Il CdS analizza il ruolo dei vincoli conformativi ed espropriativi nelle aree destinate a verde pubblico, con un focus sulle implicazioni urbanistiche e giuridiche di un caso emblematico.
Nel diritto urbanistico, la distinzione tra vincolo conformativo e vincolo espropriativo riveste un’importanza particolare, soprattutto quando si tratta di aree destinate a verde pubblico.
In breve:
- il vincolo conformativo limita l’uso del territorio nell’ambito della pianificazione urbanistica, orientando la destinazione d’uso senza privare il proprietario della proprietà o del valore economico del bene;
- al contrario, il vincolo espropriativo implica una restrizione più incisiva, poiché comporta la sottrazione definitiva del bene al proprietario per finalità pubbliche, con conseguente diritto all’indennizzo.
Comprendere le differenze tra questi due tipi di vincolo è fondamentale per valutare correttamente le implicazioni giuridiche, amministrative ed economiche connesse alla gestione e tutela delle aree verdi pubbliche.
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Ma ora scopriamo il contenuto della sentenza n. 2478/2025 e i relativi chiarimenti del Consiglio di Stato sulle aree destinate a verde pubblico.
Vincolo conformativo o espropriativo: come si qualificano le aree a verde pubblico?
La sentenza del Consiglio di Stato affronta il caso di una società s.r.l. contro il Comune di riferimento, incentrandosi sulla qualificazione giuridica del vincolo urbanistico applicato ad un’area destinata a verde pubblico. Di seguito i fatti di causa:
- la società richiedeva la riattribuzione della destinazione urbanistica di un terreno (10.700 m²) classificato dal PRG vigente come zona F2 (verde pubblico di quartiere) e F10 (parcheggi pubblici);
- la richiesta si basava sulla presunta decadenza del vincolo espropriativo ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 327/2009, poiché l’area non era stata espropriata entro i termini;
- il Comune imponeva un diniego, sostenendo che la destinazione a verde pubblico non costituiva un vincolo espropriativo, bensì un esercizio della potestà conformativa in ambito pianificatorio.
In sintesi, la società ricorrente in appello contestava il vincolo urbanistico sostenendo che si trattasse di un vincolo espropriativo che, non essendo stato seguito dall’effettivo esproprio entro i termini di legge, avrebbe dovuto decadere. In altre parole, la società riteneva che il Comune avesse preteso un’espropriazione implicita senza averla formalmente attuata, privandola così del diritto di disporre liberamente del terreno.
Dall’altro lato, il Comune difendeva la propria posizione affermando che la destinazione a verde pubblico non costituiva un esproprio, ma un vincolo conformativo: una limitazione dell’uso del terreno finalizzata a garantire la tutela e la fruizione collettiva di spazi verdi, senza sottrarre la proprietà al privato né richiedere un indennizzo. Il Comune sosteneva quindi che il vincolo imponeva semplicemente di rispettare le previsioni del Piano Regolatore Generale (PRG) e di realizzare opere a beneficio della comunità, lasciando al proprietario la possibilità di intervenire compatibilmente con tale destinazione.
La società argomentava in risposta che:
Natura espropriativa del vincolo
- L’art. 26 delle NTA del PRG (verde pubblico di quartiere) sarebbe finalizzato all’esproprio, poiché prevede interventi di pubblica iniziativa (es. parchi, attrezzature sportive) approvati dal Consiglio Comunale.
- La possibilità per i privati di realizzare impianti sportivi (art. 26, comma 7) è un’eccezione che presuppone l’esproprio e la successiva gestione tramite convenzione.
Critiche alla motivazione comunale
- Il riferimento generico alla “difficoltà di reperire standard” è stato contestato come illogico e apodittico, poiché la società non richiedeva edificazione ma una nuova destinazione.
Giudizio del Consiglio di Stato: non può confondersi un vincolo di esproprio con una natura conformativa che lascia spazio ad un utilizzo privato seppur limitato al beneficio della collettività
I giudici di Palazzo Spada articolano la decisione sul caso nel seguente modo.
Distinzione tra vincolo conformativo ed espropriativo
- Vincolo conformativo: incide su categorie generali di beni, compatibili con la funzione sociale della proprietà (es. zonizzazione a verde pubblico).
- Vincolo espropriativo: localizza opere specifiche, privando il proprietario di ogni utilità economica (es. aree per infrastrutture).
Nel caso in esame:
- il PRG comunale consente interventi privati nel verde pubblico (es. impianti sportivi), segnalando una finalità conformativa.
- La destinazione F2 non implica l’obbligo di esproprio, ma autorizza il Comune a regolamentare gli usi in base a progetti approvati.
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello, confermando la precedente sentenza del TAR e ribadendo la legittimità del diniego comunale:
nessuna delle norme esaminate prevede espressamente il previo esproprio della proprietà privata per la realizzazione degli interventi pianificati in parte qua dal piano.
Anche i commi 7 e 8 dell’art. 26 delle n.t.a., nel prevedere la possibilità di realizzazione degli impianti sportivi da parte del privato, piuttosto che rappresentare, come sostenuto dall’appellante, l’eccezione alla regola di riserva alla mano pubblica degli interventi in zona F2, in realtà confermano l’utilizzazione anche privata delle aree, pur subordinandola al previo convenzionamento col Comune al fine di indirizzarne l’uso in favore anche della collettività.
Sarà poi l’atto di convenzione a regolare i rapporti (economici e patrimoniali) tra il privato e il Comune quanto alla circostanza che le attrezzature (e solo queste), alla scadenza della convenzione, “rimarranno di proprietà pubblica”.
12. Deve, pertanto, confermarsi – all’esito della interpretazione che il collegio ha fornito dell’art. 26 delle n.t.a – la natura conformativa del vincolo “F2-Verde di quartiere”.
Il proprietario (nella specie la società appellante) potrà, pertanto, utilizzare le proprie aree secondo le modalità e i criteri previsti dalle n.t.a. e come sopra chiariti. Questa interpretazione impedisce di ritenere che ci sia una incidenza espropriativa sull’area in questione, salvaguardando le prerogative proprietarie di cui l’amministrazione dovrà tenere conto nella fase di “proposte” eventuali di uso dell’area stessa.
La sentenza chiarisce che la destinazione a verde pubblico, se inserita in un contesto di pianificazione flessibile e non preordinata a opere specifiche, assume natura conformativa, non espropriativa.