Tratto da: Ildirittoamministrativo.it  

Autore: Pasquale Iorio 

Abstract

La nota analizza la sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, n. 4835/2025, con particolare riferimento alla natura giuridica delle graduatorie concorsuali riformulate a seguito della riammissione di candidati esclusi e alla decorrenza della loro efficacia ai fini dell’utilizzazione da parte di altre amministrazioni. La riflessione si colloca al crocevia tra legalità formale ed effettività della tutela, con implicazioni rilevanti per la gestione del personale pubblico e la certezza giuridica.

Sommario: 1. Premessa metodologica. – 2. Il procedimento di approvazione dell’elenco definitivo e il dies a quo della sua efficacia. – 3. La questione giuridica: riformulazione della graduatoria e decorrenza dell’efficacia. – 4. Continuità apparente e mutamento sostanziale: una ricostruzione criticabile alla luce dei principi di effettività e legittimo affidamento. – 5. Considerazioni conclusive: spunti e prospettive.

 

 

  1. Premessa metodologica

Muovendo dalla lettura della recente pronuncia del Consiglio di Stato, resa in ordine alla natura di una graduatoria riformulata a seguito di riammissione di un candidato, il contributo si sofferma sulla questione del dies a quo della sua efficacia ai fini dell’utilizzazione da parte di altre amministrazioni.

La prospettiva adottata è quella di una lettura sistematica dell’art. 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165/2001, che ha ristabilito l’efficacia triennale delle graduatorie per il reclutamento del personale presso le amministrazioni locali, in combinato disposto con l’art. 91, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000 e alla luce della teoria sostanzialistica del provvedimento amministrativo e dei principi costituzionali di uguaglianza e buon andamento.

La nota in lettura si muove, dunque, sullo scivoloso crinale tra legalità formale e sostanziale, interrogandosi sulla coerenza dell’orientamento giurisprudenziale prevalente con le esigenze di effettività della tutela giurisdizionale e di equilibrio, tra certezza del diritto e legittimo affidamento.

 

 

  1. Il procedimento di approvazione dell’elenco definitivo e il dies a quo della sua efficacia

Al termine dello svolgimento delle prove d’esame, stando alle previsioni dell’art. 35, comma 5-quater[1], del D.Lgs. n. 165/2001, nella sua recente formulazione, «[…] le commissioni di concorso […] elaborano una graduatoria di merito sulla base dei soli risultati delle predette prove. Su tale graduatoria sono applicati i punteggi relativi ai titoli previsti dal bando e, successivamente, sono applicate le precedenze e le preferenze. Su tale ultima elaborazione le commissioni applicano il limite di cui al comma 5-ter[2]Sulla graduatoria risultante si applicano, entro il limite del 20 per cento degli idonei, le riserve di posti previste dal bando. Al fine di assicurare la trasparenza della procedura concorsuale, la graduatoria di merito, quella risultante dall’applicazione dei titoli sulla graduatoria di merito e quella finale sulla quale si applicano le riserve previste dal bando, sono pubblicate contestualmente sul Portale unico del reclutamento[3] […] e sul sito dell’amministrazione procedente in un’area ad accesso riservato ai partecipanti, utilizzando le specifiche funzionalità previste dal predetto Portale. Resta ferma la minimizzazione dei dati personali».

Come si legge nel dossier del servizio studi di Camera e Senato n. 448/1 del 18 aprile 2025 «la novella […] prevede, in primo luogo, che le graduatorie dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale siano esposte in termini articolati, con riferimento distinto agli esiti delle prove d’esame, alla somma dei punteggi relativi a queste ultime e di quelli relativi ai titoli e alla graduatoria finale con l’applicazione delle riserve, precedenze e preferenze […]. La pubblicazione in oggetto è effettuata […] sia sul Portale unico del reclutamento sia sul sito internet istituzionale dell’amministrazione procedente (anche tramite apposito collegamento ipertestuale […], in un’area ad accesso riservato ai partecipanti e in base alle funzionalità del suddetto Portale; è esplicitamente richiamato […] il principio di minimizzazione dei dati personali».

