tratto da biblus.acca.it

Il TAR Lazio, con la sentenza n. 20424 del 15 novembre 2025, esamina la natura e gli effetti delle annotazioni inserite nel Casellario informatico dell’ANAC.

Il giudice amministrativo ribadisce un principio ormai consolidato: l’annotazione non rappresenta una sanzione, bensì uno strumento informativo destinato a supportare le stazioni appaltanti nella valutazione dell’affidabilità professionale degli operatori economici. Alla luce del previgente Codice dei contratti e dell’attuale art. 222, comma 10, del D.lgs. 36/2023, tale funzione conserva carattere meramente dichiarativo.

Natura dell’annotazione: funzione dichiarativa, non punitiva

Secondo il TAR, l’inserimento di notizie, dati e informazioni nel Casellario tende esclusivamente a rendere note vicende rilevanti ai fini del giudizio di integrità e affidabilità del concorrente. Proprio per l’assenza di carattere afflittivo:

  • il termine di 30 giorni (ora 60 giorni) previsto per la segnalazione da parte delle amministrazioni non ha valenza perentoria;
  • la tardività della comunicazione non determina decadenza del potere dell’ANAC di acquisire, valutare e annotare la notizia;
  • l’obbligo procedimentale riguarda solo il soggetto segnalante e non condiziona l’azione dell’Autorità.

Il TAR evidenzia che subordinare l’attività dell’ANAC alla tempestività della PA segnalante comporterebbe il rischio di lacune informative, incompatibili con la funzione pubblicitaria dell’annotazione.

L’accertamento svolto da ANAC

Il giudice chiarisce che l’istruttoria dell’Autorità non coincide con una valutazione sul merito della risoluzione contrattuale, che rimane di competenza del giudice ordinario. L’ANAC deve invece limitarsi a:

  • verificare che la segnalazione non sia manifestamente infondata;
  • valutare la plausibilità complessiva dei fatti riportati;
  • escludere abusi del potere risolutorio o macroscopiche irregolarità procedurali.

Si tratta, dunque, di un controllo “esterno”, basato sulla capacità degli atti disponibili di offrire una ricostruzione attendibile e coerente, senza necessità di un accertamento approfondito del rapporto contrattuale.

L’onere probatorio dell’operatore economico

L’impresa che contesta l’annotazione deve fornire una prova immediata, chiara e documentale dell’inattendibilità della notizia. Non è sufficiente presentare versioni alternative dei fatti prive di riscontri formali. Il TAR ribadisce che:

  • le varianti contrattuali richiedono forma scritta ad substantiam;
  • non sono ammesse giustificazioni basate su rassicurazioni verbali o su comportamenti concludenti della PA;
  • nei rapporti con la pubblica amministrazione, la prova per presunzioni o testimoniale è radicalmente inammissibile per modifiche dell’oggetto contrattuale.

Questo rigoroso regime probatorio risponde all’esigenza di certezza e tracciabilità delle vicende contrattuali.

La vicenda concreta: errore esecutivo e responsabilità della direzione lavori

Il giudizio trae origine dalla risoluzione di un incarico professionale per direzione lavori e coordinamento della sicurezza, relativa a interventi stradali. L’opera era stata eseguita su un’area privata, esterna al perimetro progettuale. La direzione lavori sosteneva che lo spostamento fosse stato concordato informalmente con il RUP, nell’attesa di un secondo stralcio progettuale. Tuttavia:

  • nessuna di tali circostanze risultava documentalmente provata;
  • non erano state impartite varianti o ordini di servizio in forma scritta;
  • l’errore risultava oggettivamente imputabile alla direzione lavori.

La PA aveva segnalato la risoluzione oltre il termine previsto; nonostante ciò, l’ANAC aveva ritenuto la notizia rilevante e non manifestamente infondata, procedendo all’annotazione.

Il TAR condivide la scelta dell’Autorità, rilevando che l’operatore non aveva offerto elementi documentali idonei a invalidare la ricostruzione della stazione appaltante.

Torna in alto