tratto da biblus.acca.it

Come le disposizioni del Salva Casa si integrano con il Codice dei beni culturali, come cambia l’accertamento di compatibilità paesaggistica.

La circolare 4 aprile 2025, n. 19 del Ministero della Cultura fornisce chiarimenti sull’applicazione dell’articolo 36-bis del D.P.R. 380/2001 introdotto dal Decreto Salva Casa, con particolare attenzione all’accertamento di conformità in caso di parziali difformità e variazioni essenziali e con riferimento a quanto previsto dal D.Lgs. 42/2004.

L’obiettivo principale della circolare è chiarire come queste nuove disposizioni si integrano con l’articolo 167, comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in materia di ordine di remissione in pristino o diversamente di un’indennità pecuniaria.

La circolare mira a fornire indicazioni operative uniformi per le Soprintendenze e gli altri uffici competenti, al fine di garantire una corretta applicazione della normativa in materia di tutela del paesaggio e semplificazione edilizia.

Inquadramento normativo

La Circolare riporta i principali riferimenti normativi in materia di regolarizzazione edilizia e paesaggistica citando:

  • Art. 36-bis, comma 1, del Testo Unico dell’Edilizia (TUE);
  • Art. 36-bis, comma 4, del TUE;
  • Art. 167, comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio;
  • Art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio;
  • Art. 183, comma 6, del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Salva Casa e accertamento di compatibilità paesaggistica

Particolare attenzione è volta al comma 4 dell’art. 36-bis secondo cui:

4. Qualora gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. Le disposizioni del presente comma si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.

La nuova versione del comma 4 dell’articolo 36-bis del testo unico edilizia introduce una disciplina che, nella sua formulazione letterale, risulta non perfettamente allineata con quanto previsto dall’art. 167, comma 4, lettera a), del Codice dei beni culturali e del paesaggio:

L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli  legittimamente realizzati.

Dal confronto tra i 2 riferimenti normativi emerge una differenza sostanziale che rende necessario un chiarimento per garantire un’applicazione uniforme da parte degli enti preposti:

  • l’articolo 36-bis del TUE prevede la possibilità di ottenere ex post, quindi in sanatoria, un parere vincolante sull’accertamento di compatibilità paesaggistica, anche nei casi in cui gli interventi abbiano comportato la creazione di nuove superfici utili o volumi, oppure l’ampliamento di quelli esistenti, ma solo se si tratta degli interventi contemplati dal comma 1 dello stesso articolo;
  • l’articolo 167, comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (Codice BCP), invece, esclude espressamente la possibilità di accertamento postumo della compatibilità paesaggistica per interventi che abbiano generato superfici o volumi nuovi o aumentato quelli già legittimati.

Questa discrepanza tra le due normative pone quindi un problema interpretativo circa la legittimità e l’effettiva applicabilità delle disposizioni introdotte con la riforma dell’art. 36-bis TUE, che sembrerebbero estendere i margini della sanatoria paesaggistica oltre quanto consentito dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Il MiC chiarisce che tale antinomia è soltanto apparente e può essere risolta applicando il criterio cronologico della successione delle leggi nel tempo.
In questo senso, il disposto dell’art. 183, comma 6, del Codice BCP ha carattere programmatico e, in quanto tale, non prevale sui principi superiori ordinamentali che regolano la successione delle leggi nel tempo.

Art. 183, comma 6, del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio

6. Le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi del presente decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni.

Inoltre, l’art. 36-bis del TUE non introduce una deroga ai principi del Codice dei Beni Culturali, poiché il parere delle Soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio (SABAP) continua ad avere natura vincolante ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi edilizi. Pertanto, non si configura alcun conflitto con l’art. 183, comma 6, del Codice BCP.

Alla luce di queste considerazioni, si può concludere che l’art. 36-bis del TUE è pienamente applicabile, anche se non richiama espressamente in modo derogatorio l’art. 167, comma 4, del Codice.
Infatti, sebbene quest’ultimo vieti il rilascio in sanatoria dell’autorizzazione paesaggistica, nulla impedisce al legislatore di prevedere, con legge ordinaria e in via generale, specifiche e limitate ipotesi in cui sia possibile procedere ex post all’accertamento della compatibilità paesaggistica.

In base a quanto previsto dall’art. 36-bis (comma 1), quindi, è possibile rilasciare un parere vincolante anche nei seguenti casi:

  • interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA, come previsto dall’art. 34 del TUE;
  • interventi realizzati in assenza o difformità dalla SCIA, come previsto dall’art. 37 del TUE.

Resta fermo che al di fuori di queste ipotesi, continua ad applicarsi integralmente l’art. 167 del Codice BCP.

In ogni caso, qualora l’autorità competente in materia paesaggistica esprima una valutazione negativa, restano validi i principi sanzionatori e gli obblighi di rimessa in pristino previsti dal Codice.

Infine, il comma 4 dell’art. 36-bis stabilisce che le sue disposizioni si applicano anche quando gli interventi indicati al comma 1 siano risultati incompatibili con un vincolo paesaggistico introdotto dopo la loro realizzazione. Pertanto, anche se le opere sono state eseguite prima dell’imposizione del vincolo, è necessario presentare domanda per l’accertamento della compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 36-bis del TUE.

Accertamento di compatibilità paesaggistica e silenzio-assenso

Il MiC infine raccomanda di svolgere con la massima accuratezza le valutazioni relative alla compatibilità paesaggistica degli interventi, esprimendo il parere vincolante di competenza entro il termine perentorio di 90 giorni.

Decorso tale termine, si intende formato il silenzio-assenso, con la conseguente possibilità, per il dirigente o il responsabile dell’ufficio procedente, di provvedere autonomamente.

Considerato che, una volta maturato il silenzio-assenso, l’Amministrazione perde la possibilità di esprimersi sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento già realizzato, il MiC richiama l’attenzione degli Istituti competenti affinché adottino tutte le misure organizzative necessarie per limitare tale eventualità a casi marginali ed eccezionali.

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