tratto da biblus.acca.it

Una recente decisione del TAR Toscana n. 973/2025 affronta un tema centrale nel diritto edilizio: la formazione del silenzio assenso sulle istanze di permesso di costruire in sanatoria presentate ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 380/2001.

La vicenda trae origine da lavori effettuati su un seminterrato e dalla successiva richiesta di regolarizzazione, cui l’amministrazione comunale ha opposto diniego tardivo, accompagnato da un ordine di demolizione. L’analisi del giudice amministrativo consente di chiarire quando l’inerzia dell’amministrazione determina l’accoglimento dell’istanza e quali poteri residuano comunque all’ente pubblico.

Il caso

La proprietaria di un immobile aveva presentato nel dicembre 2020 una SCIA per lavori di manutenzione straordinaria, comprendenti anche lo sbassamento del pavimento del seminterrato per migliorarne l’agibilità. L’abbassamento del piano di calpestio, secondo il Comune, determinava un incremento di volume vietato dalle norme urbanistiche locali.

A seguito dei rilievi comunali, nel luglio 2021 veniva depositata una nuova SCIA con dichiarazione di ripristino dell’altezza originaria. Nel novembre 2023 veniva comunicata la fine dei lavori, ma nel gennaio 2024 l’interessata segnalava che l’intervento di ripristino non era stato eseguito.

Un sopralluogo del 31 gennaio 2024 confermava la presenza delle altezze non conformi, inducendo l’amministrazione ad adottare una ordinanza di demolizione ai sensi dell’art. 31 d.P.R. 380/2001.

Nel novembre 2024 la proprietaria presentava domanda di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36-bis d.P.R. 380/2001. Il Comune comunicava i motivi ostativi solo nel gennaio 2025 e adottava il provvedimento di diniego nel marzo 2025, oltre all’ordine di demolizione.

Nel ricorso al TAR venivano dedotti, tra gli altri, i seguenti profili:

  • formazione del silenzio assenso sulla sanatoria per decorso del termine di 45 giorni previsto dall’art. 36-bis, comma 6, d.P.R. 380/2001;
  • erronea qualificazione dell’intervento come aumento volumetrico rilevante;
  • violazione delle norme urbanistiche e della disciplina regionale;
  • difetto di istruttoria e motivazione;
  • sproporzione della demolizione.

Il Comune si costituiva contestando l’applicabilità del silenzio assenso, sostenendo tra l’altro che l’omesso pagamento dell’oblazione impedisse la formazione del titolo.

Quali condizioni rendono valido il silenzio assenso nel permesso di costruire?

Il Collegio premette che l’art. 36 bis, comma 6, del d.P.R. n. 380/2001 stabilisce quanto segue: Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta…Decorsi i termini di cui al primo, secondo e terzo periodo, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci.

Per quanto riguarda gli interventi che possono essere sanati, la norma prevede che, nei casi di opere realizzate in parziale difformità dal titolo edilizio oppure in assenza o difformità dalla SCIA, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario possono ottenere il permesso di costruire o presentare una SCIA in sanatoria, purché l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda e ai requisiti edilizi in vigore al momento dell’esecuzione dei lavori. Tale disciplina si applica anche alle variazioni essenziali.

In caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 37, fino alla scadenza dei termini di cui all’articolo 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile possono ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle variazioni essenziali di cui all’articolo 32.

In giurisprudenza risulta ormai prevalente l’orientamento secondo cui il silenzio assenso si forma anche quando l’istanza non rispetta pienamente la normativa sostanziale. Si è infatti affermato che il silenzio assenso opera come un vero e proprio provvedimento di accoglimento, evitando l’idea di una mera finzione giuridica.

Ciò significa che, quando ricorrono i presupposti per la formazione del silenzio assenso, il titolo edilizio si perfeziona anche se la domanda non è conforme alla legge. Diversamente, subordinare la produzione degli effetti alla conformità sostanziale comporterebbe l’esclusione di tali titoli dal regime dell’annullabilità, senza una base legislativa, e farebbe dipendere la tutela dei privati dal comportamento attivo o inerte dell’amministrazione.

Inoltre, trasformare i requisiti di validità del titolo silenzioso in condizioni per il suo perfezionamento vanificherebbe la funzione di semplificazione dell’istituto: l’amministrazione potrebbe disconoscere gli effetti della domanda in qualsiasi momento e senza vincoli.

