La durata degli obblighi di manutenzione delle opere di urbanizzazione rappresenta un tema di grande rilievo nel campo delle convenzioni urbanistiche. Spesso, infatti, ci si interroga se tali obblighi possano essere considerati perpetui o se invece debbano avere una scadenza temporale definita. La questione assume particolare importanza per i proprietari successivi dei beni interessati, chiamati a far fronte a oneri che possono incidere significativamente sulla gestione e sulla valorizzazione delle aree urbanizzate.
La sentenza n. 742/2025 del Tar Liguria si è occupata proprio di questo argomento, fornendo risposte e chiarimenti sulla natura e durata di questo tipo di convenzioni finalizzate alla lottizzazione, ricordando che le opere di urbanizzazione primaria e secondaria sono tutte quelle attrezzature che rendono accessibile ed utilizzabile l’insediamento di un nuovo edificio, quindi assumono estrema importanza.
L’obbligo di manutenzione sottoscritto dal lottizzante ha una scadenza? Può essere ereditato da un acquirente successivo?
I ricorrenti del caso sono proprietari di immobili facenti parte del complesso condominiale. Essi sostengono che in base alla convenzione urbanistica sottoscritta nel 1996 tra il soggetto lottizzante originario (dal quale gli attuali ricorrenti avevano acquistato) e il Comune di riferimento, che regolava l’attuazione di un piano urbanistico riguardante tre lotti, solo il primo lotto è stato realizzato e occupato dal loro condominio. La convenzione prevedeva l’obbligo di realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e, in particolare, la creazione di una zona verde attrezzata di 6.878 metri quadrati, da cedere al Comune con vincolo di destinazione ad uso pubblico perpetuo. L’onere della manutenzione delle aree verdi ricadeva sui soggetti attuatori (i proprietari). Nel 2001 è stato sottoscritto un atto notarile di cessione delle opere e delle aree, con esplicito richiamo all’obbligo continuativo di manutenzione a carico dei soggetti attuatori e dei loro aventi causa. In altre parole, i ricorrenti chiedono che venga accertato l’inesistenza dell’obbligo di manutenzione a loro carico a partire dal 2001, cioè dalla data in cui è stato sottoscritto l’atto notarile di cessione delle aree verdi al Comune. Nel tempo parte dell’area verde sarebbe stata inglobata nel giardino di un asilo comunale.
I ricorrenti sostengono che dall’atto di cessione del 2001 è venuto meno il loro obbligo di manutenzione delle aree verdi e chiedono che il Tribunale accerti l’assenza di tale obbligo a loro carico fin da quella data. Infatti, secondo i ricorrenti, il trasferimento delle aree verdi al Comune ha comportato anche il trasferimento dell’onere di manutenzione. In subordine, essi chiedono che venga fissato un termine finale all’obbligo di manutenzione, ai sensi dell’articolo 1183 (Tempo dell’adempimento) del codice civile, ritenendo inaccettabile un obbligo perpetuo senza scadenza, che creerebbe un privilegio senza termine a vantaggio del Comune.
Il Comune ha eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione, sostenendo che l’obbligo manutentivo non deriva dalla convenzione urbanistica del 1996, ma dall’atto di cessione del 2001, atto di natura privatistica non sottoponibile al giudizio del Tribunale amministrativo. Nel merito, lo stesso ente ha chiesto il rigetto del ricorso, sostenendo inoltre che l’area verde oggetto della manutenzione è solo la superficie e che le strutture sottostanti (box auto e cantine) restano proprietà privata.
TAR Liguria: l’obbligo di manutenzione delle opere di urbanizzazione derivante da convenzione lottizzativa grava in modo reale e permanente sugli aventi causa del lottizzante, restando insussistente la possibilità di escludere l’onere senza specifico accordo e incompatibile la sua durata perpetua senza definizione temporale
Il Tribunale ha dichiarato infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione, in quanto l’atto notarile di cessione del 2001 riprende e integra gli obblighi contenuti nella convenzione urbanistica del 1996 e deve considerarsi parte degli atti del Piano urbanistico attuativo, rientrando quindi nella giurisdizione amministrativa.
