Tratto da: Lavori Pubblici  

Il testo uscito dalle Commissioni Ambiente e Cultura del Senato segna un cambio di rotta rispetto alla proposta originaria: stop al silenzio-assenso automatico e al ridimensionamento delle Soprintendenze, spazio a decreti delegati e linee guida ministeriali per un riordino organico delle procedure.

Quali margini reali ci sono oggi per semplificare le autorizzazioni paesaggistiche senza indebolire la tutela dei beni culturali? Quale ruolo avranno Regioni e Comuni negli interventi minori? E come saranno disciplinati i casi di emergenza o le attività stagionali?

 

Domande tutt’altro che banali sulle quali si discute da anni senza trovare il bandolo di una matassa diventata grande, grossa e grassa, i cui effetti sono pienamente visibili nei tavoli dei tribunali. Da anni il procedimento di autorizzazione paesaggistica rappresenta uno dei nodi più complessi dell’attività edilizia. Tempi incerti, competenze sovrapposte e un contenzioso crescente ne hanno fatto un terreno difficile sia per le amministrazioni che per i professionisti.

È in questo contesto che si inserisce il disegno di legge n. 1372, recante “Delega al Governo per la revisione del codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di procedure di autorizzazione paesaggistica”, presentato al Senato il 5 febbraio 2025 e profondamente modificato dalle Commissioni riunite. La logica non è più quella di un intervento diretto e drastico sul Codice, ma di una delega di 12 mesi al Governo, con criteri precisi e principi destinati a essere declinati nei decreti legislativi.

Nella versione approvata dalle Commissioni, il disegno di legge si compone di tre articoli:

  • Art. 1 (Finalità e princìpi generali)
  • Art. 2 (Delega al Governo per il riordino delle procedure di autorizzazione paesaggistica)
  • Art. 3 (Disposizioni per assicurare l’esercizio uniforme delle azioni di tutela)

Entrando nel dettaglio, la nuova versione dell’art. 1 stabilisce che la revisione del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004) ha come obiettivo il contemperamento tra esigenze di tutela e semplificazione procedurale.

Rispetto al testo originario, scompare ogni richiamo allo “sviluppo economico e imprenditoriale”: la finalità della legge resta saldamente ancorata al binomio tutela-semplificazione, in coerenza con l’art. 9 della Costituzione.

Il cuore del disegno di legge è rappresentato dall’art. 2 con la delega da esercitare entro 12 mesi, con criteri direttivi dettagliati:

  • Garantire il coordinamento con la Legge n. 241/1990 e il silenzio-assenso: il Governo dovrà chiarire l’applicazione del silenzio-assenso nel procedimento di autorizzazione paesaggistica (art. 146, comma 5, d.lgs. 42/2004), alla luce dell’art. 17-bis l. 241/1990. Il dossier del Centro studi del Senato ricorda la giurisprudenza del Consiglio di Stato (sent. n. 2836/2023; n. 563/2022; n. 941/2021), secondo cui:
    • il parere della Soprintendenza è atto endoprocedimentale, vincolante se reso nei termini;
    • decorso il termine, il parere perde vincolatività ma resta valutabile dall’amministrazione competente;
    • l’istituto del silenzio-assenso non può applicarsi quando sono coinvolti interessi di rilievo costituzionale senza espressa previsione legislativa.
  • Interventi di lieve entità: gli interventi individuati dall’Allegato B del d.P.R. 31/2017 saranno affidati agli enti territoriali, ma solo previa verifica di conformità agli strumenti urbanistici adeguati al piano paesaggistico (art. 143). È un passaggio decisivo: senza Piani aggiornati, la competenza non potrà essere realmente esercitata.
  • Infrastrutture strategiche: per le opere qualificate come strategiche o di preminente interesse nazionale (art. 39 d.lgs. 36/2023), il parere spetterà alla Direzione generale del MiC, centralizzando la valutazione.
  • Interventi urgenti e calamità naturali: prevista una disciplina semplificata per interventi di prevenzione del rischio idrogeologico, idraulico e sismico, e per il ripristino post-calamità. Tuttavia, il dossier richiama l’art. 9 Cost.: tali opere non potranno alterare in modo inaccettabile natura storica, architettonica o paesaggistica dei beni.
  • Attività stagionali e ripetitive: rinnovo semplificato per attività ricorrenti e invarianti, come stabilimenti balneari o strutture temporanee, riducendo gli oneri autorizzativi.
  • Rafforzamento degli sportelli unici: la delega punta sul rafforzamento dei SUAP e SUE (art. 5 d.P.R. 380/2001), con digitalizzazione obbligatoria delle pratiche e maggiore integrazione tra titoli edilizi e autorizzazioni paesaggistiche.
  • Coordinamento e aggiornamento dei Piani paesaggistici: le Commissioni hanno inserito anche un criterio di coordinamento periodico e aggiornamento effettivo dei Piani paesaggistici, strumento essenziale per garantire omogeneità e certezza interpretativa sul territorio.