Nella medesima direzione si colloca anche l’art. 15 del d.P.R. 487/1994, secondo cui la graduatoria di merito dei concorrenti viene formalizzata «[…] secondo l’ordine dei punti della votazione complessiva riportata da ciascun candidato, con l’osservanza, a parità di punti, delle preferenze previste […]» e vengono, successivamente, «dichiarati vincitori, nei limiti dei posti […] messi a concorso, i candidati utilmente collocati nelle graduatorie di merito […]».

La graduazione dei candidati rappresenta, pertanto, la fase conclusiva del procedimento concorsuale, soggetta, in ultima istanza, all’approvazione formale del dirigente responsabile dell’ufficio che ha indetto la procedura selettiva. Si tratta di un procedimento di amministrazione attiva, di natura costitutiva, mediante il quale la P.A. «fa proprio l’operato della commissione giudicatrice. Tale funzione di controllo globale sulle operazioni concorsuali comporta che il dirigente, cui spetta l’approvazione della graduatoria, debba essere persona diversa da chi ha eventualmente presieduto la commissione esaminatrice, per l’evidente incompatibilità soggettiva derivante dalla posizione di chi riveste contemporaneamente la posizione di controllore e di controllato»[4].

Il comma 6 del richiamato art. 15 ribadisce che «le graduatorie dei concorsi […], ivi incluse quelle dei concorsi delle regioni e degli enti locali, sono pubblicate contestualmente sul Portale[5] di cui all’articolo 35-ter del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e sul sito dell’amministrazione interessata. Dalla data di tale pubblicazione decorrono i termini per l’impugnativa».

Negli Enti Locali il varo definitivo di tale ultimo atto concorsuale è prerogativa del responsabile dell’area ove è incardinato l’ufficio risorse umane. Quest’ultimo, con propria determinazione, approverà i verbali trasmessi dalla commissione esaminatrice e, per l’effetto, confermerà la graduatoria di merito del concorso. L’atto è immediatamente efficace dalla data della sua adozione, cui seguirà la contestuale pubblicazione sul portale unico del reclutamento www.InPA.gov.it e all’albo pretorio on line del sito dell’amministrazione procedente.

In argomento, alla luce dei prevalenti approdi giurisprudenziali del Consiglio di Stato, appare utile evidenziare che «[…] pur se le determinazioni dirigenziali rientrano nella nozione più vasta di deliberazione come riportata dall’art. 124 del T.u.e.l., non si può affermare lo stesso circa l’estensione a queste circa i limiti all’esecutività previsti dal seguente art. 134; ora, se la necessaria pubblicità dell’azione degli enti locali richiede di applicare ai provvedimenti monocratici le stesse fondamentali regole di pubblicità degli atti degli organi collegiali, ciò non vuol dire che per gli stessi valgano anche le disposizioni che riguardano il conseguimento dell’efficacia dei provvedimenti. […] Sotto tale profilo, va rimarcato che – per il principio di legalità – solo agli atti emanati dagli organi individuati dall’art. 134 del T.u.e.l. si applicano le sue relative disposizioni, e non anche agli atti disciplinati dal precedente art. 124. L’art. 42 del T.u.e.l. definisce il consiglio comunale quale organo di controllo politico-amministrativo e conseguentemente rimette alle sue competenze una serie di atti programmatori, organizzatori ed in senso lato normativi ed una limitatissima serie di provvedimenti di gestione di notevole rilevanza, mentre la giunta è chiamata ad attuare gli indirizzi generali del consiglio ed a collaborare con il Sindaco – art. 48. I dirigenti invece hanno le competenze di carattere generale per l’adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno e che non siano ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico amministrativo degli organi di governo dell’ente. Dunque, è comprensibile che l’esecutività degli atti degli organi di governo sia subordinata ai tempi della loro pubblicazione, dato il carattere interesse collettivo da questi rivestito; le determinazioni dirigenziali costituiscono in genere la figura del provvedimento, ossia di quell’atto tipico denominato chiamato a realizzare gli interessi specifici affidati alle cure dell’amministrazione e consistenti in decisioni destinate a generare, modificare distinguere situazioni giuridiche specifiche o quanto meno a negarne la nascita, la modificazione o l’estinzione. Quindi se gli atti generali rimessi alla competenza degli organi di governo sono regolati nella loro efficacia e vigenza dall’art. 134, si comprende allora che le determinazioni dirigenziali comunali vadano anch’esse pubblicate per soddisfare le esigenze di trasparenza dell’attività amministrativa, ma non vi è alcuna regola legislativa che ne comporti l’inefficacia in pendenza di pubblicazione»[6].

