Il TAR Lazio nella sentenza n. 12426/2025 affronta un’ingiunzione comunale di demolizione di opere abusive su un immobile privato. La vicenda mette in luce il bilanciamento tra diritto di proprietà e rispetto della normativa urbanistico-edilizia, affrontando i limiti della legittimità delle ingiunzioni comunali e la possibilità di eccezioni fondate sul carattere minore delle opere o su presunte sanatorie.
Il caso
Un proprietario di un immobile sub-urbano ha proposto ricorso contro il Comune, chiedendo l’annullamento di un’ordinanza comunale di demolizione di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi. L’immobile era stato costruito in data anteriore al 1 settembre 1967 (Legge Ponte) e ristrutturato con licenza edilizia. Successivamente, un accertamento tecnico comunale ha rilevato 8 presunte violazioni, tra cui:
- magazzino/spogliatoio in muratura;
- tettoia in legno con copertura a falda unica;
- magazzino con copertura piana;
- gazebo pentagonale con basamento per vasca idromassaggio;
- gazebo quadrato con copertura a padiglione;
- manufatto in muratura con forno/barbecue;
- piscina interrata con pavimentazione;
- difformità nella distribuzione interna e strutturale.
Il ricorrente contestava principalmente la presunta genericità dell’ordinanza, soprattutto in relazione alle difformità interne (punto 8) e l’applicazione della normativa edilizia vigente, sostenendo che alcune opere fossero minori o pertinenziali e quindi esenti da sanzione. Inoltre, invoca il Salva Casa sulla possibilità di sanatoria futura.
Quando è valida un’ingiunzione di demolizione?
Il ricorso è infondato e, pertanto, non può essere accolto.
L’ordinanza-ingiunzione impugnata costituisce una corretta applicazione della normativa urbanistico-edilizia ed è stata adottata rispettando rigorosamente tutte le procedure amministrative previste. La documentazione prodotta dall’Amministrazione, comprensiva di accertamenti della Polizia Municipale e di verifiche tecniche effettuate nel corso del 2017, dimostra in maniera chiara l’esistenza di opere abusive realizzate senza alcun titolo autorizzativo.
Non sussiste alcuna genericità dell’ordinanza: le violazioni sono descritte in modo dettagliato, con indicazione di dimensioni, caratteristiche tecniche e distanze dai confini.
Dal punto di vista procedurale, l’iter seguito dall’Amministrazione è regolare: è stata effettuata la comunicazione di avvio del procedimento, con indicazione del responsabile e rispetto dei termini di legge, garantendo al ricorrente il pieno diritto di difesa.
Le eccezioni sollevate dal ricorrente, come l’inapplicabilità degli artt. 31 e 36 del D.P.R. 380/2001, sono infondate. La giurisprudenza del Consiglio di Stato chiarisce infatti che l’ingiunzione demolitoria costituisce atto dovuto in presenza di abusi accertati, senza necessità di valutazioni di interesse pubblico o possibilità di affidamento sulla conservazione di opere abusive.
La presunta sproporzione della sanzione accessoria di acquisizione al patrimonio comunale è irrilevante: si tratta di una conseguenza automatica prevista dall’art. 31 del D.P.R. 380/2001 in caso di inottemperanza, applicabile a qualsiasi tipo di opera abusiva.
Le obiezioni relative alla natura non edilizia delle opere minori (magazzini, tettoie, gazebo, forno e piscina) non trovano riscontro nei rilievi tecnici ufficiali, che ne hanno accertato consistenza, volumetria significativa e permanenza. Anche l’argomento secondo cui le difformità interne non sarebbero specificate è infondato: la documentazione fotografica allegata agli atti istruttori fornisce indicazioni sufficienti a valutarne entità e rilevanza.
Infine, le ulteriori argomentazioni della difesa, comprese le relazioni tecniche di parte, non possono sovvertire gli accertamenti ufficiali della Pubblica Amministrazione, frutto di attività istruttoria condotta da organi imparziali e competenti.
Il Salva Casa sospende l’obbligo di demolizione?
Il TAR ha chiarito che l’invocazione del cosiddetto decreto “Salva Casa” (L. 105/2024 di conversione del D.L. 69/2024) quale ius superveniens appare manifestamente inapplicabile per le seguenti ragioni:
- la Regione Lazio non ha ancora emanato i regolamenti attuativi necessari a rendere operativa la normativa nel territorio regionale;
- la giurisprudenza amministrativa esclude che le nuove disposizioni possano avere efficacia retroattiva su procedimenti sanzionatori già in corso quando gli adempimenti regionali non siano perfezionati.
Il decreto salva casa ha infatti introdotto misure volte a facilitare la sanatoria degli abusi edilizi, semplificando le procedure di regolarizzazione e superando alcune limitazioni precedentemente previste. Tuttavia, la legge prevede che molte disposizioni entrino in vigore con modalità subordinate a regolamenti attuativi regionali, che dettagliano le modalità applicative, anche in relazione a strumenti urbanistici e strumenti tecnici comunali. Ricordiamo che le misure adottate finora nella Regione Lazio sono:
- la Determinazione Dirigenziale n. G05745 del 9 maggio 2025, la Regione Lazio ha adottato la nuova modulistica unificata e standardizzata per l’edilizia, recependo le modifiche introdotte dal D.L. 69/2024, convertito in Legge 105/2024;
- la circolare n. 0407168 del 4 aprile 2025 con istruzioni dettagliate per l’adeguamento alle nuove disposizioni legislative in materia edilizia, con particolare attenzione alle tolleranze e alla gestione delle difformità edilizie in zona sismica;
- la Circolare 156637/2024 del 20 dicembre 2024 con indicazioni operative per i procedimenti di accertamento di conformità urbanistica, con particolare riferimento all’accertamento di compatibilità paesaggistica;
- la Legge 12/2025, che interviene sulle variazioni essenziali cambiando radicalmente i presupposti dell’accertamento di conformità.
Ritornando alla sentenza, in proposito, la richiesta di rinvio dell’udienza ex art. 73 c.p.a. si rivela strumentale e priva dei requisiti di eccezionalità richiesti dalla norma, poiché l’attesa di futuri ed eventuali provvedimenti regionali non può paralizzare l’esercizio della giurisdizione su un contenzioso maturato sotto vigenza della normativa precedente.
Possibili eccezioni alla demolizione: sanatoria, ereditarietà o opere minori?
La presunta possibilità di sanatoria delle opere non incide sulla legittimità dell’ordinanza impugnata: in assenza di richieste tempestive di regolarizzazione, la demolizione resta l’unica misura adeguata per porre rimedio agli abusi accertati.
Analogamente, l’eventuale ereditarietà degli abusi non ha rilievo giuridico: secondo l’art. 31 del T.U. Edilizia, è il proprietario attuale a dover rispettare gli obblighi di ripristino, indipendentemente dalla data in cui le violazioni sono state commesse.
La natura pertinenziale o minore delle opere non ne modifica la qualificazione come abusi edilizi. La giurisprudenza è chiara nel ritenere che le esenzioni autorizzative riguardano solo manufatti di entità trascurabile e di carattere precario, condizioni che non ricorrono nel caso in esame, come dimostrano le dimensioni e le caratteristiche costruttive, anche considerate nel loro complesso, delle strutture realizzate.
Anche l’assenza di vincoli paesaggistici o ambientali, ammessa dal ricorrente, non elimina l’obbligo di rispettare le norme edilizie ordinarie, la cui violazione giustifica pienamente l’intervento demolitorio.
In conclusione, i provvedimenti impugnati non presentano vizi di legittimità e il ricorso deve essere respinto.