Tratto da: Ildirittoamministrativo.it
Autrice: Laura Pergolizzi
Abstract
L’eventuale ricorso all’interruzione dei termini prevista dall’art 20 comma 5 del DPR 380/01 nell’ambito del procedimento di rilascio del permesso di costruire per l’acquisizione di documentazione integrativa da parte della P.A. può determinare un notevole rallentamento dell’iter procedurale o persino la mancata conclusione del procedimento amministrativo, rimettendo alla disponibilità del privato il completamento dell’istruttoria.
L’esigenza di una maggior chiarezza nel rapporto tra l’articolo 20 comma 5 del DPR 380/01 e l’articolo 2 comma 7 della L. 241/90, che prevede la sospensione dei termini del procedimento amministrativo, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, richiederebbe l’intervento del Legislatore.
Sommario: Premessa 1. L’obbligo di conclusione del procedimento 2. Sospensione e Interruzione dei termini del procedimento 3. L’interruzione del termine prevista dall’art 20 comma 5 del DPR 380/01 4. Rinvio/Applicazione automatica del comma 7 dell’art 2 della Legge 241/90 5. L’esigenza di modifica normativa per superare l’aggravamento del procedimento 6. Conclusioni
Premessa
La Semplificazione costituisce obiettivo e, al tempo stesso, strumento per migliorare il dovere di efficienza della pubblica amministrazione[1].
La pluralità di funzioni che l’amministrazione pubblica è chiamata ad assolvere per il soddisfacimento degli interessi pubblici, il moltiplicarsi dei modelli utilizzati, la molteplicità dei livelli di regolamentazione coinvolti (europeo, nazionale, regionale, locale), sono tutti fattori che, nel loro insieme, hanno contribuito al formarsi e al radicarsi di una complessità dell’amministrazione.
L’esigenza di un cambiamento in un’ottica di semplificazione si avverte sia dal punto di vista normativo attraverso regole di qualità[2], ovvero interventi che, pur rispettando l’intrinseca complessità dell’amministrazione, gradualmente sopprimano le inutili complicazioni e riducano i loro costi[3], sia sotto il profilo dell’attività amministrativa mediante procedimenti semplici, con tempi certi, funzionali a tecniche di tutela degli interessi coerenti con il principio di buon andamento.
L’articolo 1 della L 241/90 in ossequio al principio di celerità del procedimento, stabilisce il divieto per l’amministrazione di aggravare inutilmente il procedimento, se non per motivate esigenze legate al miglior perseguimento dell’interesse pubblico.
Questo significa evitare sovrapposizioni, incongruenze e doppie valutazioni nelle procedure amministrative.
Diretta trasposizione di tale principio si ritrova nel successivo articolo 2, che stabilisce l’obbligo di conclusione del procedimento entro un tempo certo e con un provvedimento espresso.
Osta alla tempestiva conclusione del procedimento per il rilascio del permesso di costruire l’interruzione del termine prevista dall’art 20 comma 5 del DPR 380/01.
Il presente contributo si propone di mettere in evidenza come l’eventuale ricorso alla interruzione dei termini nell’ambito del procedimento di rilascio del permesso di costruire possa determinare un notevole rallentamento dell’iter procedurale o persino la mancata conclusione del procedimento amministrativo.
Ci si chiede se gli strumenti normativi attualmente vigenti siano in grado di superare la criticità rilevata o se il Legislatore nell’attività di revisione del Testo Unico debba intervenire a far chiarezza sul migliore utilizzo di tale istituto con una modifica normativa.
- L’obbligo di conclusione del procedimento
L’articolo 2 della L 241/90 che statuisce l’obbligo di conclusione del procedimento è stato modificato, ad opera dell’articolo 7 della legge n. 69/2009[4], al fine di ridurre i termini di conclusione dei procedimenti ed assicurare l’effettività del loro rispetto da parte delle amministrazioni.
