L’Intelligenza artificiale bussa alle porte del codice appalti: il Tar Lazio fa da apripista e si pronuncia in merito all’uso di ChatGPT-4 in una gara pubblica
Con la sentenza n. 4546 del 3 marzo 2025, il TAR Lazio per la prima volta esamina una controversia sollevata da un’azienda esclusa dall’assegnazione di un appalto pubblico, nella quale veniva contestato l’uso dell’intelligenza artificiale da parte dell’impresa aggiudicataria sia nella preparazione dell’offerta sia nella successiva fase di esecuzione.
Tra le principali critiche vi era il fatto che l’azienda vincitrice avesse dichiarato di volersi avvalere dell’AI (“Chat GPT-4 e Open AI”) in relazione a taluni specifici criteri del Capitolato d’oneri.
Il ricorrente, terzo classificato nella gara, ha messo in discussione l’aggiudicazione sulla base dell’asserita inapplicabilità dell’AI ai servizi in questione, affermando che “Chat GPT (che la ricorrente riferisce di aver interrogato) “ha risposto in maniera incompatibile con l’utilizzo che l’aggiudicataria intende fare di questo strumento” e contestando pertanto “l’illogicità dell’operato della Stazione appaltante” per aver essa “accolto positivamente, senza alcun approfondimento istruttorio, l’utilizzabilità dell’IA nell’ambito del servizio di cui si discute”, “scontando” il contenuto dell’offerta “un problema di indeterminatezza e di genericità, perché – dietro l’uso di un linguaggio estremamente tecnico, talvolta perfino criptico – si nasconde la descrizione di modelli astratti, la cui funzionalità in concreto è tutta da dimostrare”.
Il TAR ha ritenuto infondate tali argomentazioni, chiarendo che l’uso dell’AI nel processo di elaborazione delle offerte era finalizzato esclusivamente al miglioramento dell’efficienza e della qualità dei servizi proposti. In particolare, “dall’analisi dell’offerta tecnica” emerge come l’aggiudicataria abbia proposto un impiego dell’intelligenza artificiale (IA) “solo come ulteriore strumento di supporto matematico/statistico e di elaborazione di dati, migliorando l’efficienza e la qualità dei servizi offerti“.
Il tribunale ha inoltre sottolineato che i criteri di valutazione adottati dalla commissione giudicatrice non si basavano esclusivamente sull’uso dell’AI, ma su una serie di parametri più articolati. Di conseguenza, non vi erano elementi per ritenere che il ricorso alla tecnologia avesse alterato l’esito della gara.
Il TAR ha anche rigettato la validità delle prove fornite dalla parte ricorrente, evidenziando che le critiche si basavano su semplici interrogazioni all’AI, senza un’analisi approfondita dell’offerta tecnica della società aggiudicataria. La sentenza ha ribadito che per contestare l’uso dell’AI in un appalto pubblico è necessaria una prova concreta e non supposizioni generiche.
La decisione del TAR si inserisce in un contesto più ampio che riguarda l’adozione dell’AI negli appalti pubblici. Pur ribadendo il principio della discrezionalità nella valutazione delle offerte da parte delle commissioni giudicatrici, il tribunale ha sottolineato che l’impiego di strumenti basati su intelligenza artificiale non può costituire di per sé un motivo di esclusione, purché l’uso sia giustificato e conforme alle regole di gara.
In particolare, il TAR ha evidenziato che l’amministrazione aggiudicatrice dispone di un ampio margine di valutazione nella verifica della congruità economica di un’offerta e che l’utilizzo di modelli algoritmici avanzati, se motivato e ragionevole, non pregiudica la legittimità dell’assegnazione.