 

 

 

  1. La questione giuridica: riformulazione della graduatoria e decorrenza dell’efficacia

Sovente accade, nell’ambito delle procedure concorsuali, che le graduatorie siano oggetto di molteplici pubblicazioni: in ragione di errori commessi nel calcolo dei punteggi attribuiti ai candidati o, più verosimilmente, all’esito di contenziosi di natura amministrativa.

I provvedimenti di approvazione, come prevedibile, possono mutare anche radicalmente la graduatoria varata ab origine, soprattutto in considerazione del fatto che le rettifiche producono una pluralità di modifiche nel posizionamento dei candidati.

In ragione di quanto appena affermato si ritiene che non possa più parlarsi di una sola graduatoria, vale a dire quella rettificata dopo la prima approvazione, ma di ordini di successione diversi, proprio perché differenti dalla prima.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale «[…]  per questa ragione non è possibile far decorrere il termine di validità della seconda graduatoria (di definitiva collocazione dei candidati) dal momento di pubblicazione di precedente graduatoria ormai non più in essere in quanto errata e sostituita da altra successiva […]. E deve dunque convenirsi […] che il termine […] di validità ha iniziato a decorrere dal giorno […] di pubblicazione della seconda graduatoria […]»[7].

Nel caso in cui «[…]  l’amministrazione abbia provveduto a modificare una graduatoria in quanto errata, anche se l’errore sia stato accertato giudizialmente […][8]», non è ugualmente ritenuto corretto individuare, come data di decorrenza dell’ultima graduatoria approvata, quella della pubblicazione iniziale varata all’esito delle prove concorsuali, proprio perché la stessa è da considerarsi quale nuovo atto. Prospettazione, questa, confermata, in sede di ricorso in appello, dai giudici di Palazzo Spada i quali hanno ribadito come sia «un nuovo provvedimento amministrativo – e non già la rettifica della graduatoria avvenuta in sede giurisdizionale – a reggere […] lo slittamento dei relativi termini di efficacia della graduatoria»[9].

Del resto, come più volte ribadito dal Consiglio di Stato con riferimento all’impugnazione degli atti concorsuali, è da considerarsi principio generale quello secondo cui «[…] il termine di impugnazione decorre dalla data di conoscenza del relativo esito – che coincide di regola con la pubblicazione del provvedimento di approvazione della graduatoria – in quanto tale atto consente ai candidati di percepire la lesione attuale della loro posizione […]»[10].

A far da velo ai mentovati approdi decisori è una recente pronuncia del massimo organo della giustizia amministrativa relativo proprio alla natura giuridica della riformulazione di una graduatoria concorsuale successiva alla riammissione di un candidato escluso.

Nella specie, la III sezione del Consiglio di Stato è stata chiamata a valutare se la deliberazione di riformulazione della graduatoria sia da considerare mero atto modificativo o, piuttosto, nuovo provvedimento approvativo, rilevante ai fini del dies a quo di efficacia.