All’esito di tale intervento, l’articolo 2 della L 241/90 stabilisce che i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro trenta giorni (termine in precedenza fissato in novanta giorni), a meno che disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di natura regolamentare da emanarsi da parte di ciascuna amministrazione prevedano un termine diverso:
“nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni”
L’altra novità introdotta dalla legge n. 69 del 2009 è rappresentata dalla fissazione di un termine per le amministrazioni che non può comunque essere superiore ai novanta giorni[5], laddove in precedenza non era fissato alcun limite temporale nella autonoma determinazione dei termini da parte delle amministrazioni.
La norma eccezionalmente ammette la possibilità di prevedere termini superiori ai novanta giorni in considerazione della «sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento». In questi casi, tuttavia, il termine massimo di durata non può oltrepassare comunque i centottanta giorni[6].
I termini di conclusione del procedimento possono subire una sospensione o una interruzione nelle ipotesi previste per legge.
Con riguardo al Procedimento per il rilascio del permesso di costruire il termine di conclusione del procedimento è disciplinato dall’articolo 20 del D.P.R. 380/01
Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l’istruttoria, e formula una proposta di provvedimento (comma 3)
Il provvedimento finale, che lo sportello unico provvede a notificare all’interessato, è adottato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio, entro il termine di trenta giorni dalla proposta di cui al comma 3 (comma 6)
Qualora sia necessario acquisire ulteriori atti di assenso, comunque denominati, resi da amministrazioni diverse, l’Amministrazione procede, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, ad indire la conferenza di servizi. In tal caso la determinazione motivata di conclusione del procedimento, assunta nei termini di cui agli articoli da 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, è, ad ogni effetto, titolo per la realizzazione dell’intervento.
Il termine per la conclusione del procedimento di rilascio del permesso di costruire è pertanto individuato in assenza di conferenza di servizi in novanta giorni.
Invero, nell’ambito dell’istruttoria è possibile che si renda necessario, ai fini del rilascio del permesso di costruire, apportare modifiche (di modesta entità) rispetto al progetto originario o che sia necessario acquisire documenti che integrino o completino la documentazione presentata.
La norma per consentire il completamento dell’istruttoria fa dunque applicazione dei due diversi istituti: la sospensione e l’interruzione dei termini del procedimento.
- Sospensione e Interruzione del procedimento
La sospensione e l’interruzione dei termini sono strumenti che nel corso dell’istruttoria procedimentale permettono alla pubblica amministrazione di acquisire tutti gli elementi necessari per valutare correttamente la richiesta, garantendo una decisione più ponderata e corretta.
L’interruzione va distinta dalla sospensione dei termini, perché quest’ultima ferma il decorso del termine per un certo periodo, che poi riprende, dal momento in cui cessa la causa di sospensione.
L’interruzione azzera il termine a seguito del verificarsi di determinati atti e fatti (tassativamente previsti), con conseguente inizio di un nuovo termine.
Questo significa che con l’interruzione dei termini il tempo trascorso prima dell’interruzione non viene conteggiato e ne inizia uno nuovo, con la sospensione resta intatta l’efficacia del periodo precedente, il quale, pertanto, si somma al periodo successivo al verificarsi dell’evento sospensivo.
Le cause/ipotesi di sospensione e di interruzione dei termini sono previste per legge (tassative), dovendo conformandosi al principio di celerità, di non aggravamento del procedimento e di buon andamento dell’azione amministrativa.
In generale, la giurisprudenza ha puntualizzato che, nel sistema dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, in cui la fissazione di un termine procedimentale di durata massima del procedimento amministrativo, ancorché non perentorio, ha evidenti finalità acceleratorie, le cause di interruzione o sospensione del termine per provvedere sono tipiche e di stretta interpretazione[7].
L’art. 2, comma 7, della legge 241/1990, come novellato dalla legge 69/09, introduce un termine massimo di sospensione del procedimento per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.
“fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17 in materia di richiesta di valutazioni tecniche ad altri enti, i termini di conclusione del procedimento possono essere sospesi per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni”.
Ciò significa che il decorso del termine è sospeso solo per un periodo di trenta giorni entro il quale devono essere consegnate le integrazioni richieste per proseguire l’istruttoria e concludere il procedimento.