Sotto il profilo del merito, il Collegio ha evidenziato che la convenzione prevedeva un vincolo di destinazione ad uso pubblico delle aree verdi e poneva l’onere della manutenzione a carico del lottizzante. Tale obbligo è stato confermato nell’atto di cessione del 2001, che ribadisce la responsabilità dell’attuatore e dei suoi aventi causa (quindi anche i ricorrenti) per la manutenzione. La variazione successiva della destinazione d’uso (inclusione di parte dell’area nel giardino dell’asilo) non modifica la natura pubblica del vincolo.
Il Tribunale ha inoltre sottolineato il principio giuridico secondo cui le obbligazioni derivanti da convenzioni urbanistiche sono obbligazioni reali “propter rem”, che gravano sugli aventi causa (i ricorrenti attuali) del lottizzante originario: È principio generale, applicabile al genus delle convenzioni urbanistiche, quello per cui l’avente causa del lottizzante assume tutti gli oneri posti a carico di quest’ultimo in sede di convenzione di lottizzazione, stante la natura “reale” dell’obbligazione dal lato passivo, definita appunto ambulatoria o “propter rem”, trasferendosi ai successivi proprietari delle aree anche in assenza di uno specifico atto di assenso (T.A.R. Abruzzo – L’Aquila, Sez. I, n. 670/2014; T.A.R. Sardegna Sez. II, n. 467/2013; più risalente Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 3016/2002).
Infatti le obbligazioni assunte con una convenzione urbanistica, costituiscono oneri reali, essendo il naturale bilanciamento dei diritti edificatori riconosciuti ai privati. Pertanto, chiunque subentri nella proprietà è vincolato a eseguire puntualmente le suddette obbligazioni, anche oltre il termine previsto nella convenzione urbanistica e anche dopo la scadenza della convenzione stessa (T.A.R. Brescia, (Lombardia) sez. II, 04/10/2021, n.836).
Pertanto l’obbligo di manutenzione grava tuttora sui ricorrenti in quanto successivi proprietari, anche oltre il termine previsto nella convenzione urbanistica e anche dopo la scadenza della convenzione stessa.
La domanda principale dei ricorrenti volta a escludere l’obbligo manutentivo è stata dunque respinta.
Ma l’obbligo davvero non può mai decadere, anche dopo il termine previsto dalla convenzione o dalla sua scadenza?
Quanto alla richiesta subordinata di fissare un termine all’obbligo di manutenzione, il Tribunale ha spiegato che tale attività costituirebbe un’integrazione della convenzione, la quale può essere modificata solo dalle parti. Ha comunque richiamato un precedente del TAR Lombardia, secondo cui un obbligo perpetuo di manutenzione è da ritenersi nullo o inefficace, poiché l’ordinamento non consente vincoli contrattuali perpetui e prevede limiti temporali per varie obbligazioni continuative: Applicando al caso di specie i principi sopra esposti, può affermarsi che l’obbligo manutentivo non può essere perpetuo, per cui l’attività di manutenzione potrà essere oggetto di un nuovo accordo fra Comune e i ricorrenti, quanto al termine di efficacia dell’obbligo di manutenzione, da stipularsi nel rispetto dei principi propri delle convenzioni urbanistiche, alle quali, ai sensi dell’art. 11 L. 241/90, «si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili».
Di conseguenza, l’attività manutentiva potrà essere oggetto di un nuovo accordo tra Comune e ricorrenti, che ne definisca il termine, conformemente ai principi delle convenzioni urbanistiche e ai riferimenti normativi.
In conclusione, il TAR ha respinto il ricorso e ha compensato le spese di giudizio in ragione della complessità della questione.