La sez. I Milano, del TAR Lombardia, con la sentenza 10 novembre 2025 n. 3619 (Est. Di Paolo), accoglie il ricorso di un giornalista avverso il diniego dell’accesso civico generalizzato opposto da una PA, riferito all’ammontare della spesa per la realizzazione di opere olimpiche, non avendo dimostrato sufficientemente le ragioni del rifiuto, ossia l’incisione della posizione del privato rispetto all’ostensione documentale, offrendo una ricca disamina sul diritto FOIA (Freedom of information Act).
Diritto di accesso e accesso civico generalizzato
ll diritto di accesso risulta un principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza (ex art. 22, comma 2, della legge n. 241 del 1990)[1] sottolineando il collegamento con i principi fondamentali del nostro ordinamento, quali l’imparzialità e la trasparenza e attribuendogli il carattere di principio generale in relazione al principio di buon andamento, di cui all’art. 97 Cost., mentre il diritto di accesso civico generalizzato viene concepito come diritto di “chiunque” ad ottenere informazioni «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (ex art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013), con una evidente estensione rispetto all’accesso documentale, salvo limiti individuati dalla norma da motivare espressamente[2].
I dati, le informazioni, i documenti richiesti devono, in ogni caso, essere detenuti da Pubbliche Amministrazioni o da enti privati con particolari caratteristiche, esercenti funzioni amministrative o attività di pubblico interesse, evidenziando che questa tipologia di accesso (quello generalizzato) non richiede particolari qualificazioni soggettive né la motivazione delle ragioni della richiesta, rimanendo imprescindibile che i dati o documenti siano effettivamente detenuti dal soggetto destinatario dell’istanza[3].
Resta inteso che l’impianto normativo di riferimento (per tutte le tipologie di accesso) esige un principio generale di necessaria composizione tra il diritto alla trasparenza e l’esigenza di non pregiudicare, mediante un uso improprio dell’accesso, il buon andamento dell’azione amministrativa, evitando di imporre alla medesima un carico operativo eccessivamente gravoso e incompatibile con i principi di funzionalità, economicità e tempestività dell’azione pubblica[4].
Fatto
Un direttore di una rivista periodica si vede negare dal RPCT, in sede di riesame del diniego, l’accesso civico generalizzato relativamente ai documenti, dati o informazioni detenuti dal Comune sull’ammontare dell’incremento dei (extra) costi alle opere olimpiche, comprese le richieste di compensazione economiche per mantenere in equilibrio il PEF presentato dal soggetto realizzatore; soggetto che avrebbe opposto il proprio rifiuto (c.d. opposizione), ritenendo l’iter amministrativo in corso[5], con inevitabile danno alla realizzazione dell’intervento, e comunque profilando l’istanza in modo generico e non puntuale[6], tale da «non permetterebbero di raggiungere la finalità pubblica della trasparenza».
Si sosteneva il rifiuto anche sulla considerazione che le richieste di accesso agli atti «hanno espressamente ad oggetto scambi di corrispondenza… e non atti o provvedimenti formati dall’Ente», come tali sottratti all’accesso, ai sensi dell’art. 5 bis, comma 2, lett. b), del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, al fine di evitare un pregiudizio concreto alla «libertà e alla segretezza della corrispondenza», tutelato già dall’art. 15 della Costituzione, secondo cui «la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge».
La disciplina di riferimento
Il GA segna le fonti di riferimento e le modalità dell’accesso, precisando che il giudizio in materia di accesso, pur seguendo lo schema impugnatorio, non ha sostanzialmente natura impugnatoria, ma è rivolto all’accertamento della sussistenza o meno del diritto dell’istante all’accesso medesimo: si atteggia quale “giudizio sul rapporto”, ai sensi dell’art. 116, comma 4, del d. lgs. n. 104 del 2010, secondo cui il giudice, sussistendone i presupposti «ordina l’esibizione dei documenti richiesti».
L’accesso civico generalizzato:
- diritto di “chiunque” ad accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni (ulteriori rispetto a quelli per cui sussiste l’obbligo di pubblicazione, ossia l’accesso civico semplice con l’avvertenza «Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico… sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli»)[7];
- lo scopo è quello di «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico», fermo restando il rispetto dei «limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (limiti assoluti e relativi), ex comma 2 dell’art. 5, Esclusioni e limiti all’accesso civico, del decreto Trasparenza, sicché laddove l’interesse alla conoscenza fronteggi gli interessi-limite pubblici o privati (corrispondenza o segreti commercialo o diritti d’autore, c.d. know – how aziendale) di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 5 bis del medesimo decreto, questo confronto (c.d. bilanciamento) è oggetto di una valutazione dell’Amministrazione ad “alto tasso di discrezionalità”[8];
- un diritto conoscitivo (un c.d. controllo diffuso) alla piena trasparenza della gestione della “cosa pubblica”, secondo i principi di sussidiarietà orizzontale, integrative della individuazione dei c.d. LEP (livello essenziale delle prestazioni erogate dalle PPAA ai fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell’art. 117, secondo comma, lett. m), Cost.), differenziandosi dal diritto di accesso documentale (c.d. classico), oltre a non richiedere una posizione giuridica qualificata ai fini del suo esercizio, per la sua più ampia portata oggettiva[9];
- il fondamento del diritto trova riferimento anche nelle fonti sovranazionali, e segnatamente nell’art. 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (che riconosce a qualsiasi cittadino dell’Unione il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni comunitarie) e nell’art. 10 CEDU, che sancisce, al comma 1, che ogni persona ha diritto alla libertà di espressione e che tale diritto include «la libertà di ricevere… informazioni… senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche»;
- l’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023 ha codificato l’applicazione dell’accesso civico generalizzato al settore dei contratti pubblici, consentendo a tutti i cittadini la «possibilità di richiedere, attraverso l’istituto dell’accesso civico generalizzato, la documentazione di gara nei limiti consentiti e disciplinati dall’art. 5-bis del d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33»[10].
Merito

