Tratto da: lavoripubblici.it

 

Interpretazione univoca delle clausole della lex specialis, segretezza dell’offerta economica e criteri di valutazione delle offerte: sono tanti i principi in materia di contratti pubblici su cui il Consiglio di Stato si è espresso con la sentenza del 22 aprile 2024, n. 3663, con la quale ha respinto il ricorso in appello di un operatore, originario aggiudicatario di una procedura per l’affidamento in concessione dei servizi di prestazione energetica e di gestione dell’impianto di pubblica illuminazione di proprietà di cinque soggetti pubblici.

 

Nel caso in esame, il disciplinare prevedeva tra i requisiti di capacità tecnica e organizzativa il possesso di attestazione SOA in categoria OG 10 e classifica pari o superiore all’importo per lavori degli interventi che, di fatto l’aggiudicataria possedeva non in relazione all’importo complessivo dell’accordo-quadro ma soltanto sugli importi relativi ai singoli contratti esecutivi.

Da qui l’esclusione: per il TAR, l’aggiudicataria, odierna appellante, era priva dei requisiti di capacità tecnica e organizzativa che la lex specialis di gara richiedeva per i concorrenti circa il possesso di attestazione SOA in categoria OG 10 e classifica pari o superiore all’importo per lavori degli interventi di riqualificazione energetica che ciascun concorrente avrebbe offerto.

Il giudice di prime cure ha osservato che la qualificazione dovesse essere valutata sulla base dell’offerta complessivamente considerata, nè avrebbe avuto rilievo la mancata previsione della sanzione espulsiva da parte della lex specialis, in quanto i requisiti tecnici minimi di partecipazione previsti dal bando hanno natura escludente ex lege, ai sensi dell’art. 83 comma 8 del Codice. Infine il Tar ha ritenuto che a detta interpretazione dovesse giungersi anche in un’ottica finalistica, mantenendo la gara una rilevanza unitaria e dovendosi valutare la capacità del candidato di eseguire tutti i lavori anche in parallelo.

Prima di valutare la questione il Consiglio ha richiamato la giurisprudenza in materia di interpretazione delle clausole della lex specialis di gara.

Nelle gare pubbliche, nell’interpretazione della lex specialis di gara, devono trovare applicazione le norme in materia di contratti, e dunque anzitutto i criteri letterale e sistematico previsti dagli artt. 1362 e 1363 cod. civ..

Ciò significa che, ai fini dell’interpretazione della lex specialis, devono essere applicate anche le regole di cui all’art. 1363 cod. civ., con la conseguenza che le clausole previste si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo ad esse il senso che risulta dal complesso dell’atto. Pertanto, se un’aporia tra i vari documenti costituenti la lex specialis impedisce l’interpretazione in termini strettamente letterali, è proprio la tutela dei principi dell’affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti che conduce all’interpretazione complessiva o sistematica delle varie clausole.

Le preminenti esigenze di certezza, connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali di selezione dei partecipanti, impongono pertanto in primo luogo di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando di gara: ne va perciò preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un’obiettiva incertezza del loro significato letterale.

Secondo la stessa logica, sono comunque preferibili, a garanzia dell’affidamento dei destinatari, le espressioni letterali delle varie previsioni, affinché la via del procedimento ermeneutico non conduca a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara, aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale.

Va quindi preferita, a tutela dell’affidamento dei destinatari e dei canoni di trasparenza e di “par condicio”, l’interpretazione letterale delle previsioni contenute nella legge di gara, evitando che in sede interpretativa si possano integrare le regole di gara, palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale.

In tale ottica, solo se il dato testuale presenti evidenti ambiguità, l’interprete, in forza del principio di favor partecipationis, deve prescegliere il significato più favorevole al concorrente.

Proprio per questo le tesi dell’appellante sono state disattese: tanto il dato letterale della lex specialis di gara quanto l’interpretazione in chiave teleologica, depongono per la correttezza dell’interpretazione operata dal primo giudice per cui gli interventi andavano visti nella loro unitarietà e pertanto tutti i requisiti dovevano essere valutati avendo riguardo al valore complessivo dell’appalto.

Nè può soccorrere in chiave meramente interpretativa il richiamo operato da parte appellante al principio di proporzionalità contenuto nel nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36/2023 e segnatamente nell’art. 10 comma 3 “Principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione” secondo cui “Fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese”.

