Comune e Provincia – Consigliere comunale – Diritto accesso – Estensione – Bilanciamento interessi
L’accesso del consigliere comunale a tutte le notizie e le informazioni in possesso del comune e della provincia e degli enti dipendenti, utili all’espletamento del proprio mandato, garantito dall’art. 43 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, pur avendo un’estensione più ampia di quello della legge n. 241 del 1990, non può sottrarsi alla regola del ragionevole bilanciamento, visto che i diritti fondamentali di pari rango si trovano nell’assetto costituzionale in un in rapporto di integrazione reciproca, non ordinato su base gerarchica, per cui non è possibile individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. (1).
In tema di bilanciamento degli interessi di pari rango la sentenza richiama le parole di Corte cost. 19 maggio 2013, n. 85 che si è pronunciata sul bilanciamento tra il diritto alla salute e la tutela dei livelli occupazionali, con particolare riferimento al “caso Ilva”.
Comune e Provincia – Consigliere comunale – Diritto accesso – Mandato – Strumentalità – Limite
La necessità del bilanciamento del diritto di accesso del consigliere comunale con gli interessi contrapposti emerge dallo stesso dettato legislativo – art. 43, comma 2, decreto legislativo 18 agosto 267 del 2000 – che esige che i dati richiesti siano utili all’espletamento del mandato e si pongano, quindi, in rapporto di strumentalità alle funzioni espletate, in modo da consentire al consigliere comunale di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, nonché esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del consiglio e promuovere tutte le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale. (2).
Comune e Provincia – Consigliere comunale – Diritto accesso – Dati personali – Mandato – Stumentalità – Necessarietà
Un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata dell’art. 43, comma 2, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, impone che i dati personali, che ricadono nella vita privata e familiare delle persone, possano essere comunicati al consigliere comunale, al fine di garantire l’espletamento del suo mandato e di assicurare, quindi, l’assetto democratico dell’ordinamento, solo qualora ciò sia effettivamente necessario. Pertanto, sebbene il consigliere comunale non abbia, in linea di principio, l’onere di motivare l’istanza di accesso, la richiesta dei dati personali di terzi, in particolare di minori, deve essere giustificata in base a specifiche esigenze connesse all’espletamento della carica che l’amministrazione deve valutare e bilanciare con la necessaria tutela della riservatezza degli interessati. (3).
In motivazione la sentenza ha chiarito che la strumentalità del diritto di accesso implica anche la proporzionalità della richiesta rispetto agli obiettivi perseguiti. Proprio in considerazione di tali limiti, i dati personali dei soggetti coinvolti dall’istanza di accesso potrebbero rivelarsi non necessari ed anzi sovrabbondanti e la loro ostensione integrerebbe un’ingiustificata lesione della riservatezza dei terzi (nel caso di specie, peraltro, minori), che è situazione giuridica di rango primario, in quanto riconducibile alla dignità della persona e, dunque, all’art. 2 Cost., ed è, tutelata anche dalle fonti sovranazionali – in particolare dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ai sensi del quale ogni persona ha diritto al rispetto della propria via privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza», con la precisazione, al successivo paragrafo 2, che «non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui».
Comune e Provincia – Consigliere comunale – Diritto accesso – Dati personali – Riservatezza – Tutela – Obbligo segreto – Insufficienza
L’obbligo del consigliere comunale di attenersi al segreto, ai sensi dell’art. 43, comma 2, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, comporta che i dati e le informazioni acquisite siano utilizzati esclusivamente per l’esercizio del suo mandato, vietandone qualsiasi uso privato, ma non tutela la riservatezza delle persone coinvolte nell’istanza di accesso, in quanto, proprio per la strumentalità del diritto di accesso in esame alla carica consiliare, le notizie possono essere utilizzate nel corso delle sedute del consiglio comunale, la cui pubblicità ingenera il rischio della loro potenziale diffusione. (4).
(1) Conformi: Cons. Stato, aez. III, 13 gennaio 2025, n. 171; sez. V, 11 marzo 2021, n. 2089.
(2) Conformi: Cons. Stato, sez. V, 13 agosto 2020, n. 5032; cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 2 gennaio 2019, n. 12, in cui si è affermato non essere «sufficiente rivestire la carica di consigliere per essere legittimati sic et simpliciter all’accesso, ma occorre dare atto che l’istanza muova da un’effettiva esigenza collegata all’esame di questioni proprie dell’assemblea consiliare».
(3) Non risultano precedenti negli esatti termini
(4) Conformi: Cons. Stato, sez. V, 11 marzo 2021, n. 2089.
Difformi: Con. Stato, sez. V, 13 agosto 2020, n. 5032 secondo cui “il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento delle funzioni non incontra […] alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio” con richiamo a Cons. Stato ,sez. V, 5 settembre 2014, n. 4525; sez I, 14 marzo 2014, n. 865; sez. V, 11 dicembre 2013, n. 5931; 29 agosto 2011, n. 4829; 4 maggio 2004, n. 2716.