La sentenza del Consiglio di Stato n. 8436/2025 interviene su un nodo interpretativo di particolare rilievo nelle procedure di evidenza pubblica: fino a che punto la stazione appaltante può richiedere chiarimenti in ordine al contenuto dell’offerta economica senza violare il principio di immodificabilità? Il tema si inserisce nell’ambito più ampio del rapporto tra la tutela dell’affidamento e dell’interesse concorrenziale, da un lato, e l’esigenza di assicurare il risultato dell’azione amministrativa, dall’altro, alla luce dei principi codificati agli articoli 1 e 2 del D.Lgs. n. 36/2023 (nuovo Codice dei contratti pubblici).
L’errore materiale e la richiesta di chiarimenti
La controversia trae origine da una procedura negoziata avente ad oggetto un appalto integrato per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di demolizione e ricostruzione di un edificio.
L’impresa poi risultata aggiudicataria aveva presentato un’offerta recante un ribasso unico sull’importo soggetto a ribasso. Tuttavia, nel modulo cartaceo di gara era stata riportata l’indicazione “zero” accanto alla voce riferita alla progettazione esecutiva.
Ritenendo che tale indicazione integrasse un mero errore materiale di compilazione, la stazione appaltante ha attivato un sub-procedimento di richiesta di chiarimenti, invitando l’operatore economico a specificare il reale contenuto dell’offerta. Quest’ultimo ha confermato la volontà di applicare il medesimo ribasso anche alla prestazione progettuale. Sulla base di tale precisazione, l’amministrazione ha proceduto all’aggiudicazione dell’appalto.
La seconda classificata ha impugnato l’esito della gara, sostenendo che la richiesta di chiarimenti avesse comportato un’illegittima modifica sostanziale dell’offerta economica, in violazione del principio di immodificabilità e del divieto di soccorso istruttorio in questo specifico caso.
Le valutazioni del giudice di primo grado
Il TAR ha respinto il ricorso, ritenendo che l’offerta originaria fosse chiara e univoca e che l’intervento della stazione appaltante si fosse limitato ad un’attività interpretativa volta a confermare la coerenza complessiva dell’offerta, senza alterarne la sostanza. Secondo il Tribunale, la condotta dell’amministrazione risultava perfettamente in linea con i principi del risultato e della fiducia introdotti dal Codice, in quanto diretta a valorizzare la sostanza negoziale dell’offerta rispetto a meri vizi formali.
La decisione del Consiglio di Stato: precisazione legittima e limiti del soccorso procedimentale
Il Consiglio di Stato, confermando integralmente la pronuncia di primo grado, ha chiarito che la richiesta di chiarimenti non costituisce violazione del principio di immodificabilità, qualora non comporti una modifica sostanziale dell’offerta, ma si limiti a dissipare un’ambiguità o un errore materiale riconoscibile ictu oculi. I giudici di Palazzo Spada hanno evidenziato che il ribasso unico risultava già espressamente riportato nella piattaforma telematica utilizzata e coerente con la logica economica complessiva dell’offerta. La dicitura “zero” accanto alla voce progettazione esecutiva non rappresentava, quindi, la volontà di offrire gratuitamente tale prestazione, bensì una svista formale.
La stazione appaltante, nel chiedere chiarimenti, ha dunque esercitato un potere ricognitivo e non integrativo, volto esclusivamente a ricostruire la reale intenzione contrattuale dell’operatore economico. Tale condotta è pienamente conforme al disposto dell’art. 101, comma 3, del D.Lgs. n. 36/2023, che ammette il soccorso procedimentale anche sull’offerta, purché non si giunga a un’alterazione del contenuto economico o tecnico originario.
La stazione appaltante conserva, quindi, la facoltà di richiedere chiarimenti qualora l’offerta presenti elementi di ambiguità o errori evidenti, purché l’intervento non si traduca in una modifica del contenuto negoziale. Il soccorso istruttorio si configura come strumento di collaborazione procedimentale, finalizzato a garantire la corretta comprensione dell’offerta e l’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico, senza ledere la parità di trattamento tra gli operatori economici.