Non è consentita una sospensione a tempo indeterminato.
Per pacifica giurisprudenza la sospensione sine die del procedimento amministrativo rappresenta una violazione da parte dell’Amministrazione, dell’obbligo di conclusione del procedimento racchiuso nell’articolo 2 della L 241/90, nonché dei principi di buona fede e correttezza espressione dei canoni dell’azione amministrativa[8]
- L’interruzione del termine prevista dall’art 20 comma 5 del DPR 380/01
Nell’ambito del procedimento per il rilascio del permesso di costruire il Legislatore per l’acquisizione di documenti che integrino o completino la documentazione presentata, e che non siano già nella disponibilità dell’amministrazione, utilizza l’istituto dell’interruzione anziché quello della sospensione.
L’art 20 al comma 5 del DPR 380/01 stabilisce che “Il termine di cui al comma 3 (il termine dell’istruttoria) può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell’amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente”.
La norma nel prevedere l’interruzione del termine al verificarsi del fatto specifico della richiesta di integrazioni documentali azzera il termine dell’istruttoria ma non dispone l’automatica decorrenza del nuovo termine.
Invero differisce la decorrenza del nuovo termine ad un momento successivo. L’ultimo capoverso del comma 5 dell’art 20 stabilisce
“In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa”.
Il Legislatore del Testo Unico sembra aver temperato il rigore della L 241/90 prevedendo, in luogo della sospensione per un periodo di trenta giorni, un azzeramento del decorso del termine per l’espletamento dell’istruttoria. Il tempo ricomincia a decorrere dall’ottenimento da parte del privato della documentazione.
Deve constatarsi che l’assenza nell’ambito dell’articolo 20 comma 5 di un termine entro il quale il privato deve provvedere alla consegna delle integrazioni, momento dal quale la norma fissa la decorrenza del nuovo termine, ha due effetti dirompenti in quanto:
– incide sull’obbligo di conclusione del procedimento entro un tempo certo, determinando incertezza,
– incide sull’esercizio del potere della P.A. rimettendo alla disponibilità del privato il completamento dell’istruttoria.
La superiore disamina configura un disallineamento tra la norma sul procedimento in generale, che in caso di sospensione per l’acquisizione di informazioni o certificazioni stabilisce un periodo non superiore a trenta giorni, e la norma che dispone l’interruzione per il medesimo adempimento nell’ambito del procedimento per il rilascio del permesso di costruire senza prevedere un termine per la consegna delle integrazioni documentali.
Ad avviso di chi scrive in tale scenario si pone innanzitutto il tema del rapporto tra l’articolo 20 comma 5 del DPR 380/01 e l’articolo 2 comma 7 della L. 241/90.
- Rinvio/Applicazione automatica del comma 7 dell’art 2 della Legge 241/90
E’ stato osservato che la legge 241/90 si pone come normativa di immediato svolgimento dei principi costituzionali sull’esercizio della funzione amministrativa, ragion per cui gli istituti giuridici dalla stessa introdotti devono trovare indistinta applicazione in relazione a tutti i procedimenti amministrativi previsti da leggi sia di fonte statale che regionale[9].
L’articolo 2 della legge n. 241/1990 statuisce nel nostro ordinamento il principio di doverosità dell’esercizio del potere amministrativo e della certezza dei tempi dell’azione pubblica.
Dalla formulazione di tale norma, infatti, si desume la doverosità dell’attività amministrativa nella sua articolazione essenziale: doverosità innanzitutto di iniziare il procedimento e quindi doverosità nell’esercizio del potere; doverosità nella conclusione del procedimento e quindi doverosità nella assunzione di decisione, infine doverosità nella soddisfazione, ove possibile e ove legittima, delle pretese e delle situazioni giuridiche degli amministrati [10].
L’obbligo di concludere il procedimento implica che nel termine previsto siano posti in essere tutti gli atti strumentali a tal fine necessari – compresi quelli istruttori – la cui adozione non comporta alcuno slittamento del termine finale laddove ciò non sia espressamente previsto.
