tratto da biblus.acca.it

La sentenza n. 5660/2025 del Tar Campania affronta un caso di ordinanza di demolizione per opere edilizie abusive. Il giudice esamina le circostanze del procedimento amministrativo, le censure sollevate dalla parte ricorrente e i principi giurisprudenziali applicabili, in particolare riguardo alla possibilità di applicare la cosiddetta fiscalizzazione dell’abuso edilizio.

Il caso

Un privato proprietario di un manufatto di circa 44 metri quadrati, composto da una camera da letto completamente rifinita e un vano bagno allo stato grezzo, è destinatario di un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune per opere realizzate in assenza del previsto titolo abilitativo. Nello specifico, il manufatto era stato realizzato in aderenza a una preesistenza edilizia, comunicante con essa, e il bagno era stato ricavato mediante la chiusura parziale di un corridoio.

L’ordinanza ingiungeva la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni, notificando all’interessato l’obbligo a proprie cure e spese. Il ricorrente ha impugnato l’ordinanza dinanzi al TAR, sollevando i seguenti motivi:

  • presunta presentazione di una istanza di sanatoria ai sensi della legge regionale n. 19/2009, mai valutata dall’Amministrazione comunale;
  • mancanza di motivazione in ordine all’interesse pubblico alla demolizione;
  • presunta omissione della comunicazione di avvio del procedimento;
  • errata applicazione della sanzione demolitoria senza valutare la possibile applicazione della sanzione pecuniaria (fiscalizzazione);
  • mancata indicazione dell’area di sedime da acquisire al patrimonio comunale in caso di inottemperanza.

La sentenza n. 5660/2025 del Tar Campania affronta un caso di ordinanza di demolizione per opere edilizie abusive. Il giudice esamina le circostanze del procedimento amministrativo, le censure sollevate dalla parte ricorrente e i principi giurisprudenziali applicabili, in particolare riguardo alla possibilità di applicare la cosiddetta fiscalizzazione dell’abuso edilizio.

Il caso

Un privato proprietario di un manufatto di circa 44 metri quadrati, composto da una camera da letto completamente rifinita e un vano bagno allo stato grezzo, è destinatario di un’ordinanza di demolizione emessa dal Comune per opere realizzate in assenza del previsto titolo abilitativo. Nello specifico, il manufatto era stato realizzato in aderenza a una preesistenza edilizia, comunicante con essa, e il bagno era stato ricavato mediante la chiusura parziale di un corridoio.

L’ordinanza ingiungeva la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni, notificando all’interessato l’obbligo a proprie cure e spese. Il ricorrente ha impugnato l’ordinanza dinanzi al TAR, sollevando i seguenti motivi:

  • presunta presentazione di una istanza di sanatoria ai sensi della legge regionale n. 19/2009, mai valutata dall’Amministrazione comunale;
  • mancanza di motivazione in ordine all’interesse pubblico alla demolizione;
  • presunta omissione della comunicazione di avvio del procedimento;
  • errata applicazione della sanzione demolitoria senza valutare la possibile applicazione della sanzione pecuniaria (fiscalizzazione);
  • mancata indicazione dell’area di sedime da acquisire al patrimonio comunale in caso di inottemperanza.

Dal lato difensivo, il Comune ha sostenuto l’inesistenza della domanda di sanatoria, la natura vincolata dell’ordinanza di demolizione che ne esclude una motivazione estesa, la mancata applicabilità dell’obbligo di comunicazione di avvio procedimento, la fondatezza della sanzione demolitoria esclusa la fiscalizzazione, e la corretta sequenza amministrativa nel procedimento di acquisizione dell’area.

Il Tar, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo respinge.

Il TAR ha rilevato che il ricorrente non ha fornito alcuna prova documentale dell’avvenuta presentazione della domanda di sanatoria regionale, circostanza esclusa anche dall’Amministrazione. Pertanto, il motivo è ritenuto infondato.

In ragione della natura vincolata del potere repressivo in materia di abusi edilizi, il TAR ha affermato che non è richiesta all’Amministrazione una motivazione in ordine all’interesse pubblico alla demolizione, neppure quando il provvedimento arrivi tardivamente.

Quanto alla comunicazione di avvio del procedimento, il TAR ha confermato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui non è previsto tale adempimento per le ordinanze di demolizione di opere abusive, in quanto il potere è vincolato e non si configura un contributo partecipativo del privato rilevante ai fini procedimentali.

Quando è prevista la fiscalizzazione?

La parte ricorrente ha sostenuto l’impossibilità materiale della demolizione senza arrecare danni alla struttura principale, chiedendo l’applicazione della sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione prevista dall’art. 33, comma 2 del D.P.R. 380/2001 (fiscalizzazione).

Il TAR ha ritenuto generica la relazione tecnica allegata, non sufficiente a dimostrare l’impossibilità del ripristino. Inoltre, ha richiamato la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui la fiscalizzazione è eccezionalmente concessa solo in casi di:

  • mancanza, totale difformità o variazione essenziale rispetto a un titolo di ristrutturazione edilizia;
  • difformità parziale accertata rispetto a un permesso di costruire o un titolo assimilato (comprese le SCIA alternative);
  • annullamento del titolo edilizio in via giudiziale o autotutela.

Con il termine “fiscalizzazione” dell’abuso, funzionale ad evidenziare sinteticamente e già a livello definitorio la sua sostanziale monetizzazione, si intende un rimedio alternativo eccezionalmente concesso in luogo della demolizione. In particolare, si può accedere alla fiscalizzazione sia in caso di mancanza, totale difformità o variazione essenziale dal titolo riferito a ristrutturazione edilizia (art. 33, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001); sia a fronte di accertata difformità solo parziale dal permesso di costruire (art. 34, comma 2, e 2-bis, che ne ha esteso l’applicabilità anche agli interventi soggetti a s.c.i.a. alternativa al permesso di costruire di cui all’art. 23, comma 01); sia infine all’esito di un annullamento, giudiziale o in autotutela, del titolo stesso (art. 38). Ma non nell’ipotesi, più grave, di avvenuta realizzazione di una “nuova opera” in assenza di permesso di costruire o in totale difformità o variazione essenziale dallo stesso (art. 31)” (Cons. Stato, Sez. 2, 25.1.2024, n. 806)

Nel caso in esame, trattandosi di nuova costruzione realizzata senza titolo, la fiscalizzazione non è ammissibile e l’unica sanzione applicabile è la demolizione con ripristino.

Infine, il TAR ha chiarito che la precisazione dell’area di sedime da acquisire al patrimonio comunale ha luogo solo successivamente alla inottemperanza all’ordine di demolizione, con apposito e distinto provvedimento. Pertanto, l’assenza di tale indicazione nell’ordinanza di demolizione è corretta.

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