Segretari comunali. Vincere un concorso e non lavorare

Giovedì 10 luglio 2014

Segretari comunali. Vincere un concorso e non lavorare

Un esempio di come sia difficile in Italia assumere nel settore pubblico, fra una legge di riforma e un iter infinito. Possono trascorrere anni e quelli che erano giovani laureati (2009) invecchiano aspettando l’ultima tappa. Infatti il Ministero dell’Interno, pur avendo individuato i vincitori, non ha ancora calendarizzato il corso finale di selezione. Altro che ricambio generazionale

Gigliola Alfaro

 

Spoil system spinto e porte spalancate ai city manager di nomina fiduciaria, a dispetto del merito; attacco alla categoria dei segretari comunali, presidio di legalità degli enti locali, a dispetto della lotta alla corruzione; 260 giovani vincitori di concorso “congelati” nonostante una procedura avviata nel 2009 e una graduatoria approvata nel 2013, a dispetto dell’annunciato ricambio generazionale: contro le grandi contraddizioni che sembrano emergere dall’ipotesi di riforma della Pubblica Amministrazione è in corso a Roma una mobilitazione dei segretari comunali. Tra coloro che protestano ci sono anche i cosiddetti “CoaV”, i 260 vincitori del concorso (che si chiama appunto Coa V), bandito nel 2009 che ora attende il via libera del ministero dell’Interno per lo svolgimento del corso già programmato e finanziato ma inspiegabilmente non ancora calendarizzato. Corso necessario per diventare finalmente segretari.

Fiducia e preoccupazione. “Siamo fiduciosi, ma anche preoccupati. Abbiamo le competenze, la grinta e l’entusiasmo per dare alla Pubblica Amministrazione quella ventata di rinnovamento di cui il Paese ha bisogno e siamo convinti che, se si vuole davvero cambiare verso a questo Paese come si dice, le capacità e l’entusiasmo di noi giovani sono una scommessa a cui non si può rinunciare”, dice Maurizio Sasso, di Alife, uno dei 260 vincitori del concorso, la maggior parte dei quali vengono dal Sud. “Ognuno di noi – fa notare il giovane – ha dei progetti di vita che vorrebbe vedere realizzati, ma, in questa situazione, non abbiamo certezze sul nostro futuro, malgrado i sacrifici fatti finora”. 

Tempo sprecato. Mario Puglisi, messinese, è tra gli organizzatori del comitato CoaV. “Il nostro concorso ha avuto un iter travagliato: è stato bandito nel 2009 e ha impiegato cinque anni per concludersi. Solo a dicembre 2013 abbiamo fatto gli orali ed è stata pubblicata la graduatoria. Iscritti al concorso erano circa diecimila, si sono presentati alle preselezioni in cinquemila, alla fine sono stati individuati i 260 vincitori”, racconta. Prima di iscriversi all’albo dei segretari comunali vi sarà un’ulteriore selezione in base a un corso di formazione di dodici mesi. I giovani pensavano che il corso partisse subito, invece, “c’è stata una riunione nella quale è stato deciso che forse partirà a dicembre 2014. Si tratta di un altro anno perso – denuncia Puglisi -. Solo alla fine del corso duecento saranno iscritti all’albo. Quando abbiamo partecipato al concorso eravamo tutti giovani laureati (in giurisprudenza, scienze politiche, economia). Ora, dopo anni di studio e migliaia di euro spesi dall’Amministrazione per selezionare i vincitori, siamo parcheggiati da un anno, senza che se ne capisca il motivo”. 

La beffa dietro l’angolo. Tra l’altro, la bozza di riforma della PA prevede “la scomparsa della figura del segretario comunale e l’istituzione del ruolo unico dei dirigenti apicali, ma manca una norma transitoria per noi, perché in questo ruolo entrerebbero solo gli attuali iscritti all’albo, mentre noi al momento siamo degli ibridi”. Non solo: “L’aspetto grave è che si prevede l’ingresso nell’albo dei dirigenti apicali anche dei direttori generali che hanno avuto un incarico negli ultimi cinque anni. Si tratta di direttori esterni su nomina fiduciaria del sindaco. Perciò, vediamo la beffa: da un lato, l’amministrazione lascia ferme 260 persone che hanno studiato ben 17 materie e superato un concorso, dall’altro, vuol far entrare in quel ruolo persone nominate dalla politica. Si parla tanto di ricambio generazionale, di meritocrazia, ma alla fine nessuno ci dà la possibilità di mettere a frutto i nostri sacrifici e le spese sostenute finora per acquistare libri e partecipare alle preselezioni e al concorso vero e proprio a Roma”. 

No ai privilegi. Per far partire il corso, “sembra che manchi solo una direttiva firmata da Alfano – chiarisce Mario -. Siamo disposti anche a incatenarci di fronte al ministero dell’Interno per essere ricevuti. Noi protestiamo non perché vogliamo un privilegio, ma per vedere soddisfatto un nostro diritto. Vorremmo, inoltre, che ci fosse garantito l’accesso in carriera in questo ruolo, anche se fosse portata avanti la riforma della PA. Quello che ci fa più rabbia è il silenzio. Ci sono alcuni parlamentari che hanno preso a cuore la questione, presentando interrogazioni sul perché non parte il corso, ma per ora non c’è stata alcuna risposta dal ministro Alfano”.

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