La giurisprudenza ha chiarito che, in tema di procedimento amministrativo, nel sistema delineato dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990, le cause di interruzione o sospensione del termine assegnato all’Amministrazione per provvedere sulle istanze del privato, finalizzate all’adozione di un determinato provvedimento, sono tipiche e di stretta interpretazione e non lasciano spazio a sospensioni sine die motivate da qualsivoglia esigenza estranea al paradigma normativo che regola l’attività amministrativa, rivestendo la fissazione di un termine procedimentale di durata massima del procedimento amministrativo, quale espressione di un principio fondamentale nella disciplina dell’attività amministrativa, ancorché non perentorio, evidenti finalità acceleratorie, cui risulta funzionale il carattere di tipicità delle cause di interruzione o sospensione del termine per provvedere[11].
In ossequio ai superiori principi l’assenza nell’ambito dell’art 20 comma 5 del DPR 380/01 dell’indicazione del termine per la consegna delle integrazioni a seguito dell’interruzione del procedimento dovrebbe determinare un richiamo ai principi generali della L 241/90 e all’applicazione dell’art 2 comma 7, che prevede il termine di trenta giorni per l’adempimento da parte del privato. Diversamente configurandosi una interruzione sine die vietata.
In tale prospettazione pertanto depone a favore del richiamo all’art 2 comma 7 L 241/90 nell’ambito dell’art 20 comma 5 del DPR 380/01 l’obbligo di conclusione del procedimento, applicabile ad ogni procedimento ammnistrativo e i principi di principio di celerità e buon andamento allo stesso sottesi.[12]
La giurisprudenza ha in molteplici occasioni affermato che occorre rimarcare come sia compito ineludibile dell’Amministrazione organizzarsi in maniera tale da poter osservare i termini procedimentali, che decorrono dal momento in cui l’istanza arriva all’Amministrazione.
Qualora poi la documentazione non sia tale da condurre all’accoglimento dell’istanza, ferma restando (laddove ne sussistano i presupposti) la possibilità di sospensione procedimentale per acquisizione documentale, l’Amministrazione dovrà, sempre entro il termine procedimentale, determinarsi per il rigetto. Altre vie non residuano all’Amministrazione[13].
In caso contrario, sarebbero private di ogni efficacia le disposizioni previste dalla legge n. 241/1990 che pongono, in capo alla pubblica amministrazione, l’obbligo di concludere il procedimento entro un termine prefissato, disposizioni che, ai sensi dell’art. 29 della stessa legge, attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione e sono diretta applicazione del precetto costituzionale di cui all’art. 97, comma 2 della Carta costituzionale, secondo cui “i pubblici uffici sono organizzati (…) in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”[14].
- L’esigenza di modifica normativa per superare l’aggravamento del procedimento
In una diversa prospettazione, laddove si ritenga che l’assenza nell’ambito dell’art 20 comma 5 del DPR 380/01 di una specifica indicazione del termine per la consegna delle integrazioni non consenta un richiamo ai principi generali della L 241/90 e all’applicazione dell’art 2 comma 7, l’interruzione del termine configura nel caso concreto un aggravamento del procedimento.
L’articolo 1, co. 2 l. 241/1990 pone espressamente il divieto di aggravamento del procedimento.
“ La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria.
In un procedimento amministrativo, l’interruzione dei termini non aggrava necessariamente il procedimento in quanto, come osservato, l’interruzione a seguito di fatti tassativamente previsti determina automaticamente il decorso del nuovo termine.
L’inciso dell’art 20 comma 5 del DPR 380/01 tuttavia determina una situazione atipica perché fissa la decorrenza del nuovo termine in un momento successivo indeterminato.
Sotto tale profilo l’interruzione de quo determina un aggravamento del procedimento.
Il tema dell’aggravamento determinato dall’interruzione è stato oggetto di acceso dibattito giurisprudenziale con riguardo all’interruzione prevista dall’art 10-bis della L 241/90 sulla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza[15].
Il Legislatore con la revisione dell’art. 10-bis ad opera della Legge n.120/2020[16] è intervenuto per correggere una prassi che si era consolidata nel tempo non coerente con l’esigenza di celerità dei procedimenti ammnistrativi.
