Il 5 agosto 2025 le Commissioni congiunte Ambiente e Cultura del Senato hanno concluso l’esame del disegno di legge (DDL 1372-A) che conferisce al governo la delega per modificare il Codice dei Beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004). Dopo la pausa estiva, il testo approderà in Aula per la prima lettura e, successivamente, passerà alla Camera.
L’iter ha segnato un cambio di rotta rilevante rispetto al testo originario presentato a febbraio, che conteneva norme di forte impatto sul ruolo delle soprintendenze e sulla disciplina autorizzatoria.
Quali sono le differenze tra il testo originario e il testo approvato dalle commissioni?
Il disegno di legge presentato dai senatori mirava a ridurre in modo significativo i vincoli paesaggistici. L’impianto originario puntava infatti a introdurre il silenzio-assenso generalizzato, modificando direttamente il Codice dei beni culturali e del paesaggio: se la soprintendenza non si fosse espressa entro 45 giorni, l’autorizzazione si sarebbe considerata concessa automaticamente.
Parallelamente, il parere del soprintendente avrebbe perso il suo valore vincolante, diventando soltanto “obbligatorio non vincolante”. A ciò si aggiungeva un ampliamento delle opere escluse dal nulla osta, comprendendo anche gli interventi soggetti a CILA o SCIA, persino quando comportavano aumenti volumetrici fino al 20%, purché rispettosi del carattere dell’edificio. L’obiettivo dichiarato era quello di semplificare le procedure, accorciare i tempi e favorire la crescita economica. Il lavoro delle Commissioni riunite ha però cambiato completamente direzione. Sono state infatti eliminate tutte le modifiche dirette al Codice Urbani, mantenendo intatti gli articoli relativi al silenzio-assenso e al parere vincolante. La questione del silenzio-assenso non è stata abbandonata, ma rimandata al governo, che dovrà intervenire con decreti delegati armonizzando il Codice con la legge 241/1990 sul procedimento amministrativo e con il Testo unico dell’edilizia.
Il nuovo testo prevede inoltre che gli interventi di lieve entità – già individuati dal D.P.R. 31/2017 – siano sottratti al nulla osta paesaggistico e rimessi alla competenza degli enti territoriali, purché coerenti con gli strumenti urbanistici vigenti. Viene introdotta anche una disciplina semplificata per gli interventi legati alla prevenzione e sicurezza, come quelli destinati a ridurre i rischi idrogeologici, idraulici e sismici o a ripristinare beni e infrastrutture danneggiati da calamità naturali.
Per garantire un’applicazione uniforme su tutto il territorio, entro 60 giorni dall’approvazione definitiva il Ministero della Cultura dovrà predisporre delle linee guida che distinguano con chiarezza tra gli interventi esclusi, quelli soggetti a procedimento semplificato e quelli sottoposti al regime ordinario. Infine, i tempi di attuazione risultano dilatati: i decreti legislativi attuativi dovranno essere emanati entro 12 mesi, e non più entro 6 come prevedeva la proposta originaria.
Testo originario | Testo Commissioni riunite | |
Silenzio-assenso | Introdotto direttamente nel Codice: autorizzazione automatica se la soprintendenza non si pronuncia entro 45 giorni | Nessuna modifica immediata al Codice. Delega al governo, che dovrà disciplinarlo e coordinarlo con la legge 241/1990 e il Testo unico dell’edilizia |
Parere delle soprintendenze | Da “vincolante” a “obbligatorio non vincolante”: il progetto può andare avanti anche senza l’ok della soprintendenza | Resta vincolante: confermato il potere effettivo delle soprintendenze nel rilascio dei nulla osta |
Opere escluse dall’autorizzazione | Estensione agli interventi soggetti a CILA/SCIA, inclusi aumenti di volume fino al 20% se compatibili con il carattere dell’immobile | Limitazione agli interventi di lieve entità già definiti dal D.P.R. 31/2017, di competenza degli enti territoriali |
Tempi di delega | Decreti legislativi da emanare entro 6 mesi dall’approvazione della legge | Decreti legislativi da emanare entro 12 mesi, con eventuale proroga |
Il lavoro delle Commissioni ha di fatto cancellato i tentativi di ridimensionamento delle soprintendenze e ha ricondotto la riforma a un quadro più equilibrato, in cui sarà il governo – con decreti delegati – a decidere come introdurre semplificazioni, soprattutto sul delicato tema del silenzio-assenso.