La semplificazione voluta dal legislatore si realizza invece stabilendo che, decorso il termine per provvedere, l’amministrazione perde il potere di decidere in via primaria, conservando solo il potere di intervenire successivamente in autotutela.

Il dispositivo tecnico denominato ‘silenzio-assenso’ risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia ‘equivale’ a provvedimento di accoglimento, tale ricostruzione teorica lasciandosi preferire rispetto alla tesi ‘attizia’ del silenzio, che appare una fictio non necessaria. Siffatta equivalenza non significa altro che gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell’atto amministrativo, con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge. Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della p.a. Inoltre, l’impostazione di “convertire” i requisiti di validità della fattispecie ‘silenziosa’ in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto: nessun vantaggio, infatti, avrebbe l’operatore se l’amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo disconoscere gli effetti della domanda. L’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore – rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l’attività al controllo dell’amministrazione – viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la sola possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi ‘silenziosamente’

Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale sopra delineato, il primo motivo di ricorso risulta fondato.

Nel caso concreto, la ricorrente ha presentato al Comune un’istanza di permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 380/2001, relativa all’abbassamento della quota di calpestio del seminterrato, con aumento di volume ma non di superficie, nell’ambito di lavori qualificati come manutenzione straordinaria su un immobile legittimamente edificato.

L’art. 36 bis consente la sanatoria anche per variazioni essenziali, categoria nella quale la normativa regionale include interventi più rilevanti rispetto a quello della ricorrente. Pertanto, l’intervento rientra astrattamente nell’ambito di applicazione della norma e non presenta gli elementi dell’“inconfigurabilità della fattispecie” che, come osservato dal Comune, avrebbero impedito la formazione del silenzio assenso.

Il mancato pagamento dell’oblazione impedisce la formazione del silenzio assenso?

Non è condivisibile l’argomentazione del Comune secondo cui il mancato pagamento dell’oblazione prevista dall’art. 36 bis, comma 2, impedirebbe la formazione del silenzio assenso. Il pagamento incide sul rilascio materiale del titolo e sulla sua efficacia, ma non costituisce un requisito per il perfezionamento del silenzio assenso.

Pertanto, il Comune avrebbe dovuto decidere entro 45 giorni. Tuttavia, a fronte dell’istanza presentata il 27 novembre 2024, il Comune ha adottato il diniego solo il 3 marzo 2025, oltre il termine previsto. Per tali ragioni, il primo motivo di ricorso deve essere accolto.

Il silenzio assenso impedisce al Comune di intervenire successivamente?

Ciò premesso, il Collegio ritiene che l’accoglimento del primo motivo di ricorso renda superfluo l’esame degli ulteriori motivi.

Occorre tuttavia precisare che l’annullamento del provvedimento comunale tardivo non impedisce al Comune di intervenire successivamente sugli effetti abilitativi derivanti dal silenzio assenso, mediante l’esercizio dei poteri di autotutela decisoria, in particolare attraverso l’annullamento d’ufficio previsto dall’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, sempre che ne ricorrano i presupposti, anche sotto il profilo temporale.

Pertanto, la riconosciuta formazione del silenzio assenso comporta sì l’annullamento del diniego tardivo e della conseguente ordinanza di demolizione, ma non esclude che il Comune possa successivamente annullare l’effetto abilitante così formato, utilizzando gli atti istruttori già acquisiti, che restano validi e salvi. Tali atti riguardano infatti la diversa valutazione della conformità urbanistica ed edilizia dell’intervento rispetto ai requisiti richiesti dall’art. 36 bis, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, profilo che non rientra nel presente giudizio limitato all’accertamento della formazione del silenzio assenso.

Conseguentemente, l’accoglimento del primo motivo impedisce l’esame degli altri, poiché, una volta riconosciuto il silenzio assenso, la loro valutazione comporterebbe un sindacato giudiziale su poteri amministrativi non ancora esercitati, in violazione dell’art. 34, comma 2, c.p.a., che vieta al giudice di pronunciarsi su poteri riservati alla pubblica amministrazione.

In conclusione, nei limiti sopra esposti, il ricorso deve essere accolto.

In conclusione, il Tar Toscana, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo accoglie nei sensi e nei limiti indicati in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria e la conseguente ordinanza di demolizione.

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