Secondo l’orientamento giurisprudenziale, se l’amministrazione deve esibire documentazione complessa e voluminosa, è legittimo il rilascio al consigliere di supporti informatici o la trasmissione degli atti mediante posta elettronica, in luogo delle copie cartacee.
(Parere n.25104 del 21.8.2025) Si fa riferimento alla nota del … con la quale una Prefettura ha trasmesso la richiesta di parere del segretario del Comune … in materia di accesso agli atti da parte dei consiglieri comunali. In particolare, è stato chiesto se, a seguito di formale richiesta, l’ente locale sia obbligato a rilasciare ad un consigliere comunale atti in formato analogico e/o digitale che possano essere acquisiti direttamente dallo stesso amministratore dal sito internet del Comune. Inoltre, è stato chiesto se possano essere rilasciati al predetto amministratore atti risalenti ad un periodo antecedente all’elezione alla carica di consigliere comunale e se sia consentito l’accesso alle copie integrali dei titoli abilitativi edilizi. Al riguardo, si evidenzia che l’art.43, comma 2, d.lgs. n.267/2000 prevede che i consiglieri comunali hanno diritto di ottenere dagli uffici dell’amministrazione presso cui esercitano il proprio mandato politico-amministrativo “tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato”. In via generale, si osserva che il Consiglio di Stato–sez.IV, con sentenza n.4792 del 22 giugno 2021, ha precisato che l’esercizio del potere di accesso di cui all’articolo 43, comma 2, T.U.O.E.L. è finalizzato “all’espletamento del mandato” e, pertanto, deve essere letto ed interpretato in stretto rapporto all’art.42 del T.U.O.E.L.. Il bisogno di conoscenza del titolare della carica elettiva deve, quindi, porsi in rapporto di strumentalità con la funzione ‘di indirizzo e di controllo politico-amministrativo’, di cui nell’ordinamento dell’ente locale è collegialmente rivestito il consiglio comunale (art.42, c.1, T.U.O.E.L.), e alle prerogative attribuite singolarmente al componente dell’organo elettivo (art.43). La finalizzazione dell’accesso ai documenti in relazione all’espletamento del mandato costituisce il presupposto legittimante, ma anche il limite dello stesso, configurandosi come funzionale allo svolgimento dei compiti del consigliere (C.d.S., V, 2 gennaio 2019, n.12). Il diritto del consigliere comunale all’accesso agli atti dell’ente locale ex art.43, c.2, d.lgs. n.267 del 2000 non è, dunque, incondizionato. Non è sufficiente, quindi, rivestire la carica di consigliere comunale per avere diritto all’accesso, ma è necessario, come prescritto dall’art.43 TUOEL, che la domanda muova da una effettiva esigenza del consigliere affinché tutte le informazioni e le notizie acquisite siano utili all’espletamento del proprio mandato. Occorre evidenziare che l’azione amministrativa deve ispirarsi al principio di economicità e, pertanto, nell’esaminare le domande di accesso, l’Amministrazione deve tener conto della necessità di arrecare il minor aggravio possibile, sia organizzativo che economico, alla propria struttura. Sul punto, si segnala quanto espresso dal TAR Lazio-sez.I, con sentenza del 3 febbraio 2023, n.49 secondo cui “il diritto di accesso come concepito dal legislatore deve incontrare comunque un equilibrato rapporto in grado di garantire anche l’efficacia e l’efficienza dell’operato dell’amministrazione locale …”. Il Consiglio di Stato-sez.V, con sentenza 3 febbraio 2022, n.769, ha precisato che “In ogni caso, quanto a contenuto, non si tratta di un diritto assoluto e senza limiti: lo si ricava dalla particolare funzione pubblica consiliare cui è servente questo tipo di accesso, che lo contiene nei termini dei definiti poteri del Consiglio comunale (essendo l’accesso strumentale all’esercizio del mandato consiliare)”. Inoltre, l’accesso agli atti non deve porsi in contrasto con il principio costituzionale di razionalità e buon funzionamento dell’azione amministrativa (art.97 Cost.). Anche il TAR Lombardia-Brescia, sez.I, con sentenza del 29 marzo 2021, n.298, ha precisato che il diritto di accesso dei consiglieri comunali deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali (attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell’ente) e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando tuttavia che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso. Ciò premesso, relativamente al caso in esame si osserva che il rilascio delle copie cartacee richieste dal consigliere comunale sia dovuto in determinati casi. Secondo l’orientamento giurisprudenziale, se l’amministrazione deve esibire documentazione complessa e voluminosa è legittimo il rilascio al consigliere di supporti informatici o la trasmissione degli atti mediante posta elettronica, in luogo delle copie cartacee. Tale modalità è conforme alla vigente normativa in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione; infatti, il decreto legislativo n.82 del 7 marzo 