L’effetto interruttivo del termine procedimentale prodotto dalla comunicazione del preavviso di rigetto, determinava infatti la nuova decorrenza dello stesso, con conseguente raddoppio del tempo originariamente previsto per l’adozione del provvedimento finale[17].
La ratio della modifica, che trasforma l’interruzione dei termini procedimentali, affinché l’interessato possa presentare le proprie osservazioni, nella sospensione degli stessi, risiede pertanto nella necessità di superare l’aggravamento e di ridurre i tempi di decisione della P.A.
ll Legislatore con la modifica è riuscito ad attuare il contemperamento del principio di partecipazione al procedimento e di collaborazione tra i cittadini e la P.A., posto a fondamento dell’istituto con l’esigenza di accelerazione del procedimento.
Nella questione in esame deve rilevarsi che l’assenza nell’art 20 comma 5 del DPR 380/01 di una specifica indicazione del termine per la consegna delle integrazioni ha certamente consentito il formarsi di una prassi contraria al principio di celerità.
La decorrenza (atipica) del nuovo termine soltanto a seguito della consegna delle integrazioni documentali dopo l’interruzione determina, oltre l’effetto immediato – contestato dalla giurisprudenza all’art 10-bis – di raddoppiare il termine dell’istruttoria, una interruzione a tempo indeterminato.
L’Amministrazione a seguito dell’interruzione può restare in attesa delle integrazioni “sine die”, rimanendo interesse meramente privato lo svolgimento dell’istruttoria e la conclusione del procedimento.
In linea con quanto accertato dal Legislatore in relazione all’art 10-bis della L 241/90 emerge la necessità che il Legislatore riesamini l’applicazione dell’istituto dell’interruzione prevista dall’art 20 comma 5 nell’ambito del procedimento del rilascio del permesso di costruire.
- Conclusioni
Le due diverse prospettazioni circa il rapporto tra l’ articolo 20 comma 5 del DPR 380/01 e l’articolo 2 comma 7 della L 241/90 richiedono comunque un intervento normativo.
Nel primo caso per dare maggior chiarezza alla norma.
In coerenza con i principi fondamentali della legge generale sul procedimento il Legislatore dovrebbe specificare, in seno all’art 20 comma 5 del DPR 380/01, il rinvio all’art 2 comma 7 della L 241/90 nella parte in cui fissa in termine di trenta giorni per la consegna delle integrazioni.
Diversamente opinando, ovvero nel secondo caso, il Legislatore dovrebbe valutare, come già avvenuto per l’art 10-bis della L 241/90, la necessità di scrivere ex novo la norma.
La tutela alle posizioni giuridiche soggettive vantate dai privati nei confronti dell’amministrazione deve essere bilanciata con l’esigenza della P.A. al pieno esercizio del potere amministrativo.
La revisione in itinere del DPR 380/01 potrebbe costituire momento favorevole per tali valutazioni.
[1] L. Torchia, La modernizzazione del sistema amministrativo: semplificazione e decentramento, in Reg. 1997, 329 ss. La Corte costituzionale considera la semplificazione dell’attività amministrativa espressione del principio del buon andamento: Corte Cost., sent. 27 giugno 2012, n. 164, in www.cortecostituzionale.it.
[2] M.A. Sandulli (a cura di) Codificazione, semplificazione e qualità delle regole, Milano, 2005.
[3] B.G. Mattarella, La semplificazione amministrativa come strumento di sviluppo economico, Relazione tenuta al 64 Convegno di Studi Amministrativi su Sviluppo economico, vincoli finanziari e qualità dei servizi: strumenti e garanzie, Varenna, 20-21-22 settembre 2018, in Astrid, Rassegna n.11/2019, 6: «La complicazione è una conseguenza della complessità delle vicende che le amministrazioni pubbliche devono governare».
