tratto da biblus.acca.it

È legittimo negare i pannelli fotovoltaici fronte lago per ragioni paesaggistiche senza valutarne l’effettivo impatto ambientale? Il Consiglio di Stato: è necessario bilanciare tutela del paesaggio e produzione da fonti rinnovabili!

La tutela del paesaggio costituisce un principio fondamentale del diritto amministrativo italiano, regolamentato dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.lgs. n. 42/2004) e dalla normativa urbanistica regionale. Tuttavia, tale tutela deve essere bilanciata con esigenze di interesse pubblico e privato, come la produzione di energia da fonti rinnovabili. La sentenza del Consiglio di Stato n. 5325/2025 analizza un caso in cui una società richiede l’installazione di pannelli fotovoltaici su un sottotetto, contestando le limitazioni imposte dalla Soprintendenza e dal Comune per motivi paesaggistici.

Il caso

Con il ricorso presentato al T.A.R., una società ha chiesto l’annullamento di diversi provvedimenti amministrativi relativi a lavori di ristrutturazione e ampliamento di un’unità abitativa.

In primo luogo, la Società contestava un parere della Soprintendenza che, in seguito alla richiesta di permesso di costruire, aveva imposto alcune condizioni specifiche. Tra queste, si chiedeva di evitare il posizionamento dei pannelli fotovoltaici sulla falda del tetto rivolta verso un panorama di particolare pregio, suggerendo come alternativa altre falde o aree di pertinenza, purché non interferissero con le visuali panoramiche. Inoltre, si richiedeva di rinunciare a terrazzi a sbalzo e sporti di gronda che avrebbero modificato la linearità architettonica dell’edificio, prevedendo eventualmente un pergolato in ferro come soluzione alternativa.

La Società contestava poi l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune, concessa in conformità al parere della Soprintendenza, e il permesso di costruire successivamente emesso, che faceva riferimento alle stesse prescrizioni. Richiedeva inoltre l’acquisizione di un parere preliminare della Soprintendenza, citato nei successivi provvedimenti ma il cui contenuto non era noto.

Il ricorso contestava in particolare la prescrizione relativa al posizionamento dei pannelli fotovoltaici. La Società sosteneva che la Soprintendenza avesse violato la legge e principi generali, tra cui norme sul paesaggio e sul procedimento amministrativo, per aver imposto restrizioni senza valutare adeguatamente l’interesse alla produzione di energia rinnovabile. Denunciava anche un eccesso di potere e disparità di trattamento, facendo notare che su strutture analoghe erano stati autorizzati pannelli fotovoltaici, e segnalava un difetto di motivazione, poiché la Soprintendenza non aveva considerato un parere favorevole espresso da un’altra commissione sull’intervento complessivo. Infine, richiamava norme generali sul diritto di partecipazione degli interessati.

Il T.A.R., dopo aver emesso pronunce cautelari, ha respinto il ricorso ritenendolo infondato e ha compensato le spese di lite.

Nella motivazione, il Tribunale ha evidenziato che la Soprintendenza aveva giustamente imposto la prescrizione dei pannelli fotovoltaici per evitare pregiudizi alle visuali panoramiche, come previsto dagli strumenti paesaggistici. La valutazione della Soprintendenza rientrava nella sua discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, circostanze che nel caso di specie non erano presenti. Il fatto che un’altra commissione avesse espresso parere favorevole sull’intervento complessivo non costituiva motivo di illogicità, poiché non si era espressa in merito ai pannelli. Allo stesso modo, la presenza di edifici analoghi autorizzati in passato non invalidava il provvedimento.

Il Tribunale ha inoltre sottolineato che erano state indicate soluzioni alternative, come il posizionamento dei pannelli in aree accessorie considerate maggiormente compatibili con il contesto paesaggistico. Infine, non vi era violazione delle norme sul diritto di partecipazione, perché si trattava di atti favorevoli con prescrizioni, nei confronti dei quali era stata assicurata interlocuzione tra le parti.

