanza pubblica.

A tal riguardo si rinvia alle sentenze della Corte Costituzionale sull’argomento, ed in particolare si evidenzia che con sent. 108/2011 la Corte Costituzionale ha affermato che “la spesa per il personale, per la sua importanza strategica ai fini dell’attuazione del patto di stabilità interno (data la sua rilevante entità), costituisce non già una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale”.

Con successiva sentenza 27/2014 ha confermato che “i vincoli imposti dal legislatore statale all’incremento dell’aggregato “spesa di personale” costituiscono princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ed il raggiungimento dell’obiettivo di contenimento della spesa del personale deve essere perseguito con azioni da modulare nell’ambito dell’autonomia di ciascun ente, che è facoltizzato a comprimere le voci di spesa ritenute più opportune”.

Ancora con recente sentenza n. 218/2015 ha ribaditoche “fra le misure di contenimento  della spesa di Regioni ed Enti locali si sono da tempo ravvisate quelle inerenti alle spese per il personale” tali disposizioni “perseguono l’obiettivo di contenere entro limiti prefissati una delle più frequenti e rilevanti cause del disavanzo pubblico, costituita dalla spesa complessiva per il personale (sentenze n. 4/2004 e n. 169/2007). Tale obiettivo, pur non riguardando la generalità della spesa corrente, ha tuttavia «rilevanza strategica ai fini dell’attuazione del patto di stabilità interno, e concerne non una minuta voce di spesa, bensì un rilevante aggregato della spesa di parte corrente, nel quale confluisce il complesso degli oneri relativi al personale» (sentenza n. 169 del 2007), cosicché, sempre che siano rispettate le predette condizioni, esso legittima l’intervento limitativo del legislatore statale”

In altri termini, la giurisprudenza costituzionale ha costantemente affermato che quando la legislazione statale – che fissa un vincolo di spesa – va a costituire un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.), “l’eventuale impatto di essa sull’autonomia finanziaria (art. 119 Cost.) ed organizzativa (artt. 117, quarto comma, e 118 Cost.) dell’ente territoriale si traduce in una circostanza di fatto come tale non incidente sul piano della legittimità costituzionale (cfr. sent. n. 40/2010, n. 169/2007 e n. 36/2004). Lo Stato può agire direttamente sulla spesa delle proprie amministrazioni con norme puntuali e, al contempo, dichiarare che le stesse norme sono efficaci nei confronti delle Regioni a condizione di permettere l’estrapolazione, dalle singole disposizioni statali, di principi rispettosi di uno spazio aperto all’esercizio dell’autonomia regionale. (cfr. sentenza n. 182/2011).

Tra i vincoli di finanza pubblica, rientrano altresì vincoli cd. di spesa, sui consumi intermedi, sul funzionamento sulle missioni, sulla formazione ecc. ecc. Gli stessi, per quel che riguarda l’oggetto del presente scritto, possono riguardare anche gli oneri del  personale ed il loro mancato rispetto si riverbera sulla possibilità di reclutare nuovo personale traducendosi in un divieto di assunzione, sia con contratti di lavoro a tempo indeterminato, sia flessibile.

Nell’ambito dei vincoli di finanza pubblica che riguardano il personale si possono distinguere: i vincoli di carattere generale (riguardanti tutte le pubbliche amministrazioni), i vincoli di carattere specifico (riguardanti solo determinate amministrazioni: ad es. regioni ed enti locali) e i vincoli così detti assunzionali in quanto impongono adempimenti prodromici al reclutamento di personale.

La stessa Corte dei Conti  si è più volte espressa (vedasi ad esempio la Sezione, regionale di controllo per il Veneto con delibera n. 154/2011/PAR), affermando che la riduzione della spesa di personale rappresenta uno specifico obiettivo di finanza pubblica al cui rispetto devono concorrere sia gli enti sottoposti al Patto di stabilità sia quelli esclusi, riconoscendo che l’obiettivo di contenimento e riduzione della spesa di personale rappresenta un vero e proprio obiettivo vincolato e non solo mera espressione di un principio di buona gestione al quale l’ente pubblico deve tendere.

Venendo ad una ricognizione puntuale dei vincoli di finanza pubblica in materia di personale ai quali sono soggette le autonomie locali, giova premettere che in generale essi possono differenziarsi in relazione allo scopo che si prefiggono ed agli effetti che producono.

Vi è dunque, nell’ordinamento pubblicistico, a seguito della riscrittura delle citate norme costituzionali un vincolo generale, come visto imposto dalla normativa europea relativo al conseguimento dell’equilibrio di bilancio al cui mancato rispetto conseguono effetti preclusivi.

Si rammenta, infatti, che, per gli enti locali l’art. 1, comma 475 lettera e) della legge  232/2016 (legge di bilancio annuale dello Stato 2017 e pluriennale 2017-2019)  dispone che “..nell’anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E’ fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione”. 

Accanto al sopra richiamato vincolo qualificabile come generale, vi sono vincoli di finanza pubblica, come visto in precedenza, che impongono la riduzione della spesa del personale anno dopo anno o il contenimento della stessa in relazione a quella sostenuta in un determinato esercizio finanziario (fissato dal legislatore) e vincoli assunzionali.

Questi ultimi, vanno a determinare effetti sul turn over di personale incidendo sul tasso di sostituzione del personale in servizio, con la conseguenza di una riduzione della spesa corrente a questo destinata. Si ricorda, sul punto, che ad iniziare dalla legge finanziaria per il 2002 (legge 448/2001), si è introdotto anno per anno, il divieto di procedere a nuove assunzioni, salvo tassative eccezioni (cd. blocco del turn over). Da tale momento, quindi, le politiche di controllo delle assunzioni finalizzate al contenimento della spesa per il personale, in particolare quella conseguente all’immissione di nuovo personale che aveva raggiunto livelli rilevanti nel corso degli anni 90 hanno fatto ricorso, in maniera pressoché costante, al blocco delle assunzioni, con il duplice scopo: di limitare gli oneri finanziari a carico del bilancio pubblico; di avviare una graduale riduzione del personale contestuale all’incremento dell’efficienza dei servizi resi.

Va chiarito, tuttavia, non tutti vincoli assunzionali sono destinati a determinare un blocco o una riduzione del turn over. Infatti, alcuni di essi si sostanziano in conseguenze per taluni inadempimenti di precetti pubblicisti da parte delle amministrazioni.

In questa sede, è opportuno ricordare che il novero dei soggetti destinatari di detti vincoli sovente è individuato dal legislatore talvolta facendo ricorso all’elenco delle amministrazioni contemplato nell’articolo 1, comma 2  del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” altre al cosiddetto elenco Istat delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm. (Legge di contabilità e di finanza pubblica).

 

Dott. Giampiero Pizziconi, Consigliere della Corte dei conti. Sezione regionale di controllo per il Veneto, Sezione delle Autonomie

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