Il CSE risponde per omissione di fronte a rischi gravi e imminenti, anche se non derivanti da interferenze tra imprese.
Dove si colloca, in concreto, il limite tra il compito di vigilanza e l’obbligo di intervento del Coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione (CSE)? E fino a che punto può essere ritenuto responsabile di situazioni di rischio non derivanti da interferenze tra imprese o lavorazioni? A fare chiarezza è la Corte di Cassazione con la sentenza 18040/2025.
La vicenda trae origine dalla condanna in primo grado del Coordinatore in fase di Progettazione e di Esecuzione, per il reato di cui all’art. 158, comma 2, lettera a), in relazione all’art. 92, comma 1, lettera f) del D.Lgs. 81/20084. L’accusa specifica riguardava l’omissione della sospensione dei lavori in un cantiere per condizioni climatiche avverse e per la presenza di lastre di ghiaccio sul percorso, pericolo ritenuto grave e imminente.
Il CSE si è difeso fondando la sua tesi su 2 punti specifici:
- posizione di garanzia: il suo compito è quello di intervenire in presenza di rischi interferenziali, ossia situazioni in cui più imprese operano nello stesso cantiere con attività distinte, ma convergenti verso un’unica opera. Il suo potere d’azione diretto sorge solo in caso di gravi pericoli constatati personalmente (art. 92, c.1, lett. f, D.Lgs. 81/2008); secondo la giurisprudenza di legittimità il CSE non è tenuto ad una vigilanza costante in cantiere, compito che spetta invece ad altre figure (datore di lavoro, dirigenti e preposti delle imprese esecutrici). La sentenza impugnata aveva erroneamente equiparato i doveri del coordinatore a quelli del datore di lavoro, disattendendo le distinzioni previste dalla legge e dalla giurisprudenza;
- mancata omissione dei lavori in caso di pericolo grave e imminente (Art. 92, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 81/2008): la vigilanza sulle condizioni di lavoro, comprese quelle meteorologiche, spetta esclusivamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori (art. 96, c.1, lett. d, D.Lgs. 81/2008). Nel caso in esame, il dovere di impedire l’accesso del lavoratore a zone ghiacciate era quindi solo del datore di lavoro presente in cantiere; il CSE non aveva alcun obbligo, poiché il rischio ghiaccio non rientrava tra i rischi interferenziali su cui doveva intervenire;
Motivi ritenuti infondati dalla Cassazione: il CSE, pur non essendo responsabile del controllo puntuale delle singole attività, deve intervenire in caso di pericolo grave e imminente, rispondendo per omissione se, pur essendo a conoscenza del rischio, non adotta le necessarie misure, indipendentemente dal fatto che il pericolo sia direttamente legato a rischi interferenziali.
Il Tribunale ha adeguatamente argomentato in ordine alla riscontrata esistenza di un pericolo grave e imminente, fonte dell’obbligo di attivazione di cui all’art. 92 comma 1, lett. f) D.Lgs. 81/2008 ed alla verifica del momento dei manifestarsi di inequivocabili segnali di sussistenza di tale pericolo e della sua imminenza.
La Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.