Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2418 dell’11 marzo 2025, affronta il tema delle varianti al progetto presentate dall’offerente in sede di gara aggiudicata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In casi come questo è possibile presentare soluzioni progettuali diverse rispetto a quanto previsto dal progetto di fattibilità tecnico-economica (PFTE), purché la lex specialis non contenga un divieto esplicito in tal senso. Trattandosi di due livelli consecutivi di progettazione della medesima opera, il progetto esecutivo deve essere predisposto “in coerenza con il progetto di fattibilità tecnico-economica” (art. 41, co. 8, c.c.p.), ma ciò non significa che quest’ultimo non possa subire alcuna variazione!
La questione nasce da un appalto in cui un concorrente ha contestato l’aggiudicazione, sostenendo che le proposte dei primi due classificati si discostassero dal PFTE per via dell’adozione di soluzioni tecniche differenti da quelle previste negli atti di gara. Il TAR, in primo grado, ha respinto il ricorso, ritenendo che le modifiche non alteravano gli elementi fondamentali dell’intervento. Le soluzioni proposte sono state considerate legittime varianti migliorative, compatibili con le regole di gara e pertinenti all’oggetto del contratto. Il Consiglio di Stato respinge l’appello principale, dichiara improcedibile l’appello incidentale e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel bando di gara e l’individuazione dei relativi requisiti minimi che segnano i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dalla Pubblica Amministrazione, pur tuttavia consentito» (Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2019, n. 2873; Id., 5 febbraio 2021, n. 1080).
Quindi, in assenza di specifici divieti normativi, eventuali previsioni del PFTE non hanno l’effetto di precludere modifiche in sede di progettazione esecutiva, purché non si tratti di previsioni che delineano le caratteristiche portanti dell’opera. Può accadere che il PFTE non detti ancora una determinata soluzione progettuale: il progetto esecutivo fungerà da strumento di integrazione, ma può anche darsi che il PFTE effettui delle scelte su alcune caratteristiche dell’opera, scelte che, però, possono essere modificate durante la progettazione di dettaglio, in un’ottica migliorativa o, per ipotesi, per adattare l’opera ad altre soluzioni tecniche non prospettate in precedenza. Ciò che la la legge vieta è, invece, uno smantellamento dei tratti essenziali dell’opera e una sostanziale duplicazione della progettazione preliminare.
Possiamo quindi affermare che nelle procedure di affidamento dei contratti con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, salva diversa e specifica previsione della lex specialis, sono sempre ammesse le modifiche al progetto posto a base della gara, queste costituendo, anzi, il fondamento per l’attribuzione di punteggi premiali, purché non sfocino in varianti incidenti sulla “tipologia”, sulla “struttura” e sulla “funzione” dell’appalto, ossia, in altri termini, sulle caratteristiche essenziali dell’opera, tali da integrare un mutamento dell’oggetto del contratto (i.e. un aliud pro alio).