Detto disposto, come evidenziato nella relazione al Codice, introduce certamente un favor per l’accesso al mercato ma compatibilmente con l’oggetto del contratto e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica.

Violazione del principio di segretezza delle offerte economiche e delle regole di gara

In primo grado era stato anche evidenziato l’errato inserimento di alcuni elementi dell’offerta economica nell’offerta tecnica, indicando il prezzo di alcuni materiali. Detti elementi economici avrebbero consentito, evidentemente, di risalire al valore dell’investimento.

Sul punto il Consiglio ha richiamato il principio di segretezza delle offerte economiche e di separazione tra offerta tecnica ed offerta economica, quale elaborato dalla giurisprudenza in materia.

Nel dettaglio il principio:

  • impone che le offerte economiche debbano restare segrete per tutta la fase procedimentale in cui la Commissione compie le sue valutazioni sugli aspetti tecnici della proposta negoziale;
  • trae fondamento dall’obiettivo di evitare che elementi di valutazione di carattere automatico possano influenzare la valutazione degli elementi discrezionali;
  • costituisce, con ciò, presidio all’attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, per garantire il lineare e libero svolgimento dell’iter che si conclude con il giudizio sull’offerta tecnica e l’attribuzione dei punteggi ai singoli criteri di valutazione.

Il principio si declina in una triplice regola, per cui:

  • a) la componente tecnica dell’offerta e la componente economica della stessa devono essere necessariamente inserite in buste separate e idoneamente sigillate, proprio al fine di evitare la ridetta commistione;
  • b) è precluso ai concorrenti l’inserimento di elementi economico-quantitativi all’interno della documentazione che compone l’offerta tecnica (qualitativa);
  • c) l’apertura della busta contenente l’offerta economica deve necessariamente seguire la valutazione dell’offerta tecnica.

Nondimeno, per consolidato orientamento giurisprudenziale, il principio e le relative regole operative trovano applicazione nei soli in casi in cui sussista effettivamente il pericolo di compromissione della garanzia di imparzialità della valutazione, il che accade, appunto, solo laddove concorrano elementi di giudizio a carattere discrezionale (inerenti l’apprezzamento dei profili tecnici e qualitativi della proposta negoziale articolata dagli operatori economici in concorrenza) ed elementi di giudizio a rilevanza obiettiva ed automatica (quali sono quelli della componente economica dell’offerta) e, dunque, soltanto allorché il criterio di aggiudicazione (che ingloba entrambi i profili) sia quello della «offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo» (art. 95, 2° comma, d.lgs. n. 50 del 2016).

Il divieto non può essere interpretato in maniera indiscriminata, al punto da eliminare ogni possibilità di obiettiva interferenza tra l’aspetto tecnico e quello economico dell’appalto posto a gara; in particolare, possono essere inseriti nell’offerta tecnica voci a connotazione (anche) economica o elementi tecnici declinabili in termini economici se rappresentativi di soluzioni realizzative dell’opera o del servizio oggetto di gara.

È perciò, ammessa l’indicazione nell’offerta tecnica di alcuni elementi economici, resi necessari dagli elementi qualitativi da fornire, purché tali elementi economici non consentano di ricostruire la complessiva offerta economica o purché non venga anticipatamente reso noto il «prezzo» dell’appalto.

Quindi il divieto di commistione non va inteso né in senso assoluto, né in senso formalistico, ben potendo nell’offerta tecnica essere contenuti “elementi economici che non fanno parte dell’offerta economica, quali i prezzi a base di gara, i prezzi di listini ufficiali, i costi o prezzi di mercato, ovvero siano elementi isolati e del tutto marginali dell’offerta economica che non consentano in alcun modo di ricostruire la complessiva offerta economica”.

Il motivo è stato quindi ritenuto infondato in quanto non era chiaro come l’indicazione del  prezzo di un singolo materiale potesse consentire di risalire alla totalità dell’offerta economica.

 

In riferimento poi alla valutazione delle offerte, nonché l’attribuzione dei punteggi da parte della commissione giudicatrice essi attengono al sindacato-discrezionale dell’amministrazione, sicché, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica, di norma sono inammissibili le censure che si sostanziano in un tentativo di sostituzione del punteggio attribuito dalla commissione giudicatrice, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a.

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