tratto da biblus.acca.it

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 24719/2025 affronta un tema comune in materia urbanistica e penale: la portata dell’ordine di demolizione di un manufatto abusivo e la sua estensione anche alle opere successive, eventualmente realizzate sullo stesso immobile.

Il caso sottoposto alla Suprema Corte ruota attorno all’esecuzione di una precedente sentenza di condanna per abusi edilizi e alla richiesta del proprietario di annullare l’ingiunzione di demolizione, sostenendo che le opere incriminate erano state rimosse o sanate.

Il caso

Il procedimento ha tratto origine da una condanna definitiva nei confronti del padre dell’attuale ricorrente per reati edilizi (art. 44 d.P.R. 380/2001 e altre disposizioni), riguardanti la realizzazione, senza permesso di costruire, di una tettoia e di altri ambienti abitativi su un terrazzo.

Nel 2006 è stata accertata la costruzione di una tettoia in difformità rispetto a una DIA, poi rimossa. Successivamente, nel 2008, sono state realizzate nuove opere (tettoia ampliata, bagno, cucina, finestra, ecc.) che hanno portato al sequestro.

Nel 2009 il Tribunale ha disposto il dissequestro, avendo ritenuto rimosse alcune parti abusive e presentata una DIA in sanatoria per altre. Successivamente sono state presentate ulteriori DIA (2009 e 2010) per opere sul terrazzo, con attestazioni comunali di conformità.

Con sentenza del 2013, divenuta irrevocabile nel 2014, la Corte di Appello ha accertato la natura abusiva e insanabile delle opere, qualificandole come un vero ampliamento abitativo non sanabile tramite DIA, ma solo con permesso di costruire mai rilasciato.

Il Procuratore generale ha disposto dunque la demolizione, contestata dal ricorrente, che ha sostenuto l’inesistenza di abusi al momento della decisione e l’illegittimità di estendere la demolizione alle modifiche successive.

Il difensore contestava vari profili:

  • travisamento del provvedimento di dissequestro del 2009;
  • errata valutazione sulla sanabilità delle opere con la DIA del 2008;
  • eccesso di potere del giudice dell’esecuzione nel riesaminare la validità delle DIA successive;
  • insussistenza di opere abusive al momento della condanna.

Demolizione edilizia: l’ordine è valido anche per le modifiche successive all’abuso edilizio originario?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo alcuni principi cardine:

  • giudicato penale e sanatorie successive: gli atti amministrativi antecedenti alla sentenza (come la DIA del 2008) non possono più incidere sul giudicato che ha accertato l’abusività delle opere;
  • dissequestro e demolizione: il provvedimento di dissequestro non può annullare l’efficacia della sentenza definitiva né scardinare l’accertamento compiuto nei due gradi di merito;
  • estensione dell’ordine di demolizione: l’ordine emesso ai sensi dell’art. 31, comma 9, d.P.R. 380/2001 riguarda non solo l’opera originariamente abusiva, ma anche tutte le modifiche, aggiunte e superfetazioni successive. Ciò perché la demolizione mira al ripristino dello stato dei luoghi, eliminando ogni traccia dell’abuso, anche se rinnovato o modificato nel tempo;
  • le nuove opere: il gazebo e le ulteriori strutture accertate successivamente sono state considerate abusivamente ripetitive e quindi anch’esse soggette a demolizione.

Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile.

L’ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall’art. 31, comma 9, d.P.R. 380/2001, si estende non solo all’opera originariamente contestata ma anche a tutte le aggiunte, modifiche o superfetazioni successive, in quanto l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi comporta la rimozione complessiva delle opere che traggono origine dall’abuso iniziale.

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