Il Consiglio di Stato chiarisce i criteri per valutare l’impatto paesaggistico di nuove opere, evidenziando i limiti della tutela basata sulla sola visibilità dall’alto e i requisiti per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
La tutela del paesaggio richiede un equilibrio delicato tra la protezione delle bellezze naturali e le possibilità di sviluppo edilizio. Una questione centrale riguarda l’effettiva percezione delle nuove costruzioni e il ruolo che la visibilità da punti privilegiati, come la vista dall’alto, assume nel giudizio sulle autorizzazioni paesaggistiche. Recenti chiarimenti giurisprudenziali dal Consiglio di Stato (sentenza n. 6893/2025) offrono importanti indicazioni su come valutare correttamente questi aspetti, evitando interpretazioni eccessivamente restrittive.
La semplice percezione dall’alto può configurare un’effettiva lesione paesaggistica?
Il ricorrente è proprietario di un immobile con giardino ricadente in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi dell’articolo 136, comma 1, lettera d) del Decreto Legislativo 42/2004. Tale vincolo tutela le “bellezze panoramiche e i punti di vista o di belvedere accessibili al pubblico…” da cui si gode lo spettacolo del paesaggio protetto. Il ricorrente aveva richiesto l’autorizzazione paesaggistica per installare una piscina fuori terra di circa 4 x 10 metri, con un ingombro totale di 50 metri quadrati, nel proprio lotto di proprietà.
La Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio esprimeva un parere negativo sulla richiesta di autorizzazione, che veniva successivamente confermato dal Comune con un provvedimento di diniego. Secondo la Soprintendenza, l’intervento avrebbe inciso negativamente sulla tutela paesaggistica, soprattutto perché visibile da una (generica e astratta) prospettiva aerea, alterando la percezione dello scenario naturale protetto.
Il ricorrente ha impugnato i provvedimenti di diniego sostenendo principalmente tre punti:
- l’opera, ovvero la piscina, non modifica né compromette la percezione visiva del paesaggio tutelato, dal momento che è visibile solo dall’alto e non da punti di osservazione accessibili al pubblico;
- la motivazione del parere negativo della Soprintendenza è stata generica e ripetitiva, limitandosi a trascrivere le prescrizioni paesaggistiche senza fornire una spiegazione specifica del contrasto della piscina con il vincolo;
- vi è una disparità di trattamento rispetto ad altri interventi simili, in particolare altre piscine realizzate nella stessa zona che hanno ottenuto autorizzazioni, configurando così un possibile abuso di potere o mancanza di equità.
In particolare, il ricorrente ha evidenziato che estendere la tutela paesaggistica includendo la visibilità dall’alto avrebbe come conseguenza pratica la trasformazione del vincolo panoramico in un vincolo di inedificabilità integrale, in quanto qualunque costruzione è in astratto visibile da una prospettiva aerea.
Motivazioni del diniego da parte della Soprintendenza
La Soprintendenza ha motivato il parere negativo sottolineando che:
- il progetto della piscina contrasta con le prescrizioni specifiche contenute nella scheda di paesaggio allegata al Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) della Regione, che integra e precisa il vincolo ministeriale del 1962;
- l’intervento non garantisce un equilibrio adeguato tra spazi aperti e costruiti, aumentando la superficie impermeabile e riducendo le aree verdi, con conseguente peggioramento della qualità insediativa;
- dal punto di vista paesaggistico, la piscina non si armonizza con le caratteristiche morfologiche del sito e modifica negativamente l’assetto percettivo e scenico, specialmente in quanto visibile dall’alto, creando un elemento estraneo all’ambiente tutelato;
- l’opera rappresenta un’alterazione significativa del paesaggio, traducendosi in un’intrusione incongrua e nella frammentazione del contesto paesaggistico, in palese contrasto con le finalità del vincolo posto nel 1962 sulla zona interessata.
Il Consiglio di Stato: la mera visibilità dall’alto di un’opera non integra di per sé un’effettiva alterazione del paesaggio protetto, né giustifica il diniego dell’autorizzazione paesaggistica in assenza di punti di osservazione accessibili al pubblico
Il Consiglio di Stato ha esaminato il caso riconoscendo la natura panoramica del vincolo, il cui scopo è proteggere la fruizione delle bellezze visibili da punti di osservazione accessibili al pubblico, così come previsto dal decreto istitutivo e dal D.Lgs. 42/2004. Tuttavia, la visuale aerea dalla quale la piscina risulta percepibile non corrisponde a un punto di osservazione normalmente accessibile o fruito dal pubblico: le prescrizioni del PIT devono essere lette coerentemente la funzione del vincolo, che rimane quella di proteggere la fruizione del panorama, mentre non è possibile, mediante interpretazioni eccessivamente estensive, addivenire a uno snaturamento del vincolo, trasformandolo, per esempio, in un vincolo di inedificabilità assoluta.
ed ancora: […] la mera visibilità dell’opera dall’alto, slegata dalla presenza in loco di particolari punti di osservazione sopraelevati, accessibili da un comune osservatore, non è sufficiente a ritenere l’intervento edilizio interferente con i valori paesaggistici protetti dal vincolo.
Nel caso di specie, è pacifico che la piscina progettata dall’appellante non sia percepibile se non da una visuale aerea.
Il Consiglio ha quindi ritenuto che l’estensione del vincolo alla percezione dall’alto non sia conforme alla funzione originaria e restringa in modo eccessivo la possibilità di edificazione, equiparando di fatto il vincolo panoramico a un’assoluta inedificabilità. È stata inoltre sottolineata l’importanza che la motivazione dei dinieghi paesaggistici sia specifica e dettagliata: nel caso in esame, il parere della Soprintendenza è risultato troppo generico, ripetitivo e non adeguatamente fondato, mancando di una precisa spiegazione del rapporto tra la piscina e il vincolo.
I giudici di Palazzo Spada hanno infine confermato che la riduzione dell’area verde e l’aumento di superfici impermeabili devono essere valutati nel contesto della funzione protettiva del vincolo panoramico, ovvero anche in questo caso solo se incidono sulla fruizione del paesaggio da punti accessibili al pubblico, condizione che ugualmente non si verifica nel caso di specie.
Per questi motivi, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello, annullando il parere negativo della Soprintendenza e il diniego del Comune, sancendo che la piscina può essere realizzata in assenza degli effettivi profili di interferenza paesaggistica rilevanti.