La delega prevede uno o più decreti legislativi che saranno adottati dal Ministro della Cultura, sentita la Conferenza unificata, con possibilità di decreti correttivi entro 24 mesi (anche se sul punto ricordiamo la ormai atavica tendenza a modificare i testi tramite provvedimenti d’urgenza, ovvero i Decreti Legge).

L’art. 3, infine, prevede l’adozione da parte del Ministero della Cultura di linee guida nazionali vincolanti che dovranno:

  • distinguere con chiarezza interventi esclusi, semplificati e ordinari;
  • disciplinare il regime del supplemento istruttorio;
  • chiarire la durata delle autorizzazioni rispetto ai titoli edilizi;
  • regolare le concessioni temporanee ed effimere (art. 106, comma 2-bis d.lgs. 42/2004).

Il dossier richiama l’art. 3, comma 2, d.lgs. 42/2004, secondo cui le funzioni di tutela devono essere esercitate secondo criteri omogenei fissati dal MiC. Le linee guida diventano quindi il tassello operativo per superare la disomogeneità attuale.

Nel corso dell’esame in commissione sono intervenuti parecchie associazioni di categoria con memorie che hanno contribuito a definire un quadro di esigenze pratiche tra le quali:

  • UNITEL ha posto l’accento sui profili costituzionali e sul fabbisogno di personale tecnico, sottolineando il rischio di paralisi se la semplificazione non sarà accompagnata da risorse adeguate;
  • ANCE ha chiesto un maggiore coordinamento con la conferenza di servizi, l’allineamento della durata delle autorizzazioni con i titoli edilizi e una digitalizzazione integrale delle pratiche;
  • ANCI ha valorizzato il ruolo dei Comuni, proponendo modulistica unificata, semplificazione delle istruttorie e superamento delle duplicazioni nei piani attuativi già approvati;
  • il CNAPPC ha insistito sul ruolo dei piani paesaggistici come strumento di certezza e sulla necessità di distinguere tra ambiente e paesaggio, evitando forzature interpretative;
  • Fondazione Inarcassa ha evidenziato il rischio di disomogeneità territoriale, proponendo tempi più lunghi (60 giorni) per il silenzio-assenso e la valorizzazione dei piani paesaggistici regionali come garanzia di uniformità.

Queste osservazioni mostrano come il successo della riforma dipenderà non solo dalla scrittura dei decreti legislativi, ma anche dalla capacità di recepire le esigenze operative dei professionisti e delle amministrazioni.

Rispetto al testo originario, quello proposto dalle Commissioni ha delle profonde differenze tra cui:

  • silenzio-assenso: non più introdotto direttamente nel Codice, ma rinviato ai decreti delegati;
  • pareri delle Soprintendenze: resta confermato il carattere vincolante, evitando il rischio di deresponsabilizzazione;
  • opere escluse: limitazione agli interventi minori già elencati dal d.P.R. 31/2017, senza ampliamenti indiscriminati;
  • tempi di attuazione: prorogati da 6 a 12 mesi per i decreti legislativi, con eventuale estensione di altri 24 mesi per correttivi.

    Nella sua nuova versione, il disegno di legge delega sembrerebbe non ridurre i poteri delle Soprintendenze ma confermarli, aprendo al tempo stesso margini di semplificazione in tre direzioni:

    • maggiore certezza dei tempi tramite silenzio-assenso coordinato con la legge 241/1990;
    • gestione locale e snella degli interventi minori, in coerenza con i piani paesaggistici;
    • digitalizzazione e sportelli unici come strumenti per alleggerire oneri e duplicazioni.

    Per i tecnici i punti da monitorare sono:

    • i decreti legislativi, che definiranno il regime del silenzio-assenso e la modulistica unificata;
    • le linee guida MiC, che incideranno direttamente sull’istruttoria;
    • l’adeguamento dei piani paesaggistici regionali, condizione necessaria per la gestione locale degli interventi minori;
    • l’integrazione dei procedimenti nei SUAP e SUE digitali, per ridurre tempi e oneri.

    La vera riforma sarà scritta nei decreti delegati: lì si giocherà l’equilibrio tra semplificazione procedurale e tutela del paesaggio, con effetti concreti per professionisti, cittadini e amministrazioni.

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