Lotti sale ancora. Il “Signor No” di Matteo ora ha tutte le chiavi
Solo lui può suggerire a Renzi cosa non fare. Influente, schivo, ha sorpassato Delrio e Carrai
15/09/2014 – di jacopo iacoboni
C’è solo una persona che conta davvero, nell’attuale mondo di Matteo Renzi, uno che ha il potere di dirgli di no, di suggerirgli cosa non si può fare, di segare avversari interni e far crescere magari altri. C’è solo uno che, per quanti «no» dica al premier, alla fine Renzi stesso non solo accetta ma – è cosa non nota – ha soprannominato «il signor No». Tutti sanno del soprannome pubblico di Luca Lotti, «lampadina», pochissimi del vero soprannome: «il signor No».
Luca Lotti è un uomo che parla poco coi giornalisti, già questo indice di intelligenza e mente ferma. Quando nel 2013 gli chiesero se Letta doveva sentirsi preoccupato da una leadership Renzi nel Pd, rispose «assolutamente no. Fossi in lui sarei contento perché avrei un Pd più forte che mi sostiene e che mi sollecita». La crudezza senza ostentazione di frasi così è però unita a una riservatezza senza nessuna spacconeria, che invece tanti renziani si consentono, credendosi (senza esserlo) simili a Renzi. Lotti no. “Il Lotti” – come lo chiamavano a Firenze quand’era capo di gabinetto del sindaco – non sbraca mai. C’è di più: il Lotti gestisce potere vero.
Se Maria Elena Boschi è la «prima della classe», se Dario Nardella a Firenze ha una pacca sulla spalla per tutti («di cosa hai bisogno?») e – sindaco al posto di quella che era la prima scelta, Stefania Saccardi – si sogna futuro Renzi, alla Festa dell’Unità di Firenze la folla più grande è stata per Lotti (sia rispetto a Nardella, sia rispetto a Boschi ieri sera). Una folla che venerdì sera è andata davvero a baciargli la pantofola: tutti, dal militante all’aspirante renziano, a chiunque sperasse di ottenere un’attenzione, non si vuol dire un contratto nello staff di Palazzo Chigi, si prostravano. Del resto tutta la faccenda dello staff è passata materialmente – e non solo – da lui (e grazie a Lotti si sta infine sbloccando, considerando che mai un team del premier era stato senza contratti per più di sessanta giorni). Se «Franco» è lo storico segretario factotum di Renzi, è Lotti che tiene le chiavi politiche e apre e chiude porte (e Franco resta a Firenze). A Roma raccontano sia stato Lotti – lui naturalmente negherebbe – a decretare un declassamento di Delrio: uno «fratello minore», l’altro «fratello maggiore», come li chiama Renzi: ma il minore qui vince.
Se però chiedi di Lotti, tutti si zittiscono. In un ambiente dove tutti chiacchierano e twittano e whatsappano troppo, non solo Lotti lo fa poco, ma pochi hanno voglia di parlare di lui: Lotti può stopparli, dunque è una specie di tabù nel nuovo potere: il più freddo e il più bravo. Se ci fosse Frank Urquhart-Underwood – il personaggio di House of Cards – nel renzismo, sarebbe lui.
È capace di polso durissimo. Quando la riforma del Senato stentava, racconta un senatore che Lotti scrisse un sms a Zanda, «se succede ancora andiamo a votare a ottobre». Quando Sel superò la soglia di critiche tollerata (a fine luglio) Lotti avvisò «se continuano così non si fanno alleanze locali». Ha 33 anni – gli anni di Cristo, biondo come lui – ma sa essere fermo, lucido e a fuoco come gli altri del gruppo, mal per loro, no.
Se Bonifazi dice «L’Unità rinascerà», si vedrà. Se lo dice Lotti (l’altra sera a Firenze: «Ci siamo presi un po’ di tempo perché vogliamo dare una mano»), è tutto diverso: si sta muovendo con imprenditori. All’Ilva appare Renzi, ma è Lotti vicino a una soluzione. Sui nomi, può far passare degli ignoti, come il sindaco di Montelupo, Paolo Masetti, nuovo delegato nazionale alla Protezione Civile dell’Anci: un ruolo che può «romper le scatole» all’Agenzia del Demanio, affidata a Roberto Reggi. Su Mps, è lui che ha mediato.
Eppure pochi sanno apparire giovani e «diversi» dal resto del renzismo. Lotti non mette quelle camiciazze bianche, Lotti si veste coi jeans scuri e il golfino, blu o nero. Lotti è biondo, e con gli occhiali neri (stile Oakley) ha un suo perché. Lotti per rinsaldare l’amore con la moglie le compra una pagina di pubblicità sul quotidiano locale per dirle auguri il giorno del compleanno. Lotti, figlio di un dirigente di banca, è diventato quasi più potente di Marco Carrai, l’amico imprenditore di Renzi, non suo amico a sua volta. Anzi, forse senza «quasi».
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