La questione è spinosa: dall’esito della qualificazione dipende la possibilità, per i candidati appellanti, di far valere la validità della graduatoria al momento in cui la PA ha bandito una nuova procedura concorsuale, omettendo di attingere alla stessa.

La tesi accolta dalla sezione è chiara: la graduatoria riformulata non assume autonoma consistenza giuridica tale da far decorrere ex novo il termine di efficacia. La modifica va a qualificarsi come «parziale variazione traslativa», in quanto limitata all’inserimento di un solo concorrente e allo slittamento di quelli a valle. Tale mutamento, a tenore di quanto ritenuto dai giudici amministrativi, non muta l’identità provvedimentale dell’atto già approvato, che conserva così il proprio termine iniziale di efficacia.

Secondo l’assunto centrale della sentenza n. 4835 del 4 giugno 2025 «[…] deve escludersi che qualunque vicenda modificativa di una graduatoria, intervenuta successivamente alla sua approvazione, determini la rinnovazione del termine a quo di efficacia della stessa, dovendo a tal fine distinguersi tra le modifiche che alterano la fisionomia della stessa, sì da indurre a qualificare quella risultante come “nuova” graduatoria, dalle modifiche che ne lascino immutata l’identità sostanziale e, di conseguenza, il termine iniziale della relativa efficacia […]»[11].

Il collegio ha ritenuto che «[…] che un utile criterio discretivo delle vicende innovative da quelle meramente modificative debba prescindere da considerazioni di carattere meramente formale, per valorizzare i contenuti dispositivi della graduatoria, quale specifica tipologia di provvedimento amministrativoApplicando le illustrate coordinate interpretative […], deve osservarsi che la graduatoria scaturente dall’inserimento del candidato riammesso […] è effettivamente caratterizzata dalla modifica della posizione in essa occupata dai concorrenti collocatisi in posizione successiva rispetto a quella del candidato reintegrato […]. È quindi evidente che, da un punto di vista formale, la graduatoria approvata […] è oggettivamente diversa da quella originaria. La suddetta modifica, tuttavia, è rimasta circoscritta alla integrazione del novero dei concorrenti in essa inseriti (attraverso l’aggiunta del candidato originariamente estromesso e riammesso ope iudicis) ed alla parziale variazione, in chiave meramente traslativa (nell’ordine di una posizione per ciascuno), della graduazione dei candidati collocati in posizione successiva […]. L’atto conclusivo della precedente procedura concorsuale è tuttavia rimasto di fatto lo stesso, con le varianti determinate dall’inserimento di un ulteriore candidato, così come sostanzialmente immutata è rimasta l’aspettativa all’assunzione di coloro che già vi erano collocati […][12]».

L’argomentazione si fonda su una concezione minimalista della lesione: i ricorrenti, avendo solo perso una posizione, non vedrebbero alterata in modo sostanziale la propria aspettativa all’assunzione. Di qui, la conclusione che la modifica – sostanziale e non meramente rettificativa – non produce effetti giuridici nuovi, idonei a determinare una novatio actus.

Detto in altri termini lo slittamento del termine si registra solo nel caso di fattispecie peculiari in cui le modifiche apportate in un momento successivo alle graduatorie definitive di merito diano luogo a cambiamenti radicali incidenti sulle posizioni di più candidati che implicano una rilevante modifica della graduazione iniziale.

Tale posizione, pur coerente con l’ortodossia dell’interpretazione sistematica delle fonti, presta il fianco a una serie di criticità sotto il profilo della parità concorsuale e della legittima aspettativa degli idonei, in una Pubblica Amministrazione razionale e prevedibile.

