tratto da mauriziolucca.com

La sez. III del Consiglio di Stato, 9 maggio 2024, n. 4166, interviene sulle procedure selettive nella PA, per esprimere una linea istruttoria sul processo decisionale di “provvista” del personale (ex art. 97, ultimo comma Cost., «Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge»)[1], dove la scelta di indire un concorso recede in presenza di una mobilità (che presuppone una procedura già espletata, oltre che personale già formato).

Breve precisazione

Per altri versi (a margine) pare utile rammentare che in tema di procedura di mobilità, la PA di appartenenza, una volta prestato il suo consenso al passaggio diretto del dipendente, non può più revocarlo dopo che questo è giunto a conoscenza della PA di destinazione, trovando applicazione il disposto dell’art. 1328, comma 2, c.c., salvo che sia diversamente stabilito in maniera espressa dalla legge o dal bando o che, in presenza di sopravvenienze normative, la procedura anzidetta sia divenuta illegittima[2].

Va aggiunto che, in tema di pubblico impiego privatizzato, in caso di passaggio ad altra Amministrazione per la qualifica corrispondente a quella indicata dal lavoratore nella domanda, non sussiste il diritto per il dipendente di ottenere, in ordine al rapporto costituito su tale base, la qualifica superiore acquisita, nelle more del passaggio stesso, nell’Amministrazione di provenienza, atteso che il trasferimento è chiesto ed avviene in ragione di una disponibilità creatasi nell’organico dell’Amministrazione di destinazione e nella qualifica prevista, e non è coerente con le esigenze di imparzialità e buon andamento che un ente terzo incida sul rapporto di lavoro di un’altra PA[3].

Il fatto

Nella sua essenzialità, un candidato risultato idoneo ad una procedura concorsuale (terzo in graduatoria, non vincitore) impugnava un avviso pubblico di mobilità esterna per il reclutamento del medesimo profilo, sostenendo che la graduatoria era ancora valida ed efficace e, pertanto, pienamente utilizzabile dall’Amministrazione[4], che in ogni caso doveva motivare la scelta di non scorrere la graduatoria (un vizio motivazionale alla deroga al generale favor per lo scorrimento).

In definitiva, l’Amministrazione doveva esaurire la graduatoria (ossia, procedere con l’assunzione della parte ricorrente) prima di bandire il nuovo avviso di mobilità dall’esterno, modalità (prassi) già posta in essere in precedenza, «posto che la prevalenza della c.d. mobilità esterna deve intendersi limitata alle sole nuove procedure concorsuali e non anche allo scorrimento delle graduatorie ancora validi ed efficaci» (viene invocato il comma 3, dell’art. 4 del d.l. 101/2013, convertito in legge n. 125/2013, che imporrebbe un vero e proprio dovere per le Amministrazioni di verificare, prima dell’avvio di nuove procedure concorsuali, l’avvenuta immissione in servizio, nella stessa Amministrazione, di tutti i vincitori collocati in graduatorie valide e vigenti: un diritto pieno).

In prime cure, il ricorso risultava infondato sulla base delle seguenti considerazioni:

  • prevalenza della mobilità rispetto al concorso e allo scorrimento della graduatoria;
  • l’espressa intenzione del legislatore volta prioritariamente a ridurre i costi organizzativi (dell’intero apparato pubblico) rispetto ad un concorso espletato (c.d. razionalizzazione);
  • inesistenza di un obbligo di motivazione rafforzata (specifica) per indire un avviso di mobilità.

La decisione

L’appello viene dichiarato infondato.

La premessa di inquadramento trova riferimento nell’art. 30, Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, del d.lgs. n. 165/2001 (TUPI) che impone alle Amministrazioni, prima di indire una selezione pubblica per la copertura di posti vacanti, di procedere, a pena di nullità, all’immissione in ruolo dei dipendenti provenienti da altre Amministrazioni («provvedendo, in via prioritaria, all’immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio») attraverso la procedura di mobilità obbligatoria e volontaria (comma 2 bis)[5].

Il quadro, nella sua chiarezza normativa, viene costantemente interpretato, annotano i Giudici di Palazzo Spada, secondo il principio di economicità, tempestività e qualità prestazionale (acquisita, rectius esperienza lavorativa ovvero professionalità), ossia le ragioni che legittimano la preferenza tendenziale per la procedura di mobilità attengono a caratteri strutturali dell’istituto (sicché non necessitano di essere esplicitate di volta in volta), ovvero al maggior vantaggio per l’Amministrazione procedente:

  • di acquisire personale già formato;
  • immediatamente operativo;
  • all’interesse del comparto pubblico nel suo insieme di vedere assorbito il personale eccedentario e così realizzando un risparmio di spesa.

Ne consegue, il carattere privilegiato e prioritario (ove la motivazione è già insita nella norma, rendendo superfluo ogni giustificativo di una condotta vincolata dal legislatore) ai fini dell’assunzione del personale della procedura di mobilità rispetto alla procedura concorsuale «attesi gli standard di maggiore efficacia ed efficienza che solo la prima è in grado di garantire – spiega perché l’esistenza di una graduatoria concorsuale in corso di validità limiti l’indizione di un nuovo concorso, ma non prevalga sulla mobilità obbligatoria»[6].

Sintesi e prospettive esterne

L’insieme porta a ritenere che l’Amministrazione – anche in presenza di una graduatoria valida – possa sempre attingere personale attraverso la mobilità, ricoprendo, una volta esaurito il procedimento di mobilità, con altro personale presente nella graduatoria approvata, senza l’esigenza di rafforzare la motivazione.

Il ricavato può portare ovvie conseguenze prospettiche, potendo (dovendo) l’Amministrazione prima di procedere con una procedura concorsuale reperire il proprio personale attraverso mobilità (quella obbligatoria e quella facoltativa), e – successivamente – ricorrendo a graduatorie di personale idoneo presso altre Amministrazioni[7], assorbendo uno dei principi del legislatore, già presenti nel primo comma dell’art. 1 della legge n. 241/1990: l’“economicità ed efficacia” dell’agire amministrativo[8].

Invero, le Amministrazioni Pubbliche che non dispongano di graduatorie in corso di validità possono effettuare assunzioni con le modalità previste dall’art. 3, comma 61, della legge n. 350 del 2003, anche con riferimento ai vincitori di concorso presso altre Amministrazioni, rilevando che la richiamata normativa statale di settore prevede una mera facoltà per le Amministrazioni di utilizzare, previa intesa, la graduatoria approvata da altri enti, sicché, in assenza di specifiche ragioni che giustifichino una deroga, la predetta opzione resta discrezionale e non obbligata[9].

In effetti, risulta pienamente legittimo un avviso (pure manifestazione di interesse) con la quale una PA “ricerca” (assume) candidati idonei collocati in graduatorie in corso di validità di altre Amministrazioni pubbliche del comparto per la copertura di posti a tempo pieno e/o indeterminato in vari profili professionali da inserire nella propria struttura organizzativa, in funzione del principio che consente l’utilizzo di una graduatoria per la copertura di un posto reso disponibile, purché vi sia corrispondenza sostanziale tra le categorie professionali di inquadramento del contratto collettivo nazionale di comparto, potendosi prescindere da ulteriori elementi di dettaglio[10].
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