Il caso affrontato dal TAR Lombardia (sentenza 28 luglio 2025, n. 723) ruota intorno ad un interrogativo: può essere ammesso ad una gara un concorrente che dichiara di voler subappaltare il 50% delle lavorazioni, quando il disciplinare consentiva un massimo del 49,99%? E, di conseguenza, fino a dove può spingersi la stazione appaltante nel sanare o chiarire le dichiarazioni ambigue di un operatore economico?
La vicenda nasce in seguito ad una procedura suddivisa in lotti. Un concorrente ha impugnato l’aggiudicazione sostenendo che l’RTI vincitore non fosse qualificato nelle categorie superspecialistiche e, soprattutto, avesse indicato un subappalto del 50% della categoria prevalente, eccedendo il limite fissato dal bando. L’Amministrazione, preso atto della violazione, ha annullato in autotutela l’aggiudicazione. L’operatore escluso ha contestato tale decisione, sostenendo che l’errore fosse minimo, originato da un quesito poco chiaro e quindi sanabile con il soccorso istruttorio.
Il TAR ha ricordato che la stazione appaltante, avendo fissato regole nel disciplinare, è la prima a doverle rispettare. La clausola sul limite massimo del 49,99% per il subappalto non lasciava spazio ad interpretazioni: si trattava di un vincolo preciso, imposto dall’art. 119 del D.Lgs. 36/2023.
Da ciò discende che:
- la SA non può derogare alle regole autoimposte;
- ogni violazione rende la procedura illegittima;
- il rispetto dell’autovincolo garantisce parità e tutela dell’affidamento di tutti i concorrenti;
- Il superamento, anche di un decimale, del tetto previsto è stato quindi giudicato insanabile.
Il soccorso istruttorio non può alterare l’offerta
La contraddizione tra i documenti prodotti dall’RTI ha ulteriormente complicato la vicenda: nel DGUE risultava negato il ricorso al subappalto, mentre nella domanda di partecipazione era dichiarata una quota del 50%. Nel corso del soccorso istruttorio l’operatore ha confermato l’intenzione di subappaltare, senza tuttavia correggere la percentuale. Il TAR ha chiarito che il potere di richiedere chiarimenti ex art. 101 del d.lgs. 36/2023 si applica solo quando:
- l’errore è materiale e subito riconoscibile;
- la discrepanza è evidente e facilmente emendabile;
- la volontà negoziale non viene modificata.
Qui, invece, si trattava di un errore sostanziale che incideva su un requisito essenziale, non di un semplice lapsus. Permettere una rettifica avrebbe significato alterare la par condicio, danneggiando chi aveva rispettato le regole.
La responsabilità dell’operatore economico
La decisione ha ribadito l’obbligo di diligenza che grava sui partecipanti. L’art. 5, comma 3 del D.Lgs. 36/2023 richiede comportamenti improntati a correttezza, buona fede e attenzione professionale.
Il concorrente avrebbe potuto verificare e correggere subito la percentuale dichiarata: l’aver ripetuto l’errore in più documenti ha evidenziato una mancanza di cura. La conseguenza non può ricadere sulla stazione appaltante, che non è tenuta a ricostruire l’intenzione soggettiva dell’offerente né a sanare scelte incoerenti.
Gli effetti della sentenza
Il TAR ha confermato la revoca dell’aggiudicazione, riaffermando alcuni principi cardine in materia di appalti:
- le clausole della lex specialis vanno rispettate in modo rigoroso, anche per errori minimi;
- il principio di autovincolo impedisce deroghe in corso di gara;
- il soccorso istruttorio non può trasformarsi in un correttivo sostanziale dell’offerta;
- la diligenza professionale dell’operatore è condizione imprescindibile: errori evitabili non giustificano reintegri o risarcimenti.