Sul punto, nel 2022, si è soffermata la stessa III sezione del Consiglio di Stato evidenziando come sia di obiettiva percezione la posizione di coloro che non conseguono l’utilità dell’assunzione nella prima tornata i quali attraverso le evoluzioni della graduatoria conservano ottime chance di un probabile e prossimo ingresso nella PA, «[…] ciò sia in considerazione di possibili rinunce da parte dei soggetti graduati in posizione di poziore sia della concreta incidenza che l’attingimento dalla graduatoria […] avrebbe rispetto all’affermazione piena, anche in ragione di eventuali successivi utilizzi, del principio del favor ordinamentale per l’utilizzazione delle graduatorie con idonei, principio che […] intercetta l’esigenza di contenimento della spesa pubblica – in considerazione dei costi derivanti dallo svolgimento di un nuovo concorso – e recede solo in ipotesi di speciali discipline di settore, di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalente, che devono però in ogni caso essere puntualmente indicate»[13].

 

  1. Continuità apparente e mutamento sostanziale: una ricostruzione criticabile alla luce dei principi di effettività e legittimo affidamento

La posizione del Consiglio di Stato, pur lineare, appare sul piano critico eccessivamente formalistica e parzialmente disallineata rispetto alla giurisprudenza più avvertita in materia di contenuto dispositivo del provvedimento amministrativo, il quale si identifica non tanto per la sua forma, piuttosto per il suo contenuto sostanziale: funzione effettiva ed effetti prodotti. 

In quest’ottica, l’inserimento, in esecuzione di una sentenza definitiva, di un concorrente in posizione utile ai fini dell’assunzione e il conseguente riposizionamento di tutti gli altri candidati non può qualificarsi, a parere di chi scrive, come semplice variazione, ma costituisce un mutamento strutturale della graduatoria «[…] soprattutto in considerazione del fatto che, dopo la rettifica, vi è stata una pluralità di modifiche nel posizionamento dei candidati. Anzi deve ritenersi che, proprio per quanto appena affermato, non possa più parlarsi di una sola graduatoria (rettificata dopo la prima approvazione) ma di due graduatorie diverse, essendo la seconda completamente differente dalla prima. Per questa ragione non è possibile far decorrere il termine di validità della seconda graduatoria (di definitiva collocazione dei candidati) dal momento di pubblicazione di precedente graduatoria ormai non più in essere in quanto errata e sostituita da altra successiva […]»[14].

In altri termini, non si tratta di un mero aggiornamento tabellare, ma si è di fronte alla produzione di un effetto sostanziale sull’aspettativa giuridicamente protetta dei candidati già graduati.

La loro posizione concorsuale muta. E con essa cambia anche la portata provvedimentale dell’atto, il quale risulta espresso nuovamente, in maniera integrale, seppur per motivi sopravvenuti.

L’art. 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165/2001, nella sua attuale formulazione[15], stabilisce che «le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di due anni dalla data di approvazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali e quelli stabiliti per gli enti locali dall’articolo 91 del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267». Stando al tenore di quest’ultima disposizione «per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l’eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili […][16]». È stata, quindi, ristabilita l’efficacia triennale degli esiti delle procedure concorsuali il reclutamento del personale presso le amministrazioni locali.

Ciò detto, occorre rilevare che il precipitato logico del termine di efficacia delle graduatorie non è soltanto quella di offrire un termine di tutela all’aspettativa dell’idoneo, ma anche quella di garantire concorrenza periodica tra candidati mediante l’apertura di nuove selezioni. Da ciò discende che il termine non può essere interpretato rigidamente: se l’approvazione di una graduatoria muta nella sua struttura e incide concretamente sull’ordine dei candidati, è coerente ritenere che la sua efficacia debba decorrere dalla riformulazione definitiva.

Tale orientamento è stato fatto proprio da significative pronunce giurisprudenziali, che proprio in casi di riammissione giudiziale hanno ravvisato un effetto sostanzialmente innovativo della nuova graduatoria, idoneo a far ripartire il computo del termine di validità.

