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Impiegato dello stato e pubblico in genere – Sanzioni disciplinari – Principi procedimento giurisdizionale – Giusto processo – Applicabilità

Costituisce principio generale dell’ordinamento la regola secondo cui in tutti i procedimenti lato sensu giudiziari o assimilati (e tale è senz’altro il procedimento disciplinare a carico di dipendenti pubblici), salvo espresse eccezioni, il giudice o il funzionario che sono intervenuti in una fase precedente del procedimento non possono partecipare alle fasi successive, specie se si tratta della fase in cui si deve deliberare la decisione sulla controversia o, nel caso dei procedimenti sanzionatori, l’applicazione di una sanzione. (1).

 Polizia di Stato – Procedimento disciplinare – Sanzioni – Riesame – Consiglio provinciale disciplina – Composizione

È illegittima la sanzione disciplinare irrogata in sede di riesame, ove al Consiglio provinciale di disciplina, deputato a formulare la proposta, abbiano partecipato i medesimi soggetti che già in precedenza si erano espressi sulla meritevolezza della sanzione disciplinare. (2).
Dal combinato disposto degli artt. 149, d.P.R. n. 3 del 1957, richiamato dall’art. 16,  d.P.R. n. 737 del 1981 e 112, ultimo comma, d.P.R. n. 3 del 1957  si evince  il principio generale per cui, nei procedimenti disciplinari, dell’organo competente a proporre l’irrogazione della sanzione  non possono far parte, oltre ai soggetti espressamente citati nell’art. 149 del d.P.R.  3 del 1957, tutti i funzionari che hanno preso parte alle fasi pregresse del procedimento. Nella fattispecie de qua la parte ricorrente, all’esito di un procedimento penale, era stata sottoposta ad una inchiesta disciplinare ai sensi dell’art. 19 del d.p.r. n. 737/1981 e, in esito all’istruttoria del funzionario Istruttore nominato dal Questore, era stata deferita al giudizio del Consiglio provinciale di disciplina. Quest’ultimo con una prima delibera giudicava il dipendente disciplinarmente responsabile e deliberava l’applicazione della sanzione della sospensione dal servizio per mesi 6 ai sensi dell’articolo art. 6 del d.P.R. n. 737/81. Il Capo della Polizia riteneva peraltro che “nel verbale di trattazione orale e nella relativa delibera non emergano elementi oggettivamente ed incontrovertibilmente idonei a giustificare la proposta sanzionatoria e che, pertanto, questa risulti gravemente viziata per incongruenza e carenza motivazionale” e perciò, in autotutela, annullava gli atti del procedimento disciplinare a partire dal verbale di trattazione orale ordinandone la rinnovazione. In esito alla nuova riunione il Consiglio provinciale di disciplina, composto dai medesimi membri che già avevano ritenuto la parte ricorrente meritevole della sola sospensione dal servizio, deliberavano con una maggioranza di tre componenti su cinque, di proporre la sanzione disciplinare della destituzione. Tale ultima sanzione era stata poi definitivamente adottata dal Capo della Polizia e Direttore generale della pubblica sicurezza con la determinazione impugnata innanzi al T.a.r.

 Giustizia amministrativa – Accoglimento ricorso – Vizio incompetenza – Poteri amministrativi non ancora esercitati – Assorbimento restanti censure – Graduazione motivi – Irrilevanza

La decisione di accoglimento del ricorso, fondata sul vizio d’incompetenza, esaurisce l’oggetto stesso del giudizio e rende obbligatorio l’assorbimento delle ulteriori censure, dato che in tutte le situazioni di incompetenza e di carenza di proposta o di parere obbligatorio si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, sicché il giudice,  ai sensi dell’art. 34, comma 2,  c.p.a., non può fare altro che rilevare il relativo vizio, non potendo ritenersi vincolato dalla  eventuale graduazione dei motivi  effettuata dalla parte ricorrente. (3).

(1) Conformi: Quanto alla ritenuta applicabilità ai procedimenti di natura latu sensu afflittiva dell’at. 6 della Convenzione EDU, Corte europea dei diritti dell’uomo, 4 marzo 2014, ric. n. 18640/10, Grande Stevens e altri c. Italia; 29 ottobre 2013, ric. n. 17475/2009, Varvara c. Italia; 20 gennaio 2009, Sud Fondi s.r.l. e altri c. Italia; nello specifico, quanto all’applicabilità ai procedimenti disciplinari, Corte europea dei diritti dell’uomo, 28 giugno 1978, ric. n. 6232/73 Konig c. Repubblica Federale Tedesca; 26 settembre 1995. ric. n. 18160/91, Diennet c. Francia.

(2) Conformi: Quanto alla prima parte della massima: T.a.r per la Campania Salerno, sez. I, 3 marzo 2015, n. 469; T.a.r. per la Puglia, Lecce, sez. III, 19 febbraio 2088, n. 537; Cons. Stato, sez. VI, 18 giugno 1993, n. 444; cfr anche Corte cost. n. 262 del 2003 con cui la Consulta, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale degli artt. 4 e 6 della l. 24 marzo1958, n. 195, recante le “Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura” (nella parte in cui non consentono una sostituzione, in un numero maggiore di quelli nominati dal Consiglio, di componenti della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, divenuti incompatibili a giudicare in sede di rinvio per avere fatto parte del collegio che aveva pronunciato la decisione cassata), ha dichiarato incostituzionali in parte qua le predette norme, proprio per il fatto che le stesse, non prevedendo la sostituzione di componenti della Sezione disciplinare del C.S.M. divenuti incompatibili proprio per avere concorso ad adottare il provvedimento sanzionatorio in seguito annullato dalla Cassazione, consentivano in pratica che uno stesso soggetto si pronunciasse di nuovo nell’ambito del medesimo procedimento disciplinare.

(3) Conformi: Principio affermato da Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5 e ribadito dalla giurisprudenza successiva; ex multis: Cons. Stato, sez. IV, 1 marzo 2017, n. 941; T.a.r. per la Sicilia, sez. III, 2 novembre 2021, n. 2964.

T.a.r. per la Puglia, Lecce, sezione II, 30 aprile 2025, n. 765 – Pres. Manca, Est. Sbolgi

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