La società ha dunque presentato appello contro la sentenza del T.A.R., sollevando quattro motivi principali:

  • interpretazione errata del Tribunale: secondo l’appellante, la Soprintendenza avrebbe dovuto dimostrare una concreta incompatibilità paesaggistica, e non solo un pregiudizio alle visuali panoramiche. Inoltre, la soluzione proposta dalla società sarebbe l’unica praticabile per rendere l’edificio energeticamente autonomo;
  • disparità di trattamento: un edificio vicino, sostanzialmente identico, aveva ottenuto l’autorizzazione per pannelli fotovoltaici, mentre la Soprintendenza ha negato quella alla società senza fornire motivazioni adeguate, creando disparità ingiustificata;
  • difetto di motivazione: la Soprintendenza non avrebbe valutato concretamente la compatibilità paesaggistica, limitandosi a considerazioni generiche e discostandosi dal parere favorevole della Commissione locale;
  • gravosità delle condizioni e mancato preavviso di diniego: le prescrizioni imposte avrebbero reso impraticabile l’intervento, senza che fosse comunicato il preavviso previsto, impedendo il necessario contraddittorio.

Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e, di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, è stato accolto anche il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dell’atto amministrativo contestato.

L’appello è stato ritenuto meritevole di accoglimento, in particolare per il primo motivo, considerato centrale nel procedimento. La società ha sostenuto che la Soprintendenza non ha adempiuto al corretto onere di motivazione, limitandosi a indicare una generica esigenza di salvaguardia delle visuali panoramiche senza valutare concretamente l’effettiva incompatibilità paesaggistica dell’intervento.

Il progetto prevedeva pannelli fotovoltaici integrati nella falda del tetto, con colore corrispondente ai coppi, in modo da ridurre al minimo l’impatto visivo. La Soprintendenza si è limitata a considerare la fruibilità del paesaggio senza bilanciare adeguatamente tale interesse con quello, altrettanto rilevante, di garantire l’approvvigionamento energetico tramite impianti privi di impatto ambientale.

La documentazione fotografica e la stessa configurazione del progetto indicano che l’impatto visivo sarebbe molto limitato. Inoltre, analoghi impianti erano già stati autorizzati in zona, e la società si era resa disponibile a modificare alcune parti dell’intervento (come rinunciare a terrazzi a sbalzo) per garantire maggiore linearità architettonica.

La giurisprudenza consolidata evidenzia l’importanza di un bilanciamento concreto tra interessi pubblici e privati, soprattutto quando l’opera ha finalità di pubblica utilità, come nel caso di impianti da fonti rinnovabili. In particolare, le motivazioni del diniego di autorizzazione devono essere specifiche e non basarsi su valutazioni generiche della fruibilità del paesaggio: le motivazioni dell’eventuale diniego (seppur parziale) di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile devono essere particolarmente stringenti, non potendo ritenersi sufficiente che l’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico rilevi una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica. Infatti, il giudizio di compatibilità paesaggistica non può limitarsi a rilevare l’oggettività del novum sul paesaggio preesistente, posto che in tal modo ogni nuova opera, in quanto corpo estraneo rispetto al preesistente quadro paesaggistico, sarebbe di per sé non autorizzabile

Nel caso in esame, la Soprintendenza non ha effettuato tale bilanciamento e non ha considerato le caratteristiche effettive del progetto, che permettono di conciliare l’installazione dei pannelli con la salvaguardia dell’armonia estetica del territorio. Le soluzioni alternative proposte non soddisfacevano l’obiettivo energetico della società e non potevano ritenersi equivalenti.

Infine, la normativa del Piano Paesaggistico Regionale richiede una valutazione concreta della compatibilità dell’intervento, e non una semplice considerazione astratta del panorama.

Pertanto, il diniego amministrativo all’installazione di impianti fotovoltaici su edifici esistenti deve essere motivato in modo specifico e dettagliato, con valutazione concreta dell’impatto paesaggistico e bilanciamento tra tutela ambientale e produzione di energia rinnovabile; motivazioni generiche basate su “minor fruibilità panoramica” sono insufficienti.

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