L’ulteriore implicazione problematica della sentenza in esame è che essa, pur affermando l’irrilevanza della riformulazione sotto il profilo del dies a quo, riconosce contestualmente la diversità oggettiva delle due graduatorie, ammettendo lo slittamento dei candidati ricorrenti e la contestuale assunzione del concorrente successivamente inserito. Tale contesto – tra apparenza di continuità e effettività del mutamento – conduce a una soluzione penalizzante per i candidati pregiudicati dalla riformulazione. Essi, paradossalmente, subiscono una retrocessione senza poter fruire della ripartenza del termine di validità, il che lede ala parità di trattamento tra concorrenti.

Sempre in argomento val la pena riportare anche la novella introdotta all’art. 35 del D.Lgs. n. 165/2001 – dall’art. 3, comma 1, lettera d), punto 4, del decreto-legge 25/2025[17] – che ha previsto  l’inserimento, tra gli altri, del comma 5-sexies secondo cui «la graduatoria si intende utilmente scorsa quando, entro il limite temporale di validità, l’amministrazione titolare individua, o cede ad amministrazioni terze, candidati idonei individuati numericamente o nominativamente, in ordine di graduatoria, per la successiva convocazione da parte dell’amministrazione procedente, a nulla rilevando il momento della stipula del contratto di assunzione».

L’innovazione normativa, come si legge nel dossier del servizio studi di Camera e Senato n. 448/1 del 18 aprile 2025, «individua gli atti amministrativi che, al fine del legittimo utilizzo della graduatoria, devono essere adottati entro il termine di validità della medesima. A seconda della fattispecie sottostante, l’atto in questione è costituito dall’individuazione, da parte dell’amministrazione titolare della procedura concorsuale, o dalla cessione da parte di quest’ultima ad amministrazioni terze, di candidati idonei, designati nominativamente o numericamente […], in ordine di graduatoria, per la successiva convocazione (da parte dell’amministrazione procedente all’assunzione); la novella specifica che la stipulazione del contratto di assunzione può intervenire successivamente alla scadenza del suddetto termine di validità».

La problematica in esame non si esaurisce in una mera questione teorica, ma assume rilevanti implicazioni pratiche. Persiste, infatti, l’interrogativo riguardante le modalità concrete attraverso cui procedere all’individuazione di un candidato ritenuto idoneo o alla cessione della relativa graduatoria in favore di altre amministrazioni. Tali procedimenti richiedono, imprescindibilmente, una formalizzazione mediante l’adozione di un atto amministrativo dotato di data certa, pena l’impossibilità di verificare il rispetto dei termini di validità della graduatoria stessa.

Nell’ambito della decisione dell’amministrazione titolare di avvalersi dello scorrimento della graduatoria, è necessario che il Dirigente dell’area risorse umane, adotti un atto formale con il quale manifesti espressamente la volontà di coprire il posto vacante mediante il ricorso alla specifica graduatoria. Tale provvedimento deve identificare in maniera chiara e univoca la graduatoria oggetto di utilizzo, richiamando il relativo atto originario di approvazione e attestandone la perdurante efficacia alla data di adozione del nuovo provvedimento. L’atto così formato deve essere tempestivamente notificato al candidato idoneo, specificando le modalità e i termini per l’accettazione dell’incarico e per la successiva sottoscrizione del contratto di lavoro.

Analogamente, nel caso di cessione della graduatoria ad altre amministrazioni, il provvedimento determinante non è tanto l’accordo intercorso tra gli enti interessati per la condivisione della graduatoria, quanto il provvedimento unilaterale adottato dall’ente utilizzatore, in conformità con le modalità concordate, con il quale viene deliberato l’utilizzo della graduatoria stessa e il relativo scorrimento. Anche in tale ipotesi permane l’obbligo di notificare il provvedimento al candidato idoneo, affinché possano essere avviate le attività consequenziali.

