Qual è il confine tra ribasso legittimo e violazione dell’equo compenso nei servizi di ingegneria e architettura? È ammissibile un’offerta che, pur rispettando formalmente la lex specialis, rientri nei compensi professionali voci accessorie teoricamente ribassate? E fino a che punto le stazioni appaltanti possono valutare la coerenza tra la struttura formale dell’offerta e i suoi contenuti economici effettivi?

 

A poco più di due anni dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (Codice dei contratti), il tema dell’equo compenso nei servizi di ingegneria e architettura è al centro di un intenso confronto interpretativo. Hanno contribuito a definirne i contorni:

  • la giustizia amministrativa, con sentenze spesso disomogenee e fortemente legate alla specificità della lex specialis;
  • l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) che con il parere di precontenzioso del 3 marzo 2025, n. 77 ha ribadito la necessità di ancorare ogni valutazione all’impostazione di gara, chiarendo che un ribasso totale su spese e oneri accessori non può comportare l’esclusione automatica, se non espressamente vietato;
  • il legislatore stesso che, con il correttivo (Decreto Legislativo 31 dicembre 2024, n. 209), ha modificato sostanzialmente l’art. 41 del Codice, introducendo una disciplina specifica per i corrispettivi nei servizi di ingegneria e architettura.

Nel contesto giurisprudenziale si segnalano, in particolare, alcuni recenti interventi del Consiglio di Stato:

  • la sentenza 27 gennaio 2025, n. 594;
  • la sentenza 3 febbraio 2025, n. 844.

In tale quadro si inserisce la sentenza del Consiglio di Stato n. 5741 del 3 luglio 2025, che fa chiarezza su un caso emblematico di apparente rispetto della disciplina sull’equo compenso.

La controversia riguarda una gara per la progettazione di fattibilità tecnico-economica, con aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il disciplinare imponeva un ribasso limitato esclusivamente alle spese e agli oneri accessori, dichiarando espressamente intangibile il compenso professionale. Un concorrente aveva presentato un’offerta con ribasso del 100% su tali spese, proponendo un importo coincidente con quello incomprimibile (compenso, manodopera, sicurezza).

In sede di verifica di anomalia, però, la stazione appaltante ha rilevato una criticità evidente: nel giustificativo economico, il concorrente aveva incluso voci come spese generali, indagini e utile d’impresa all’interno del valore destinato all’equo compenso, determinando un abbattimento del compenso effettivo da 381.802,98 euro a circa 282.840 euro.

Da qui la valutazione negativa dell’offerta, considerata non congrua e non attendibile.

Il TAR, in primo grado, aveva accolto il ricorso del concorrente, ritenendo che la stazione appaltante non avesse dimostrato in concreto l’incidenza del ribasso sull’equo compenso.

In appello, però, il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione, rilevando che:

  • le voci dichiarate come “ribassabili” si erano in realtà riespanse nel giustificativo, annacquando la quota dei compensi professionali;
  • il giudice di primo grado aveva sottovalutato l’effetto concreto del ribasso, limitandosi a un’analisi formale.

A ciò si aggiungeva un vizio procedurale: la verifica di anomalia, secondo quanto previsto dal disciplinare e dall’art. 110 del Codice, spettava al RUP e non alla commissione. Inoltre, era stata avviata prima ancora dell’assegnazione dei punteggi e coinvolgeva più operatori, in violazione del principio per cui tale verifica va svolta solo sulla prima offerta sospetta di anomalia.

Risultato: annullamento degli atti di gara e obbligo di ripetere i segmenti viziati del procedimento.

Con il D.Lgs. n. 209/2024 il legislatore è intervenuto direttamente sulla materia, riscrivendo l’art. 41 del Codice dei contratti. In particolare:

  • Comma 15: conferma il riferimento all’Allegato I.13 per la determinazione dei corrispettivi per progettazione, direzione lavori, collaudo, ecc.
  • Comma 15-bis: introduce un meccanismo duale per i servizi tecnici affidati con l’OEPV:
    • 65% dell’importo da porre a base di gara è prezzo fisso non ribassabile, corrispondente all’equo compenso;
    • 35% ribassabile, con punteggio economico calcolato secondo l’art. 2-bis dell’Allegato I.13, entro un tetto massimo del 30% del punteggio complessivo.
  • Comma 15-ter: resta ferma la disciplina sulle offerte anomale.
  • Comma 15-quater: nei casi di affidamento diretto (art. 50, comma 1, lett. b), i corrispettivi possono essere ridotti fino al 20%.

Questa nuova impostazione ha reso più chiara e vincolante la distinzione tra importi fissi e importi ribassabili, rafforzando la tutela dell’equo compenso nel quadro dell’OEPV.

La nuova sentenza del Consiglio di Stato chiarisce in modo netto alcuni aspetti essenziali per l’applicazione dell’equo compenso nei contratti pubblici di servizi tecnici:

  • non basta il rispetto formale: anche se un’offerta appare conforme alla lex specialis, la stazione appaltante deve verificarne la tenuta sostanziale, specie quando i giustificativi svelano una compressione dei compensi;
  • il giustificativo economico deve essere coerente: è inammissibile reintrodurre nei compensi voci ribassate come utile d’impresa e spese generali;
  • la verifica di anomalia va gestita dal RUP, nel rispetto delle fasi e dei destinatari previsti dalla normativa. Anticiparla o estenderla a più concorrenti può determinare l’annullamento dell’intera procedura;
  • con il nuovo art. 41, la percentuale fissa del 65% rappresenta un presidio inderogabile per garantire l’equo compenso, e le stazioni appaltanti sono chiamate a vigilare sulla sua effettiva applicazione.

Nel nuovo scenario normativo, alle stazioni appaltanti non basta definire regole chiare, devono anche saper leggere in profondità i contenuti delle offerte economiche, valutandone la coerenza rispetto agli obiettivi di tutela della qualità professionale

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