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di EZIO MAURO 9 dicembre 2014

 

NEL giudizio negativo che l’Eurogruppo e Angela Merkel hanno dato ieri dell’Italia pesano certamente il ritardo delle riforme, la crescita del debito pubblico e la disoccupazione galoppante. Ma quanto pesa la corruzione dilagante squadernata dallo scandalo della mafia romana e l’impressione paralizzante di una politica incapace di reagire? 

L’idea del Paese irriformabile nasce infatti proprio da qui. Nelle mazzette del Mose sprofonda la giunta di sinistra veneziana, a Roma i terroristi dei Nar costruiscono un sistema di controllo sugli appalti all’ombra del sindaco Alemanno alleandosi con le cooperative rosse e con uomini del Pd, all’Expo si raggiunge la perfezione riesumando per gli appalti un software tecnico delle tangenti a 360 gradi già sperimentato all’epoca di Mani Pulite formato da Greganti per il Pd, Frigerio per il centrismo post-democristiano, Grillo per Forza Italia. 

Adesso che il cupolone del malaffare romano è scoperchiato, si scopre che le primarie erano truccate, che il tesseramento del Pd è infiltrato, che i criminali manipolano le elezioni comunali come gli allibratori con i cavalli. Le istituzioni  –  soprattutto quelle comunali e regionali  –  stanno diventando un luogo di investimento per la delinquenza organizzata e una garanzia di facile guadagno illecito per i boss locali che nelle intercettazioni prendono a schiaffi i politici che dominano foraggiando le loro debolezze e le loro avidità, e mentre li comandano li disprezzano. 

Più ancora della dimensione paurosa della corruzione (60 miliardi all’anno) che soffoca l’Italia, tiene lontani gli investimenti stranieri, sperpera il denaro pubblico, altera il mercato e ingrassa il crimine, è questa perdita di autonomia della politica ridotta a tecnica subalterna del potere che dà la cifra di un Paese sconfitto e preso in ostaggio. 

O la politica si ribella a questo stato di cose, o è perduta. Perché è di lei che si parla. E il governo Renzi non può affidare soltanto ad un’authority la lotta ad una corruzione introiettata da un sistema politico gregario. È la politica in prima persona che deve ribaltare metodi, uomini, abitudini e regole, partendo dalla selezione dei candidati, ad ogni livello, proseguendo col falò delle tessere fasulle, commissariando i territori compromessi e impegnandosi finalmente in una vera lotta al crimine e all’illegalità che non è mai stata dichiarata dal governo. Cominci il Pd, se la destra fa finta di niente. Sta qui la credibilità del cambiamento: da sola, la camicia bianca non basta.

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