La recente innovazione normativa, introdotta dal convertito decreto-legge n. 25/2025, appare orientata a semplificare la gestione delle graduatorie concorsuali, conferendo maggiore flessibilità nel loro utilizzo da parte delle amministrazioni. Tuttavia, la reale complessità si rinviene nei dettagli applicativi. Sebbene la decisione di procedere allo scorrimento rappresenti un atto unilaterale, l’instaurazione del rapporto di lavoro con il candidato idoneo si perfeziona soltanto con il consenso reciproco espresso attraverso la sottoscrizione del contratto. Sorge, dunque, la questione interpretativa circa l’eventualità in cui l’amministrazione deliberi lo scorrimento della graduatoria a pochi giorni dalla scadenza della sua validità e il candidato individuato non formalizzi l’adesione alla stipulazione del contratto successivamente alla decadenza della graduatoria stessa. In tale scenario, si pone il dubbio se il provvedimento originario di scorrimento sia sufficiente a legittimare ulteriori utilizzi di una graduatoria ormai non più efficace.

Sebbene le esigenze di funzionalità amministrativa e i principi tecnico-giuridici sembrerebbero deporre per una soluzione negativa, non è esclusa un’interpretazione normativa estensiva che consenta un’applicazione più elastica della disciplina vigente. In tal senso, si registra l’assenza di un intervento chiarificatore nel corso del procedimento di conversione del decreto-legge n. 25/2025, sebbene sollecitato dalle istanze provenienti specificamente dagli Enti Locali, in risposta a esigenze contingenti e non prevedibili che potrebbero trovare difficoltosa applicazione nell’attuale quadro normativo.

 

  1. Considerazioni conclusive: spunti e prospettive

La pronuncia in esame s’inserisce nel solco di un orientamento volto a preservare la coerenza sistemica dell’azione amministrativa mediante una rigorosa delimitazione delle ipotesi in cui la riformulazione di una graduatoria concorsuale possa assumere valenza di nuovo provvedimento, tale da incidere sul dies a quo della sua efficacia.

La sentenza manifesta, in tale prospettiva, l’intento di tutelare la certezza giuridica, evitando che ogni minima variazione dell’atto originario – magari indotta da provvedimenti giurisdizionali o altre eventi sopravvenuti – determini una continua riapertura dei termini di validità.

Tuttavia, un simile approccio, sebbene formalmente coerente con la cornice normativa di riferimento, solleva rilevanti criticità sotto il profilo della parità tra i partecipanti. Il rifiuto di riconoscere effetti innovativi a una riformulazione che, pur circoscritta, determina un diverso ordinamento dei candidati, rischia di configurarsi come una negazione delle implicazioni sostanziali che tale mutamento comporta.

La scelta di qualificare l’inserimento di un candidato riammesso e lo slittamento di altri idonei come «modifica parziale a effetto traslativo» si fonda su un’interpretazione restrittiva dell’identità del provvedimento amministrativo. Ciononostante, appare discutibile che una graduatoria, la quale all’esito della riformulazione presenti un ordine modificato degli idonei – con conseguenze potenzialmente decisive sulle aspettative assunzionali – possa dirsi, nella sostanza, la medesima rispetto all’originaria.

La funzione delle graduatorie, a ben vedere, non si esaurisce in un mero strumento di catalogazione di esiti concorsuali, trattandosi di atti sostanzialmente dispositivi idonei ad incidere sull’aspettativa giuridicamente tutelata degli idonei.

La loro vigenza non rappresenta una semplice cornice temporale, bensì costituisce un presidio di equilibrio tra esigenze concorsuali, buon andamento dell’azione amministrativa e tutela dell’affidamento.

In tale ottica, la riformulazione, specie se prodotta per effetto di una sentenza, muta non solo la composizione formale dell’atto, ma anche la sua struttura sostanziale.

Una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 35, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 165/2001, in combinato disposto con l’art. 91, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000, impone che l’interesse alla certezza si coordini con quello, altrettanto rilevante, alla parità concorsuale e alla legittima aspettativa degli idonei in una amministrazione razionale, prevedibile, giusta.