2005 “Codice dell’amministrazione digitale” all’art.2, comma 1, dispone “Lo Stato, le Regioni e le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale e si organizzano ed agiscono a tale fine utilizzando con le modalità più appropriate e nel modo più adeguato al soddisfacimento degli interessi degli utenti le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.” Sul punto il Consiglio di Stato, con sentenza n.3486 dell’8.06.2018, nell’evidenziare che le amministrazioni devono assicurare quanto prescritto dal sopracitato art.2 del d.lgs.n.267/2005, ha precisato che “La direttiva emergente dalle richiamate disposizioni è senz’altro nel senso: a) che la fruibilità dei dati e delle informazioni in modalità digitale debba essere garantita con modalità adeguate (alla precipua finalità informativa) ed appropriate (alla tecnologia disponibile); b) che – secondo un corrispondente e sotteso canone di proporzionalità – grava sull’amministrazione l’approntamento e la valorizzazione di idonee risorse tecnologiche, che – senza gravare eccessivamente sulle risorse pubbliche – appaiano in grado di ottimizzare, in una logica di bilanciamento, le esigenze della trasparenza amministrativa”. Peraltro, l’art.43 del d.lgs. n.82/2005, al comma 1, stabilisce che “Gli obblighi di conservazione e di esibizione di documenti si intendono soddisfatti a tutti gli effetti di legge a mezzo di documenti informatici, se le relative procedure sono effettuate in modo tale da garantire la conformità ai documenti originali e sono conformi alle Linee guida”. In merito, il Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto (Sezione Prima), con sentenza n.393 del 29.04.2020, ha precisato che “… il diritto al rilascio della copia cartacea deve essere riconosciuto solo a condizione che la relativa richiesta venga giustificata, … con riferimento all’esistenza di motivi seri e comprovati che rendano impossibile o significativamente difficile l’utilizzo degli strumenti informatici per poter prendere visione dei documenti per i quali è chiesto l’accesso”. Tuttavia, lo stesso T.A.R., prendendo atto che una larga parte della popolazione ancora oggi non ha la possibilità di accedere ad internet, ha ritenuto che “il rifiuto del rilascio di una copia cartacea, si tradurrebbe in una sostanziale negazione del diritto di accedere agli atti amministrativi”. Pertanto, il giudice amministrativo nella citata sentenza ha sottolineato che rimane “in capo al Comune il potere di esaminare volta per volta l’eventuale non accoglibilità di singole istanze perché oltrepassano i limiti di proporzionalità e ragionevolezza individuati dalla giurisprudenza … con riguardo alle richieste formulate dai consiglieri comunali nell’esercizio del proprio mandato”. Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale sopra richiamato, si ritiene che nel caso in esame l’ente debba valutare, a seconda delle richieste inoltrate dal consigliere, se la documentazione di cui è stata chiesta copia sia da rilasciare in forma cartacea o digitale. Quanto alla richiesta di copia di atti risalenti ad un periodo precedente alla elezione alla carica di consigliere comunale, si ritiene che rientri nelle prerogative del consigliere accedere agli atti in questione se utili all’espletamento del mandato. Relativamente alla richiesta di accesso alle copie integrali dei titoli abilitativi edilizi, l’ente deve valutare sempre il principio del bilanciamento degli interessi evidenziato dal Consiglio di Stato. L’Alto Consesso, con sentenza 11 marzo 2021, n.2089, ha osservato che il diritto di accesso del consigliere comunale è sottoposto alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali e che un equilibrato bilanciamento si può realizzare attraverso, per esempio, l’ostensione di tutti gli atti richiesti, previa “mascheratura” di dati sensibili. Inoltre, il Consiglio di Stato-sez.V, con sentenza n.8667 del 10/10/2022, ha ribadito che “è principio pacifico quello per cui l’accesso agli atti, ex art.43 d.lgs. n.267 del 2000, da parte dei consiglieri comunali costituisce strumento di controllo e verifica del comportamento dell’amministrazione, in funzione di tutela di interessi non individuali ma generali, ed è pertanto espressione del principio democratico dell’autonomia locale”. Con tale pronuncia è stato precisato che l’accesso in questione è pacificamente ammesso anche in relazione alle pratiche edilizie. Si soggiunge che i dati e le informazioni di cui viene a conoscenza il consigliere comunale devono essere utilizzati solo per le finalità realmente pertinenti al mandato. Sul punto, si richiama la pronuncia del Tar Lazio-sez.I, del 3 febbraio 2023, n.49, che ha ribadito il principio secondo il quale il consigliere comunale è tenuto al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge, per cui il medesimo deve mantenere inaccessibili eventuali dati sensibili, rispondendone personalmente della diffusione illecita.

