Tratto da: Lavori Pubblici  

La presenza di nuove volumetrie esclude la possibilità di un’autorizzazione paesaggistica postuma, anche in caso di volume tecnico o interrato, senza che sia possibile invocare una presunta “lievità degli interventi”.

A confermare la piena legittimità di un diniego alla sanatoria paesaggistica è la sentenza del TAR Lazio 5 maggio 2025, n. 8589, che si inserisce nel solco della giurisprudenza consolidata in materia di tutela paesaggistica e autorizzazioni ex d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).

 

Nel caso in esame, gli interventi realizzati dal proprietario e oggetto dell’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica riguardavano una pluralità di opere abusive, dichiarate come realizzate prima dell’acquisto dell’immobile, ma senza autorizzazione paesaggistica.

Tra gli interventi eseguiti:

  • la chiusura del sottoscala per realizzare un locale tecnico (con porta di accesso);
  • lo spostamento della scaletta che collega due quote della corte di pertinenza;
  • la realizzazione di due gradini aggiuntivi alla scala di collegamento col primo piano;
  • la sostituzione della ringhiera del portico con un parapetto in muratura;
  • la modifica delle aperture sui prospetti A e B (quindi visibili esternamente).

Il ricorrente contestava il diniego sostenendo che le opere in esame fossero prive di rilevanza paesaggistica o rientrassero tra quelle escluse dall’autorizzazione ai sensi del d.P.R. n. 31/2017.

Al contrario, l’amministrazione riteneva che l’intervento – consistito nella chiusura di spazi aperti originariamente assentiti come portici – avesse determinato la creazione di nuove volumetrie, con conseguente necessità di autorizzazione paesaggistica preventiva, non sanabile ex post.

La sanatoria paesaggistica (o accertamento di compatibilità paesaggistica postumo) è un istituto previsto dall’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che consente, in via eccezionale, di regolarizzare a posteriori determinati interventi eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, purché sussistano precisi requisiti di legge.

Ai sensi dell’art. 167, comma 4, lett. a) del Codice, l’autorità amministrativa può accertare la compatibilità paesaggistica esclusivamente nei casi in cui i lavori non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi, ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.

In altri termini, la sanatoria paesaggistica è possibile solo per interventi minoriprivi di rilevanza volumetrica, che non abbiano modificato significativamente l’assetto paesaggistico originario.

È invece sempre esclusa quando:

  • viene realizzata nuova volumetria (anche interrata o “tecnica”);
  • vi è aumento di superficie utile;
  • l’intervento comporta alterazioni incompatibili con i valori tutelati.

La giurisprudenza è ferma nel ritenere irrilevante la natura del volume: tecnico o abitativo, visibile o meno, non fa differenza. La sola presenza di nuovo volume impedisce l’accesso alla regolarizzazione postuma.

La sanatoria paesaggistica è un procedimento autonomoaggiuntivo, e riguarda solo l’aspetto paesaggistico dell’intervento, non quello edilizio-urbanistico e non va confusa con:

  • l’accertamento di conformità edilizio ex art. 36 del d.P.R. 380/2001;
  • la SCIA in sanatoria ex art. 37 del medesimo decreto;
  • le leggi sul condono edilizio (es. L. n. 47/1985).

Ai sensi del d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31, sono esclusi dall’autorizzazione paesaggistica solo gli interventi ricompresi nell’Allegato A, mentre quelli elencati nell’Allegato B sono soggetti a procedimento semplificato, non già esonerati.

Nel caso in esame, il riconoscimento implicito della necessità dell’autorizzazione è stato avvalorato dalla stessa condotta del ricorrente, che ha presentato istanza ai sensi dell’art. 167 del Codice dei beni culturali, volto a ottenere una sanatoria paesaggistica postuma.

Tale articolo, al comma 4, lett. a), consente l’accertamento della compatibilità solo per le opere che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi, escludendo quindi ogni intervento che comporti nuove edificazioni rilevanti dal punto di vista paesaggistico.

Il Collegio ha inoltre ricordato che gli abusi edilizi e paesaggistici non possono essere valutati in modo atomistico, ma vanno apprezzati nella loro dimensione complessiva.

Secondo il TAR, gli interventi hanno comportato:

  • la parziale chiusura del portico originariamente assentito come spazio aperto;
  • la trasformazione della scala esterna in vano scala interno;
  • la realizzazione di ambienti chiusi (sottoscala, tamponature, parapetti in muratura);
  • un aumento di volumetria rilevante, tale da escludere la possibilità di una sanatoria paesaggistica postuma.

Raffrontando gli interventi con lo stato legittimo dell’immobile, individuato nel titolo edilizio originario del 1986, che assentiva ambienti aperti sia al piano terra che al primo piano, la documentazione in atti e le fotografie dimostrano, invece, la parziale chiusura dei portici e la creazione di nuovi ambienti chiusi, con un impatto volumetrico evidente.

La sentenza è chiara nel precisare che non hanno pregio i richiami a “superfici accessorie” o “volumi tecnici”: ogni intervento che comporti un aumento di superficie utile o volume è rilevante ai fini paesaggistici.

In linea con la giurisprudenza prevalente, il TAR ribadisce che il divieto di incremento volumetrico vale per qualsiasi tipo di volume, indipendentemente dalla destinazione d’uso o dalla collocazione (interrata o fuori terra). Ciò in quanto la norma è finalizzata alla tutela dell’integrità percettiva e morfologica del paesaggio, che può essere compromessa anche da elementi apparentemente “tecnici”.

Un ulteriore profilo rilevante riguarda l’onere della prova in capo al ricorrente, chiamato a dimostrare l’epoca di realizzazione degli interventi. In assenza di tale prova, non è possibile invocare un regime transitorio o precedente più favorevole, e si applica il divieto “a regime” di sanatoria postuma per incremento volumetrico, previsto dall’art. 167, comma 4, lett. a) del d.lgs. n. 42/2004.

Il ricorso è stato quindi respinto: gli interventi che determinano nuova volumetria sono sempre soggetti ad autorizzazione paesaggistica e non possono essere sanati ex post, anche se qualificati come “volumi tecnici” o interrati.

Il d.P.R. n. 31/2017 non consente l’esonero per interventi che comportano aumento di volume: solo gli interventi elencati nell’Allegato A sono esclusi, mentre tutti gli altri richiedono autorizzazione semplificata o ordinaria.

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