tratto da biblus.acca.it

Un proprietario può ottenere la sanatoria edilizia anche in presenza di vincolo paesaggistico grazie al nuovo art. 36-bis del testo unico edilizia? Il TAR Sicilia chiarisce le condizioni e i limiti di applicazione della normativa Salva Casa.

La sentenza del TAR Sicilia, Catania, n. 2191/2025 affronta uno dei primi casi di applicazione del nuovo art. 36-bis del Testo Unico Edilizia, introdotto dalla legge “Salva Casa”; nello specifico la richiesta di sanatoria paesaggistica per opere edilizie minori realizzate in area vincolata.

Il caso

Con ricorso proposto al Tar Sicilia, la parte ricorrente ha impugnato il provvedimento della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina con cui era stato negato il parere paesaggistico favorevole necessario per ottenere l’accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 36-bis del D.P.R. 380/2001 (cd. Testo Unico dell’Edilizia), così come modificato dal decreto Salva Casa (D.L. 69/2024, convertito in L. 105/2024).

L’immobile in questione era stato acquistato nel 2018 all’esito di una procedura esecutiva immobiliare, ed era stato oggetto di alcune opere edilizie non autorizzate dai precedenti proprietari. Le modifiche abusive consistevano nella chiusura a vetri di un vano scala, nella realizzazione di locali sottostrada adibiti a caldaia, lavanderia e sgombero, nonché nella costruzione di un portico su area pertinenziale. Tali interventi erano stati eseguiti in assenza di titoli abilitativi e in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

In un primo momento, la parte aveva presentato istanza di sanatoria ai sensi della legge n. 326/2003, che era stata rigettata dalla Soprintendenza con un primo provvedimento, poi impugnato e respinto dal TAR con sentenza n. 1094/2024. Successivamente, facendo leva sulla nuova normativa Salva Casa, il proprietario aveva presentato SCIA in sanatoria ex art. 36-bis del TUE, confidando nella possibilità di regolarizzare i suddetti interventi. Tuttavia, anche tale istanza veniva rigettata dalla Soprintendenza, con il provvedimento oggetto del presente giudizio.

La ricorrente, impugnando il diniego della Soprintendenza, ha articolato un unico ma complesso motivo di ricorso, fondato sulle seguenti violazioni:

  • erronea applicazione dell’art. 36-bis TUE: la Soprintendenza avrebbe omesso ogni riferimento alla normativa “Salva Casa” e all’art. 36-bis, ignorando l’istanza espressamente fondata su tale disposizione, e valutando la SCIA come se fosse proposta ex art. 36 TUE;
  • difetto di istruttoria e motivazione: il provvedimento non conterrebbe un’adeguata analisi del caso concreto, né una motivazione pertinente alle richieste e alle normative invocate;
  • violazione della circolare MIBAC n. 19/2025: il diniego farebbe riferimento a concetti superati, ignorando le indicazioni ministeriali che ammettono la possibilità di sanatoria anche per interventi con aumento di volumetrie in aree vincolate;
  • incongruenza logico-giuridica: l’Amministrazione avrebbe omesso la valutazione della conformità urbanistica ed edilizia sulla base delle nuove regole, applicando erroneamente il precedente quadro normativo.

L’Amministrazione, costituitasi in giudizio, ha sostenuto che il territorio in cui ricade l’immobile è sottoposto a vincolo paesaggistico fin dal 1967, per cui ogni intervento deve essere valutato in base al Codice dei Beni Culturali (D.Lgs. 42/2004), le opere oggetto della SCIA in sanatoria erano già state oggetto di precedente rigetto e non possono essere nuovamente valutate in quanto ritenute non sanabili e il nuovo art. 36-bis TUE non può derogare ai principi generali del Codice dei Beni Culturali, in virtù del disposto dell’art. 183, comma 6, dello stesso Codice.

Quale norma si applica?

Il TAR chiarisce, innanzitutto, che l’art. 36-bis del TUE rappresenta una disposizione speciale e successiva, che introduce una procedura semplificata per la sanatoria di interventi edilizi anche in aree vincolate, e consente il rilascio del permesso in sanatoria persino per opere che determinano un aumento di volume o superficie. Questa disciplina, recepita in Sicilia con la l.r. n. 27/2024, era applicabile al momento della presentazione della SCIA e doveva pertanto essere presa in considerazione dalla Soprintendenza.

Il Collegio rileva che l’Amministrazione ha completamente omesso di valutare l’istanza secondo il paradigma normativo dell’art. 36-bis, riqualificandola erroneamente come istanza ai sensi dell’art. 36. Tale omissione rende il provvedimento viziato da difetto di istruttoria e motivazione, in violazione dei principi generali di correttezza, trasparenza e partecipazione procedimentale.

Qual è il ruolo della Soprintendenza?

Il giudice amministrativo evidenzia che l’Amministrazione aveva l’obbligo di:

  • istruire l’istanza alla luce della normativa vigente;
  • valutare espressamente la compatibilità paesaggistica secondo i criteri di cui all’art. 36-bis, comma 4;
  • motivare eventuali ragioni ostative.

Nel caso di specie, il diniego non contiene alcuna motivazione pertinente né una valutazione attuale circa l’effetto delle modifiche introdotte dalla legge Salva Casa, richiamando norme e giurisprudenza anteriore alla nuova disciplina.

Le argomentazioni fornite in giudizio dall’Amministrazione, tese a dimostrare l’inapplicabilità dell’art. 36-bis o la sua incompatibilità con il Codice del Paesaggio, non possono integrare la motivazione del provvedimento e sono pertanto inammissibili (violazione del divieto di motivazione postuma).

È possibile una nuova valutazione?

Il TAR afferma anche che la precedente decisione di rigetto (nell’ambito della procedura di terzo condono) non impedisce la proposizione di una nuova istanza sulla base della normativa sopravvenuta, e che l’Amministrazione ha il dovere di valutare tale nuova domanda in modo autonomo e riferito al quadro normativo vigente.

Alla luce delle superiori considerazioni, il TAR accoglie il ricorso e annulla il provvedimento impugnato, con obbligo per la Soprintendenza di rivalutare l’istanza, tenendo conto dell’art. 36-bis TUE.

La sentenza del TAR Sicilia n. 2191/2025 ha chiarito che, in presenza di una richiesta di sanatoria ai sensi del nuovo art. 36-bis del Testo Unico Edilizia, l’Amministrazione è tenuta a valutare l’impatto paesaggistico delle opere sulla base della normativa vigente, evitando istruttorie sommarie o basate su criteri superati. 

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