[4] Per l’attuazione dell’art. 7 della Legge n. 69/2009 sono state adottate Linee di indirizzo con D.M. 12 gennaio 2010, in base alla quali, in caso di termini procedimentali superiori a novanta giorni e comunque inferiori a centottanta giorni, le Amministrazioni dovranno fornire una motivazione puntuale, con riferimento a ciascuno dei singoli procedimenti per i quali esse ritengono di dover stabilire questo diverso e maggiore termine, con riferimento alle ragioni giustificatrici indicate dalla legge n. 69 del 2009 (sostenibilità dei tempi sotto il profilo della organizzazione amministrativa, natura degli interessi pubblici tutelati, particolare complessità del procedimento).
[5] L’articolo 2 al co 3 prevede Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza.
[6] L’art 2 al co 4 prevede Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l’immigrazione.
[7] T.A.R. Lecce, Puglia, sez. I, 12 febbraio 2015, n. 56
[8] TAR Campania, Salerno, Sez II, 16 novembre 2015 n 2419. Il TAR Salerno ritiene che, sebbene l’orientamento giurisprudenziale maggioritario volto a negare la legittimità della sospensione del provvedimento amministrativo, ove disposta sine die si riferisca generalmente alle ipotesi in cui la sospensione incida su provvedimenti amministrativi già in atto, è anche vero che, ad analoghe conclusioni, può giungersi nelle ipotesi di sospensione di un procedimento amministrativo, in quanto anche nelle suddette fattispecie deve ravvisarsi la violazione da parte dell’amministrazione procedente dei principi di correttezza e buona fede, nonché di ragionevole conclusione del procedimento racchiusi nell’art 2 della L 241/90 ed espressione dei canoni generali previsti dall’azione amministrativa.
[9] Consiglio di Stato sez. VI, 30/09/2015, n.4545
[10]A. POLICE, Il dovere di concludere il procedimento e il silenzio inadempimento, in M.A. SANDULLI, Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2011, 228.
[11] TAR Lazio, Roma, Sezione II Bis 05/02/2019 n. 1461
[12] F. FIGORILLI, Art. 2. Conclusione del procedimento, in AA.VV., Codice dell’azione amministrativa e delle responsabilità, a cura di A. BARTOLINI – S. FANTINI – G. FERRARI, Roma, 2010, 108. Merita rimarcare che l’art. 2 non esclude alcun tipo di procedimento dalla previsione dell’obbligo per la P.A. di provvedere nel termine.
[13] Sul punto in termini la citata sentenza CGARS, 20 luglio 2012, n. 663
[14] TAR Piemonte, Torino 12.04.2022, n. 345 ; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 10.02.2021, n. 859; Cons. Stato, Sez. VI, 7.06.2018 n. 3460
[15] Si tratta di un atto avente natura endoprocedimentale, non impugnabile perché non immediatamente lesivo, che deve essere adottato, come precisato in dottrina ed in giurisprudenza1, in fase predecisoria, dopo l’espletamento dell’attività istruttoria vera e propria e non prima, al fine di garantire autentica effettività al diritto di contraddittorio dell’interessato. Tar Lazio – Latina sez I del 13.01.2009 n 19 e Consiglio di Stato n 4789/2007 sez IV del 12.09.2007
[16] L’art. 12 rubricato “Modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241” del D.L. n.76//2020 convertito in Legge n.120/2020 al comma 1 , lett .e) così recita:
- e) all’articolo 10 -bis , comma 1, il terzo e il quarto periodo sono sostituiti dai seguenti: «La comunicazione di cui al primo periodo sospende i termini di conclusione dei procedimenti, che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Qualora gli istanti abbiano presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni. In caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato.»
[17] T.A.R. Molise, sez. I, 19 gennaio 2016, n. 21 La previsione (art. 10-bis della legge n. 241/1990) secondo cui la comunicazione del preavviso di rigetto “interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo” è interpretata dalla giurisprudenza amministrativa nel senso che il termine di conclusione del procedimento debba ritenersi interrotto per effetto della comunicazione del preavviso di rigetto, con la conseguenza che esso riprende a decorrere ex novo, e non solo per la parte non consumata, dal momento in cui vengono presentate le osservazioni di parte ovvero dalla inutile scadenza del termine per la loro produzione.