In altri termini, una lettura sostanzialistica, capace di coniugare certezza e giustizia amministrativa, suggerisce che ogni volta in cui si incide concretamente sulla posizione concorsuale degli idonei – sia pure attraverso l’aggiunta di un solo candidato – l’atto di riformulazione assume natura costitutiva, da cui far decorrere ex novo il termine di efficacia.

Una siffatta interpretazione non si risolve in un’indebita compressione della discrezionalità amministrativa, ma tiene conto di un doveroso bilanciamento tra stabilità dell’azione amministrativa e protezione delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte, in conformità ai principi di leale collaborazione istituzionale e buona fede procedimentale.

 

Funzionario Amministrativo dell’Università degli Studi di Salerno – abilitato all’esercizio della professione di Avvocato.

 

Le considerazioni espresse nel presente lavoro sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non impegnano, in alcun modo, l’Amministrazione di appartenenza.

 

 

[1] Introdotto dal decreto-legge 25/2025, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025.

[2] «[…] Nei concorsi pubblici, a esclusione di quelli banditi per il reclutamento del personale sanitario e socio-sanitario, educativo e scolastico, compreso quello impiegato nei servizi educativo-scolastici gestiti direttamente dai comuni e dalle unioni di comuni, e dei ricercatori, nonché del personale di cui all’articolo 3, sono considerati idonei i candidati collocati nella graduatoria finale dopo l’ultimo candidato vincitore, in numero non superiore al 20 per cento dei posti messi a concorso. Entro il termine di validità delle graduatorie e nei limiti delle facoltà assunzionali già autorizzate, le amministrazioni possono procedere allo scorrimento delle graduatorie nei limiti di cui al quarto periodo. La disposizione […] non si applica alle procedure concorsuali bandite dalle regioni, dalle province, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dagli enti locali o da enti o agenzie da questi controllati o partecipati che prevedano un numero di posti messi a concorso non superiore a venti unità e per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e per l’effettuazione di assunzioni a tempo determinato. Con decreto del Ministro della pubblica amministrazione, adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, possono essere stabilite ulteriori modalità applicative delle disposizioni del presente comma. Espletata la verifica di cui all’articolo 4, comma 3, lettera a), del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, le amministrazioni, per ragioni di carattere organizzativo, purché in presenza di profili professionali sovrapponibili a quelli individuati nei propri atti di programmazione, possono reclutare il proprio personale, a tempo determinato o tempo indeterminato, mediante utilizzo di proprie graduatorie vigenti ovvero, previo accordo, di quelle di altra amministrazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, lettera b)-bis, del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2023, n. 74».

[3] Ai sensi dell’art. 35-ter del D.Lgs. n. 165/2001, disponibile all’indirizzo www.InPA.gov.it, sviluppato dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne cura la gestione.

[4]  TENORE V. (a cura di), Il manuale del pubblico impiego privatizzato, EPC Editore, Roma, 2024.

[5]  Introdotto dal decreto-legge 25/2025, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025.

[6] Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 3 febbraio 2015, sentenza n. 515.

[7] Cfr. TAR Lombardia, sez. III, 4 aprile 2012, sentenza n. 968.

[8] Cfr. TAR Calabria, sez. II, 13 gennaio 2022, sentenza n. 13.

[9] Cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 31 ottobre 2022, sentenza n. 9388.

[10]  Cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 9 aprile 2021, sentenza n. 2909 e sez. V, 6 giugno 2019, sentenza n. 3829.

[11] Cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 4 giugno 2025, sentenza n. 4835.

[12] Ibidem

[13] Cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 31 ottobre 2022, sentenza n. 9388.

[14] Cfr. TAR Lombardia, sez. III, 4 aprile 2012, sentenza n. 968 e TAR Calabria, sez. II, 13 gennaio 2022, sentenza n.13.

[15] Come novellato dall’art. 3, comma 1, lettera d), punto 3, dettaglio 3.1), del decreto-legge 25/2025, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025.

[16] Art. 91, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000.

[17] Convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2025.

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